Sono venuto a conoscenza di José Saramago, lo scomparso scrittore premio nobel portoghese, con un suo bel libro di racconti chiamato Oggetto quasi.
Il primo di questi si intitolava La sedia ed era la disamina della caduta di un uomo dalla sedia (giustappunto) vista al rallentatore.
L’uomo era l’odiato dittatore fascista portoghese Salazar, morto in seguito ad una caduta da una sedia (arigiustappunto), e il racconto era solo uno degli esempi della vera e propria fissazione di Saramago per la critica ai totalitarismi.
Ecco, se vedi il film Enemy (tratto dal suo libro L’uomo duplicato) ci noti i riferimenti alla dittatura (dai graffiti sui muri con l’omino fascista alle lezioni di storia impartite dal protagonista) e allora ti chiedi se c’entri qualcosa tutto ciò, ti chiedi se nella storia kafkiana di un uomo qualunque che scopre il suo gemello, premessa che innesca una serie di eventi che portano il fragile equilibrio della realtà a declinare verso l’oscuro, non ci sia anche un qualche rimando all’oscurità portata in punta di fioretto da un regime totalitario che regala ai suoi sudditi panem et circenses nel tentativo riuscito di distrarli da quello che accade loro intorno.

Non mi capita spesso di rimanere parecchio scombussolato durante e soprattutto dopo la visione di un film; avendone viste di cotte e di crude, ho ormai sviluppato un certo numero di anticorpi filmici i quali mi permettono di superare indenne i malanni di sceneggiature pretenziose e falsamente criptiche tipo Inception il quale non è se non un vano tentativo di metaforizzare lo spaesamento di un uomo che non riesce a darsi pace dopo la morte della moglie, facendo uso di una teatralità più che esplicita nella messa in scena e nella caratterizzazione dei personaggi, ognuno dei quali riveste chiaramente un ruolo nella commedia che vanno vivendo (lo sceneggiatore, l’architetto, il produttore, l’attore e via dicendo).
Enemy ha certo al suo fondo (fondamenta) la semplicità di una storia di redenzione mancata; tutto il carosello narrativo gira infatti intorno ad un marito fedifrago che vede le donne come mostri predatori il cui unico scopo è tenere i maschi intrappolati nelle loro ragnatele.
Ma Enemy è molto di più e forse per questo parecchi spettatori rimangono con un certo livore inespresso dopo averlo visto; spezzando una lancia in loro favore, c’è da dire che i continui intrecci caratteriali dei due personaggi, i loro reciproci rimandi in quello che sembra un loop temporale destinato a ripetersi all’infinito (esattamente come le tragedie e le farse di Karl Marx citate non a caso dal protagonista stesso durante una lezione sulla ciclicità dei totalitarismi) sono volutamente di difficile comprensione e mettono a dura prova anche il più attento degli spettatori.
Viene in mente anche tutta una serie di film sull’invasione aliena silenziosa, sulla disgregazione invisibile dei valori societari tranquillizzanti di una società perbenista e solo apparentemente immutabile come quella americana.
They Live con i suoi alieni capitalisti camuffati da umani e L’Invasione degli Ultracorpi con i baccelloni da guerra fredda che prendono il posto degli abitanti di una simpatica cittadina anni ’50 sono sicuramente pane per i denti dello sceneggiatore di Enemy il quale ha inserito a ragione la presenza totalmente spiazzante dei ragni giganti all’interno della storia di Saramago.
Jake Gyllenhaal dà una delle sue migliori interpretazioni e si conferma un attore versatile e a tratti inquietante, mentre il resto del film vive di una tecnicità perfetta che trae linfa vitale da un uso azzeccatissimo del generalmente abusato filtro verde-neon alla Matrix (per una volta in accordo con il significato narrativo), dai movimenti di macchina dolci e allo stesso tempo viscidi (propri di un aracnide che si avvicina alla sua preda) e da un accompagnamento musicale come non se ne sentiva da tempi, roba da comprarsi la partitura originale.
Ci sarebbe molto da dire sulle emozioni suscitate da Enemy, sulla repulsione verso il gentil sesso che questo film sembra voler suggerire a più battute, sulla costruzione narrativa allo stesso tempo ipotattica e paratattica, e sulla moltiplicazione dei significanti i quali puntano inesorabilmente tutti verso un unico significato segreto.
C’è molto e molto lascio stare; perché Enemy va visto, senza troppe informazioni, a mente vuota… proprio come si vive sotto un regime totalitario.
VOTO:
5 Mussolini
Titolo originale: Enemy
Regia: Denise Villeneuve
Anno: 2013
Durata: 90 minuti
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Personalmente amo Villeneuve, così avevo inserito questo interessantissimo film nella mia lista personale. Finalmente dopo 3-4 anni di attesa trovo la serata giusta quindi per me aspettative altissime. E mi trovo di fronte qualcosa di inaspettato. Sorprendente. Mi sono completamente perso nei meandri di un film che è più un continuo incubo della mente del/dei protagonisti. E infine rapito. Quasi ipnotico, porta in territori (soprattutto narrativi) inesplorati. Di quest’opera ti rimane dentro l’atmosfera più che i fatti, ti si attacca addosso lasciandoti un velo di inquietudine persistente. Il finale poi è un pugno nello stomaco che certifica la sensazione di aver visto qualcosa di unico. Forse non compreso fino in fondo ma non è così anche per le migliori opere d’arte?
Ciao Quentin!
Concordo con te, questo film è un viaggio inquietante da vedere assolutamente.
Ho visto questo film di recente, incuriosito dopo aver letto la tua recensione. L’ho trovato molto interessante, per il semplice fatto che, a distanza di giorni, continuo a pensarci e ripensarci, cercando di trovare una/molte spiegazione/i senza trovarne una soddisfacente. Questo film mi ha fatto venire in mente quelle figure geometriche “impossibili”, quei disegni con le prospettive sbagliate e le forme che non possono esistere nella realtà – disegni che uno continua a fissare affascinato proprio dalla loro impossibilità. Film (credo volutamente) angosciante, nel senso che comunica un forte senso di angoscia in linea (credo, di nuovo, visto che penso di aver compreso l’opera solo in minima parte) con quello che è narrato.
Da rivedere assolutamente, magari riesco a capirne un poco di più. Grazie per le tue recensioni!
A distanza di tanto tempo, molto del film è andato perduto nei meandri della mia memoria. Tu invece sei fresco di visione e ne stai ancora assaporando i rimasugli tra le pieghe del cervello.
Chissà che poi io non lo riveda quando magari sarai tu ad averlo un po’ dimenticato, così da compiere un ciclo/specchio che rimanda al film stesso.
Un trip assoluto questo Enemy.