Un piccolo gruppo di impiegati accolgono ogni lunedì in un fatiscente edificio pubblico un gruppo di persone appena decedute e le informano della necessità di selezionare un ricordo felice della loro vita da portare per sempre nell’eternità come unica testimonianza della loro esistenza.
Alcuni trovano immediatamente quel frammento di realtà da vivere e rivivere per sempre nell’altro mondo mentre altri hanno più difficoltà, chi perché ha vissuto una vita monotona, nonostante gli impeti rivoluzionari giovanili, e chi perché quegl’impeti rivoluzionari giovanili li sta “vivendo” ora e pensa che non-scegliere sia la decisione giusta.
Qui invece l’emozione è sopita, sia nei personaggi che sono spronati a trovare dentro di loro quel ghigno di felicità che spesso ci lasciamo sfuggire e sia nello spettatore che tramite la messa in scena viene spinto ad interrogarsi a sua volta sul significato della sua vita e su cosa vorrebbe fissare su pietra delle tante e mille cose che i suoi occhi hanno vissuto, le sue mani hanno sfiorato o la sua bocca ha gustato.
Per realizzare questa perla cinematografica il regista Koreeda ha tratto ispirazione dalla vera e graduale perdita di memoria di suo nonno (morto a causa di una malattia neurodegenerativa) e da una serie di interviste, in parte inserite nel film stesso, a persone a cui ha chiesto di ricordare il momento più felice o importante della loro vita.
Assolutamente da vedere.
VOTO: 4 malati neurologici
Titolo: ワンダフルライフ Wandafuru Raifu Regia: Hirokazu Koreeda Durata: 1 ora e 59 minuti Compralo: https://amzn.to/46hTV7A
Una bambina maltrattata dai suoi genitori naturali viene presa in casa (rubata) da una famiglia atipica composta da individui un po’ malandrini uniti non dal sangue, ma dal senso di solitudine che pervade i loro cuori.
Ovviamente questa vita ai margini fatta di sotterfugi e furtarelli per tirare a campare un altro giorno ed uno ancora non potrà durare a lungo, specialmente quando la polizia cercherà la bambina scomparsa.
E’ una Tokyo diversa dalla solita metropoli illuminata e futuristica quella che fa da sfondo a questa storia familiare di una famiglia che famiglia non è: 6 diverse persone condividono una casa con spazi angusti e sporchi perché quello è anche l’unico posto dove si sentono voluti bene e dove sanno che almeno non moriranno soli, come dice l’anziana padrona di casa osservando l’allegra combriccola bagnarsi i piedi al mare.
Due amici per le palle vogliono fare gli YouTubers; ma siccome vivono in una cittadina americana del cazzo e il loro grado d’istruzione si ferma al 90 barrato, non hanno molte cose da dire se non mandare bevuti gli alcolizzati minorenni che spuppano illegalmente birra al negozio d’alimentari.
Spuppano.
A movimentare un po’ le visualizzazione arrivano fortunatamente gli alieni sporadici (nel senso che sono spore malefiche merdose) e tutto volgerà in tenebra quando il ministro Speranza ordinerà vaccinazioni di massa dei nostri bambini nel fienile di Bibbiano.
Ecco un’altra trasposizione cinematografica de L’invasione degli ultracorpi, novella del secolo scorso facilona e facilmente virabile a seconda del nostro credo politico, nella fattispecie qui siamo sui lidi anti-vaccinisti, ed è molto divertente.
Nel senso che il film non è molto divertente, ma le vostre facce prese a pugni pieni sono molto divertenti, almeno per me.
E parlateci di Bibbiano.
VOTO: 3 vaccini
Titolo di lavorazione: Replicate Regia: John Murlowski Durata: 1 ora e 33 minuti
Monica Lewinsky era 22enne quando venne presa a fare un tirocinio alla Casa Bianca durante la presidenza Clinton e tutto pensava meno che potesse finire ripetutamente ginocchia a terra a sbocchinare il sassofonista Bill per poi farsi venire sulla giacchetta.
Tutto pensava meno che.
Bill Clinton invece era già famoso all’epoca per essere un donnaiolo stupratore con già un paio di accuse ufficiali a suo carico dalle quali era scappato come un coniglio parandosi dietro quella fogna del sistema giudiziario americano e famoso ancora lo sarà in seguito quando verrà fuori che era tra gli assidui frequentatori dell’isola delle prostitute minorenni di Jeffrey Epstein, uno di quelli che quando finisce in prigione viene poi trovato morto impiccato sì, ma col culo a terra.
Bill invece impiccato non c’è finito mai, ma tempo ce n’ è ancora e la speranza è l’ultima a morire.
Rievocazione liberale che tenta in tutte le maniere di minimizzare il comportamento criminale del presidente col cazzo deviato facendo passare questi abusi come gesti d’amore incontrollabili, mentre dall’altra parte dipinge una First Lady all’oscuro di tutto e che mantiene grandissima dignità di fronte all’improvvisa scoperta che suo marito è un porco lumacone.
La serie è principalmente interessante per la veemenza con la quale dipinge una Monica completamente idiota e per come riesce a svicolare su tutto ciò che incrimina i piani alti mentre schiaccia sotto ridicole caricature i maschi di basso rango sociale (tipo il marito di Paula Jones). Tenta quindi di fingersi un’opera femminista mentre in realtà è lampante la sua carica eversiva contro l’imminente rivoluzione socialista che prenderà per i capelli questi figli di puttana per portarli in pubblica piazza e, spogliati di tutti i loro averi, verranno gettati in pasto a cani furibondi mentre la folla griderà al Sol dell’Avvenire.
VOTO: 2 cani
Titolo originale: Impeachment: American Crime Story Durata: 10 episodi da 1 ora Compralo: https://amzn.to/3LlXC4m
L’aspirante attrice Julie Sawyer ha delle microtette che spera possano servirle da grimaldello per entrare nel fantastico mondo del cinema, ma purtroppo le manca quella cosa chiamata talento.
In compenso riesce ad investire un grande cane bianco di cui ben presto microtette Sawyer si fida ciecamente (come del suo ginecologo) ed intende perciò tenerlo in casa come suo amante; e però niente, pure qui una delusione perché si scopre che l’animale è razzista e attacca le persone nere per staccare loro la giugulare. L’unico in grado di ricondizionare il cane sembra essere un domatore circense nero con una passione felina per gli hamburger, ma siamo sicuri riuscirà nell’impresa senza perdere la verginità?
Purtroppo la stessa persona che fece quell’interessantissimo bel film chiamato Shock Corridor è anche la stessa che ha vomitato questa cacata fredda sul marciapiede dietro la Conad.
Sì, cacata perché nonostante il chiaro intento anti-razzista, il film è un concentrato di spinte reazionarie che neanche Italia Viva del giullare di Rignano: -il ragazzo di microtette le dice di tenere il cane per autodifesa e la sera stessa uno “stupratore” le imbocca in casa per suggere il suo nettare. -chi ha educato il cane ad essere razzista è un dignitosissimo vecchio poveraccio che vive in roulotte, ma è povero quindi stupido quindi razzista. – il razzismo è come un’infezione e non può essere curata.
Non tutti sanno che: – il film doveva essere girato da Roman Polanski, ma poco prima dell’inizio delle riprese il nostro caro Roman fu accusato di stupro di minorenne e scappò come un coniglio in Francia protetto dai suoi amici pedofili mangia rane. – il film è stato praticamente bandito in madrepatria per il suo contenuto altamente controverso ed è rimasto una sorta di underground classic cult per tantissimi anni fino ad un recente restauro e riscoperta. – il film è tratto dall’omonima novella autobiografica di Romain Gary che una volta sfidò Clint Eastwood a duello dopo aver scoperto che si ciulava sua moglie. – il giullare di Rignano è Matteo Renzi.
VOTO: 2 giullari
Titolo originale: White Dog Regia: Samuel Fuller Durata: 1 ora e 30 minuti Compralo: https://amzn.to/3EAbsfu
Sulla città di Kobe si abbatte la violenta furia dell’aviazione americana che, violando parecchie leggi sul diritto internazionale, lancia bombe incendiarie sulle case di inermi cittadini nipponici con l’unico intento di provocare morte e distruzione e costringere con la paura e la sofferenza la resa del Giappone.
In questo scenario apocalittico il giovane Seita e sua sorella minore Setsuko rimangono presto orfani (dopo che la madre muore bruciata viva e il padre affonda con la portaerei sulla quale prestava servizio) e si ritrovano quindi a dover fronteggiare fame e solitudine senza una figura genitoriale a fare loro da scudo.
Seita tenterà di provvedere alla piccola Setsuko spendendo gli ultimi soldi lasciati dalla madre e finendo per rubare la verdura nei campi circostanti, ma la durezza della guerra sarà ben più forte del rinomato spirito giapponese.
Molto toccante e molto duro racconto autobiografico di Akiyuki Nosaka che vide morire di fame sua sorella minore durante la guerra ed ennesimo monito pacifista prodotto nella nazione che ha subito lo scoppio di ben due bombe nucleari.
Bello, indubbiamente, anche per il modo mai banale con cui racconta le piccole quotidianità di due bambini che tentano di sopravvivere in una società che già stava cominciando a dimenticare in nome del nuovo capitolo storico che si apprestava a subire dopo la sconfitta nel secondo conflitto mondiale.
Ovviamente consigliatissimo.
VOTO: 4 bambini
Titolo originale: ほたるのはか Hotaru no haka Regia: Isao Takahata Durata: 1 ora e 29 minuti Compralo: https://amzn.to/45NFQPu
La famiglia Laemie (madre casalinga porcona, padre chimico criminale di guerra e figlio reietto della società) si trasferisce in California e cominciano immediatamente a mostrare sintomi di disfunzionalità.
Una notte poi il piccolo Michael becca i genitori che si azzuffano di bocchini nel salotto di casa e non capendo cosa stia succedendo si spiega la cosa in maniera Freudiana pensando che siano cannibali intenti a mozzicarsi l’un l’altro in una rotolata di sudore.
Da qui parte la ricerca misteriosa sulla verità della faccenda in questione, ovvero: i cittadini americani Nick e Lily Laemie sono dei mangiacarne a tradimento come Alessandro Giuli che da giovane era un fascista di merda che dovrebbe vergognarsi per il resto della sua vita per aver fatto parte di un movimento assurdo come Meridiano Zero o il piccolo Michael si sta facendo i film in testa?
Interessantissima commedia dell’orrore con piccola critica alla finta perfezione della famiglia americana anni ’50. E fin qui tutto bene, ma niente di eccezionale.
Quello che invece rende la pellicola destabilizzante e per questo intrigante è la presenza di elementi onirico-angoscianti alla David Lynch che, specialmente nella prima parte, fanno davvero un figurone (epica la scena del bambino che si tuffa in un letto di sangue) e poi un continuo rinunciare alla risoluzione catartica con il disvelamento del mistero sulle fantasticherie o meno di Michael. Uno strano mix che mi ha fatto giungere alla conclusione che ci troviamo di fronte ad un’opera o di assoluto genio, con twist del twist inesistente, o d’incredibile cretineria, vista l’apparente linearità del tutto.
VOTO: 3 Alessandro Giuli che deve chiedere scusa a capo chino e mezzo
Titolo originale: Parents Regia: Bob Balaban Durata:1 ora e 21 minuti Compralo: https://amzn.to/45PHkbZ
Film episodico con tema centrale “il colpo di fulmine”.
Nel primo, lo psichiatra Benni si rifugia in Trenino per sfuggire alla guardia di finanza li mortacci sua sto ladro e, fingendosi prete, raggira un’intera comunità montana per poi tentare, con successo, l’affondo del suo pene dentro la vagina del maresciallo dei carabinieri locale.
Nel secondo invece abbiamo la classica storia d’amore apparentemente impossibile tra una pesciarola romana e l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede che, cotto a puntino dai modi bruschi della signora, si fingerà un coatto di primo pelo per conquistare la sua bella avvalendosi dell’aiuto del suo autista romano Nando.
Svolta clamorosa per i cinepanettoni della Filmauro che per la prima volta si ripuliscono dalle tonnellate di merda e battute sessiste che li hanno contraddistinti per un ventennio ed abbracciano un più tradizionale registro casa-famiglia con battute scemine ma simpatiche ed attori che non tentano ogni due minuti di urlarsi in bocca quanto hanno cacato la sera prima.
Non è eccezionale, tutt’altro, ma se si considera la sporca provenienza siamo di fronte ad un capolavoro.
VOTO: 3 tonnellate
Titolo inglese: Lightning Strike Regia: Neri Parenti Durata: 1 ora e 44 minuti Compralo: https://amzn.to/3qW7D0X
Ed eccola qui, la serie zombie ispirata al famoso videogioco Capcom che tanti e tanti anni fa uscì per la Playstation e che io ancora non ho finito dio bono.
Alla sua uscita penso che nessuno ci avrebbe scommesso 10 lire visto l’andamento deludente dei film tratti dai videogiochi, eppure questa volta è andata bene e Paul W. S. Anderson non solo è riuscito a portare a casa risultato monetario dopo risultato monetario, ma si è pure imbertato quella fica di Milla Jovovich.
Resident Evil (2002)
Sotto Racoon city c’è un enorme laboratorio della Umbrella corporation, multinazionale senza scrupoli che lavora nella ricerca militare e medica, che va completamente fuori controllo per la fuga non accidentale del T-virus, un agente curativo-potenziante con il piccolo effetto collaterale di trasformarti in zombie.
Un drappello di sfigati con la mimetica accompagnati dalla fica di turno dovranno calarsi dentro e disattivare il super computer che governa l’impianto per un motivo che in realtà non viene mai spiegato bene e che rappresenta il primo di una serie infinita di buchi di sceneggiatura.
Resident Evil: Apocalypse (2004)
L’Umbrella Corporation non ha ancora capito che cazzo sia successo nel laboratorio segreto quando riesce pure a far uscire il virus contaminando Racoon City.
A quel punto, come se fossimo in un sogno bagnato liberale e non esistessero entità governative, questa compagnia privata chiude la città con un muro e guardie armate mentre pensa come sistemare il problemino da loro causato e la soluzione è: liberare la creatura Nemesis, per aggiungere casino a casotto.
Resident Evil Extinction (2008)
A causa del T-virus, la Terra è diventata una landa desolata come in Ken il guerriero, anche se non si capisce bene il perché.
Gruppi armati rivoluzionari si aggirano per i deserti americani in cerca di acqua e benzina nonostante sia chiaro a tutti l’insensatezza della cosa e l’unica via di salvezza paia essere la fuga in Alaska che, al pari della fuga alle Canarie di tanti nostri connazionali, rappresenta l’Eldorado di chi cerca sorbetti tailandesi.
Corvi zombie e cloni della bella Alice saranno il piatto forte di questa merda.
Resident Evil: Afterlife (2010)
Alice e il suo esercito di cloni irrompe nel quartiere generale giapponese della Umbrella e ammazza tutto e tutti a suon di calci in bocca rotanti, ma Albert Wesker controlla ordigno fine di mondo e kabum ciao ciao cloni non ci sono soldi per tenervi in scena fino alla fine del film.
A questo punto si passa alla classica location a basso costo e buon effetto scenografico, la prigione assediata da zombie, e nessuno si deve permettere di rompere il cazzo ad Alice altrimenti lei parte di calcio in bocca rotante e ciao ciao incisivi superiori.
Girato in 3d, ma nessuno se n’è accorto perché vale sempre la regola secondo cui: un film 3d ha senso solo se viene terzo nella serie e si chiama “titolo + 3d”.
Resident Evil: Retribution (2012)
Qui siamo su vette di follia allucinogena alte con Alice che vagheggia dentro una struttura enorme e sepolta nell’estremo nord della Russia dove la Umbrella mette in scena lo spandersi del T-virus in differenti ambienti (urbano, campagnolo, metropolitano) per convincere le varie super potenze mondiali a pagare belle mancette per accaparrarsi l’arma batteriologica del terzo millennio.
Ci sono anche molti cloni che vengono sacrificati per questa giusta causa, ma proprio a manella che uno dice dai basta non è possibile sopportare questo bagno di sangue ma Mattarella sta lì che beve direttamente dalle vene di docili minorenni che hanno un piede dall’altra parte, sfoggiando lui un durello di proporzioni miserrime. Un durello che però non viene disdegnato da quel deficiente di Lollobrigida che lo succhia avidamente mentre tenta invano di masturbarsi con un moncherino di soldato vietnamita. Buona idea.
Finale alla Truffaut con i personaggi che si domandano il senso della vita mentre fumano sigarette arrotolate alla Casa Bianca.
Resident Evil: The Final Chapter (2016)
La resa dei conti finale tra Alice, sosia di se stessa, e la Umbrella Corporation, multinazionale senza scrupoli che in una società di stampo socialista non potrebbe mai esistere e invece eccoci qui a dover fare i conti con l’apocalisse zombie.
Grazie Calenda!
Durante le riprese di questo film la controfigura di Milla si è fracassata con la motocicletta contro la gru dell’operatore spaccandosi la faccia e finendo con braccio amputato e colonna vertebrale contorta mentre un altro lavoratore si è irrevocabilmente assottigliato come una sogliola sotto il peso di una macchina Hammer. Ovviamente la produzione non aveva assicurazione per questo tipo d’incidenti, visto che tutta la serie è girata in paesi del secondo mondo dove le tutele per i lavoratori sono spesso inesistenti.
Grazie Calenda!
VOTO: 2 Truffaut e mezzo
Titolo giapponese: バイオハザード:ザ・ファイナル Regia: Paul W.S. Anderson Durata: 1 ora e 47 minuti Compralo: https://amzn.to/3QW5U6l
Viene ritrovata una misteriosa barca alla deriva nel mar giapponese e quindi tutti si chiedono chi vincerà quest’anno il campionato.
Appurato che non si muove foglie che Dio non voglia, i dubbi sulla misteriosa barca alla deriva nel mar giapponese verranno fugati quando fuoco, fumo e onde giganti si presenteranno nella baia di Tokyo; un breve preludio a quello che sarà l’antagonista allucinato di questa pellicola: Godzilla, un mostro mutante alto 50 metri che sputa fuoco ed emette potentissimi raggi fotonici dalle creste.
A separare questa gigantesca catastrofe dalla popolazione civile ci penserà maldestramente l’apparato burocratico ed ipervertista del paese del sol levante nonché le forze di autodifesa che mitraglieranno la pelle corazzata del mostro con proiettili piccolissimi, forse sperando in una perforazione ad iniezione.
Alla fine fortunatamente a salvare baracca e burattini ci penseranno i puntualissimi treni sparati a manetta contro la belva feroce.
Reboot del famoso primo capitolo della saga del kaiju più famoso della storia che ammoderna le paure giapponesi con l’accostamento al disastro di Fukushima e agli tsunami, senza però tralasciare l’accenno critico alla bomba atomica (genitrice del Godzilla originale) .
Allora, parliamoci chiaro: il film è piuttosto noioso e fa un uso spaventoso di location e personaggi lasciando lo spettatore sempre più frastornato ed impigrito ad ogni minuto che passa.
L’intento è chiaro fosse quello di criticare il verticismo nipponico e la conseguente ingessatura di fronte ai disastri naturali, la lentezza e l’indecisione della risposta da dare per evitare il più possibile le morti tra i civili, e quindi le apparizioni del mostro ed i suoi combattimenti in città sono centellinati mentre interminabili sono le riunioni di gabinetto e le conferenze di qualunque ente pubblico coinvolto nelle operazioni, dal consiglio dei ministri al gruppo di ricerca biologico passando per tutti i capostazioni della prefettura. Però dio caro, ci sono talmente tanti dibattiti che volevo tagliami le vene.
Per vostra fortuna alla fine ho desistito e rimandato ad un momento migliore.
VOTO: 2 treni e mezzo
Titolo originale: シン・ゴジラ Shin Gojira Regia: Hideaki Anno, Shinji Higuchi Durata: 2 ore Compralo: https://amzn.to/459eova
Un giornalista si trova all’aeroporto perché deve intervistare un famoso scienziato in arrivo da casa di tua madre, e invece si ritrova un’orda di vampiri zombie mutanti bevisangue che zompa fuori dalla fusoliera di un aereo militare e comincia a farsi strada a suon di cazzotti e corse pazze per la pista d’atterraggio.
Dapprima confuso e successivamente eccitato, Dean Miller, il giornalista di cui sopra, tenta in tutte le maniere di trovare un anfratto, un giardino isolato, un pertugio nel muro dove poter finalmente spararsi una sonora pippa col riporto e dare così una calmata ai suoi bollenti spiriti maneschi che vorrebbero mettere a ferro e fuoco mezza Europa.
Sentito odore di sperma e violenza, interviene sulla scena Joe Biden che con balzo felino corre verso la finestra, che per il caldo era stata lasciata socchiusa, e si lancia nel vuoto.
Un filmerda perché è confusionario, è soporifero, è recitato da cani, è finanziato con un chilo bruscolini e chi più ne ha più ne metta.
E di questo dobbiamo ringraziare Umberto Lenzi, prolifico regista che ha sfornato ben 66 pellicole (una all’anno), per averci regalato questo pacchetto di sterco fumante dopo la vincente serie di polizieschi anni ’70 tipo Milano odia: la polizia non può sparare, Roma a mano armata e Napoli violenta e il fruttuoso sodalizio con Thomas Milian col quale inventò il celebre Er Monnezza. Qui invece Lenzi s’imbarca sul genere horror tentando una sua versione della fortunata carriera di Dario Argento, senza però possederne talento e fronte padana.
E io mi danno l’anima perché il regista ha sempre detto d’essere anarchico… e allora perché hai voluto impormi questa merda di stronzata? Perché Lenzi? Perché?
VOTO: 1 fronte e mezza
Titolo inglese: Nightmare City Regia: Umberto Lenzi Durata: 1 ora e 32 minuti Compralo: https://amzn.to/47y26xX
Nella comunità ultra cattolica irlandese di Boston ci sono Connor e Murphy MacManus, due fratelli volgari e maneschi che hanno preso il vizietto di fare i vigilanti per “ripulire” le strade cittadine dalla feccia malavitosa.
Ma la verità è ben altra: lungi dall’eliminare sé stessi e 3/4 della palazzina loro, Connor e Murphy esternalizzano il loro problema esistenziale di sottoproletariato indicando nel facile bersaglio del criminale l’agnello sacrificale per purificare una società che invece è quotidianamente lordata dalla presenza di liberali e capitalisti; ratti di fogna con il completo firmato che passano l’intera loro smegmatica esistenza sfruttando il prossimo succhiando preziosa linfa vitale dai possenti coglioni dei loro sottoposti.
Evviva il comunismo e la libertà.
Film stupido, noioso e scritto da un barista con l’intelligenza di un quattordicenne che però è diventato inaspettatamente un film culto (più che altro nell’ignorante patria).
Recitato continuamente sopra i toni e puntellato di “fuck” ogni due per tre (senza però quella sapiente verve che può avere Tarantino), i Santi del buco di culo ha solo un pregio, ovvero l’involontaria carica frocia che sprizza da tutti i pori. Personaggi maschili, grossi e cattivi, una trama che ruota attorno alla mancanza di una figura paterna e un William Defoe frocio travestito pazzo sono ingredienti che ad un occhio che non sia quello del barista-sceneggiatore-regista paiono letteralmente pescati fuori da un libro di analisi filmica anni ’90.
Un film brutto, indubbiamente, ma interessante se si sta facendo una ricerca universitaria sui film queer.
VOTO: 2 pori
Titolo italiano completo: The Boondock Saints – Giustizia finale Regia: Troy Duffy Durata: 1 ora e 48 minuti Compralo: https://amzn.to/45ssFD3