Una giovine ex cantante pop, ora ridotta a giovine madre con annesso figlio rompicazzi e marito fedifrago, s’imbarga in un viaggio della speranza a bordo d’una macchina ipertecnologica chiamata per l’appunto Monolith con l’intenzione di pizzicare il consorte con le mani nella marmellata, dove per mani si intende il cazzo e per marmellata la vagiaina, come dicono gli inglesi.
Ovviamente la cosa finisce male, con lei chiusa fuori dalla macchina mentre il bambino si cuoce dentro sotto il sole del deserto californiano.
Come tirarlo fuori?
Un ramo, le mani, un sasso, una chiave inglese, un fuoco, un crepaccio, un decreto legge?
Interessante esperimento a basso costo, ma a buon regime intellettivo, prodotto dalla Sergio Bonelli editore (quella di Tex e Dylan Dog) e tratto dall’omonimo fumetto nonché serie TV che sembra avvalorare il vecchio adagio “donne al volante, pericolo costante”.
Con la sua ora e venti di durata e una protagonista in buona forma è veramente impossibile andar male e aggiungo: se oggi fosse il 1999 e io fossi uno sbarbatello liceale in cerca di un filmetto per passare la serata a casa di amici tra una partita ad Age of Empires II e Worms Armageddon, ecco, questa sarebbe la vhs perfetta, tipo quel film con Kurt Russel con la moglie chiusa nel baule di un’auto nel deserto che noleggiai nel 1997 in cerca di un filmetto per passare la serata a casa di amici tra una partita ad Age of Empires II e Worms Armageddon.
VOTO:
3 worm e mezzo
Titolo inglese: Trapped Child
Regia: Ivan Silvestrini
Anno: 2016
Durata: 83 minuti
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