E’ il Natale del 1991, la gloriosa Unione Sovietica è da poco caduta contro la volontà dei suoi stessi popoli per colpa di un golpe organizzato dalla CIA e dal Vaticano e un gruppo ammischione di teste di cazzo si ritrova nella città più stronza del pianeta Terra: Sankt Moritz.
Sulla tavoletta del cesso abbiamo una coppia frocissima, un evasore fiscale con la punta del cazzo sempre dritta per il vedovato, un cameriere rincoglionito, i milanesi scambisti, i romani caciaroni… insomma, la fiera dello stereotipo e del becero spacciato per satura di costume.
Il vomito. A voi che avete creato questo film vi deve venire il vomito e poi dovete soffocare nel letto a faccia in giù come John Bonham.
Per quelli che invece hanno sofferto ingiustamente senza colpa alcuna, come me e i martoriati Palestinesi a cui i porci sionisti hanno rubato terra e libertà, posso solo augurare un futuro migliore e tante tante care cose.
La tranquilla cittadina di Twin Peaks è sconvolta dal ritrovamento del corpo di Laura Palmer, una giovane ragazza locale molto popolare e molto mignottona (ma questo si scoprirà solo dopo), che sembra essere stata brutalizzata, torturata e ammazzata senza una ragione apparente (non che una ragione apparente giustifichi brutalizzare, torturare e ammazzare un mignottone locale).
A togliere le castagne dal fuoco giunge in città l’agente dell’FBI Dale Cooper, il quale si mette immediatamente ad investigare il malaffare e a ficcare il naso dentro tutti i pertugi anali degli abitanti alla disperata ricerca di quella bella sensazione di bucato pulito e fiori di campo che ha popolato i suoi sogni di giovincello omosessuale.
Purtroppo però dentro i culi degli abitanti di Twin Peaks c’è il marcio, un marcio marcescente che neanche te che te ne intendi puoi veramente capire e afferrare con le tue mani da cinese, e quindi ben presto verranno a galla tradimenti, doppi giochi, avidità e alieni in numero crescente e ululante fino a che Dale Cooper invocherà il potere del demonio emettendo un ruggito ancestrale per riportare un po’ d’ordine in questo mondo di ladri.
Famosissima serie cult anni ’90, creata dal famoso regista tabagista americano che mi ha regalato anche quel bel film chiamato The Elephant Man, e sorprendente ridicolizzazione del medium televisivo con tutti gli annessi e connessi.
Purtroppo parte benissimo per scendere un po’ lungo la prima stagione, che comunque si mantiene buona, mentre il dramma arriva come un pugno nello stomaco con la seconda che è piena zeppa di stronzate e deviazioni narrative tali da farti pensare che Lynch si sia bevuto il cervello per inettitudine o per una fottutissima voglia di prendere in giro pubblico, critica e tre quarti della palazzina tua.
Nel 2009 lo schivo Andrea Scanzi su La Stampa la definì “una serie invecchiata benissimo”, ed invece la cosa più drammatica è che la serie è invecchiata MALISSIMO: tolti alcuni episodi, specialmente i primi, Twin Peaks mostra molto gli anni passati sotto al ponte. La spregiudicatezza assunta dallo spettatore medio nei confronti di trame contorte e torbide e il disastro avvenuto durante la seconda stagione quando il mistero su chi abbia ucciso Laura Palmer viene svelato portano la serie a procedere a stenti e bocconi in bocca rotta per sentieri colmi di merda e dolore.
Dolore.
Ma a noi frega cazzi perché la cosa più importante da ricordare di questo telefilm è l’attore che interpretò il cattivissimo Bob. Frank Silva, arredatore e membro della troupe, finì per caso inquadrato nella scena finale dell’episodio pilota e David Lynch ebbe una fulminazione: facciamo interpretare a quest’uomo orrendo e dai capelli unti e bisunti il ruolo di demone incarnato e assatanato. Frank ovviamente accettò perché così poté schiaffeggiare e slinguazzare Laura Palmer a piacimento; una scelta che Mattarella avrebbe approvato.
Purtroppo però Frank “Bob” Silva ci ha lasciati nel 1995 all’età di 44 anni per colpa del male dei froci: l’AIDS.
VOTO: 3 Bob
Titolo originale: Twin Peaks Creatore: David Lynch Durata: 2 stagioni, 30 episodi da 25 minuti Compralo:https://amzn.to/47F8qTD
Delia è madre, moglie e nuora. Non ha una sua identità, ma esiste solo ed unicamente in funzione di un maschio ed ecco quindi che il marito, il suocero o i figli le spiaccicano in faccia l’unico possibile volto da poter esporre in società, l’unico in una città, un paese e un’epoca intrise di patriarcato.
Delia ha uno spirito arguto, una piccola voglia di rivalsa nei confronti di tutti quelli che la schiacciano, la riempiono di botte e la sottopagano solo perché lei è una donna; ma non è ancora tempo per le rivendicazioni di classe, figuriamoci quelle di genere. E’ finita da poco la seconda guerra mondiale e le donne non possono uscire di casa senza permesso, devono stare zitte quando parlano gli uomini, non possono gestire i soldi, non hanno diritti; una condizione di totale sottomissione che troverà sfogo solo 30 anni dopo con gli anni della rivoluzione culturale e le conquiste sociali della sinistra internazionale, ottenute a suon di schiaffi in bocca e manganellate.
Delia quindi, anche se dentro è ancora ribelle, vive oramai in maniera rassegnata la sua vita, ma non vuole che la figlia faccia la sua stessa fine solo perché questa ha fretta di scappare di casa nell’unica maniera che a quel tempo era possibile per una donna: con un matrimonio.
Un capolavoro assoluto.
La storia della donna Delia, romana vessata dai nostri nonni con le botte e le minacce, che ha 3 lavori ma non ha diritto a tenersi niente dei soldi che porta a casa, che trova il tempo di parlare con le persone solo nel tragitto tra una faccenda e l’altra, è la storia delle donne che hanno fatto la mia Roma, la nostra Italia e alle quali non è mai stato riconosciuto questo ruolo fondamentale perché purtroppo a questo mondo ci sono persone che pensano che non siamo tutti uguali.
E questo racconto femminile e femminista, che solo apparentemente parte solitario e invece si risolve coralmente attraverso i mal comuni di Delia e delle altre donne che inaspettatamente si ritroveranno dallo stesso lato della barricata, ci regala un finale meraviglioso che è anche la parte più straordinaria del film, ovvero: Delia conquista la sua fuga dalle ingiustizie senza l’aiuto dell’ennesimo uomo, ma attraverso le sue forze e quelle delle tante altre donne che spesso compongono i film che vediamo tutti i giorni in ruoli defilati e che qui invece si meritano i tanto agognati primi piani.
Come amava ripetere il povero Luigi Di Maio, non puoi fermare una cascata con le mani e finché ci saranno quelli che apriranno bocca per dare voce a chi voce non ce l’ha, allora forse le cose cambieranno.
Con solo questa lingua in bocca E se mi tagli pure questa Io non mi fermo, scusa Canto pure a bocca chiusa
VOTO: 4 lingue lunghe e mezza
Titolo inglese: There’s Still Tomorrow Regia: Paola Cortellesi Durata: 1 ora e 58 minuti
Una serie di personaggi disgustosi si ritrovano a Saint Moritz per le vacanze di Natale e noi siamo costretti a seguire le loro vomitevoli vicende torcendoci i coglioni come mai.
Il romano di frosinone e il milanese con la fabbrichetta che devono accopparsi le mogli a vicenda a Vicenza, il ludopatico pugliese che tenta di fottersi la bella aristocratica mezza francese mezza inglese mezza fregna combattendo allo stesso momento un glorioso mutismo psicosomatico, un ignorante ladro di nome Ezio Greggio che interpreta un ignorante ladro alle prese con la Cucinotta e le sue abbondanti tette da levriera obesa, un romagnolo chiavatore incallito che ha dei tentennamenti quando sta per penetrare violentemente sua figlia e un recensore cinematografico folle e disperato che si è convinto di cambiare il mondo una recensione alla volta, ci volessero 20mila anni di bestemmie.
Porca madonna.
Pensavo che il primo capitolo fosse pietoso, ma questo riesce ad essere persino peggio di Ezio Greggio.
Noioso, lurido, diseducativo, recitato male, fotografato di merda, Vacanze di Natale ’90 è veramente una tortura americana per i prigionieri politici a Guantanamo, è una bomba israeliana sganciata su un ospedale palestinese con dentro decine di bambini, è un pugno in bocca a quel liberale figlio di troia negazionista del genocidio dei palestinesi che deve morire tra atroci torture mentre piangerà lacrime amare e capitaliste prima di morire come il cane che è sempre stato.
Film incommentabile.
VOTO: 1 bomba israeliana
Titolo spagnolo: Vacaciones ‘cornutas’ en Saint Moritz Regia: Enrico Oldoini Durata: 1 ora e 37 minuti Compralo: https://amzn.to/3SJoakr
Sono passati 10 anni dalla minaccia fantasma del menarca notturno e quelle tettine imberbi di Natalie Portman si sono trasformate in tettine imberbi di stronza sionista; quel tipo di gentaglia estremista e terrorista che verrà ricordata con lo stesso disprezzo col quale oggi ricordiamo i fottuti fascisti che sono stati vostri nonni.
E in questi 10 anni la Repubblica galattica, inverecondo obbrobrio di federazione rappresentativa di stampo non certo democratico visto che molti pianeti appartenenti non hanno un ordinamento democratico, ovvero a comandare non sono le persone ma una fottuta oligarchia di pochi (auto) eletti che un giorno noi veri democratici verremo a prendere per i soliti capelli per poi trascinarli nelle solite piazze delle nostre città dove li squarteremo, li pisceremo e li sputeremo con somma rabbia e splendido furore, in questi 10 anni dicevo che la Repubblica galattica è caduta in disgrazia e continua a perdere pezzi come non ci fosse un domani.
I separatisti, guidati dal Conte Dooku, vogliono fare la loro alleanza di strunzarielli visto lo stato moribondo in cui versa la Repubblica galattica, ma vengono bersagliati di pernacchi e accuse infamanti dai nostalgici del ventennio mentre i nostri protagonisti, tipo quel covo di messianici di Jedi, già cominciano a riposizionarsi in vista del futuro cambio di regime che cova nell’angolo.
Anakin, fregandosene della destra e della sinistra, tenta in tutti i modi di penetrare Padme e incredibilmente ci riesce lanciando, vivo di speranza, il suo seme dentro la di lei vagina al culmine di un turbine di corteggiamenti al lume di candela e rotolamenti nell’erba.
L’avanzata del futuro imperatore Palpatine procede a gonfie vele e il premierato forte, tanto sognato dai nostri fascisti italici come quell’Italo Bocchino che nomen omen, già fa ben sperare per la prossima caduta del nostro ordinamento costituito che si regge sulla famosa spartizione dei poteri in Legislativo, Esecutivo e Giudiziario.
E a noi ci fotte il cazzo della frammentarietà del potere, a noi ci viene voglia di dittatura perché lo sanno tutti che una persona sola al comando funziona meglio: avete mai visto una famiglia funzionale nella quale madre e padre abbiano la stessa importanza? No, ovviamente; perché le cose vanno a rotoli quando si cerca di elevare la donna al ruolo che nostro signore gesù cristo in croce, figlio di quella puttana lurida della madonna troia, ha relegato in cucina, tra il forno a microonde e i piatti da lavare.
E L’attacco dei cloni parla proprio di questo: di come le donne vadano chiuse nel profondo delle case dalle quali possono uscire unicamente per fare la spesa e andare dall’estetista.
Troie ingrate.
VOTO: 3 troie ingrate
Titolo originale: Star Wars: Episode II – Attack of the Clones Regia: George Lucas Durata: 2 ore e 22 minuti Compralo: https://amzn.to/3sjGUw0
Serie antologica di episodi scollegati con la caratteristica di rivoluzionare la loro narrazione tossica attorno al perno fallico del fantastico e dell’incredibile.
Ora, cosa uno intenda per fantastico e incredibile è il vero mistero della serie; perché le storie dalla loro hanno poca ciccia sotto il cofano e quando c’è poca ciccia le fiche umettate delle spettatrici non verranno saziate dai salsicciotti degli spettatori. Quindi, una serie per famiglie con bambini.
Un ragazzo viene visitato nella notte da un meteorite che sconquassa camera sua e lo lascia con un piccolo problemino magnetico, ovvero comincia ad attirare oggetti metallici con forza sempre maggiore fino a quando non tirerà a sé la cosa che meno desiderava al mondo, la vagina.
Forse uno degli più riusciti perché riesce a fondere perfettamente l’elemento fantastico con la narrazione allegra di una storia per ragazzini.
Episodio 12 – “Vanessa”
Byron Sullivan è un pittore ottocentesco felicemente sposato con la bellissima Vanessa del titolo fino a quando la loro carrozza si cappotta e la giovane musa ispiratrice muore come una cagna di periferia gettando nella depressione più cupa l’artista, interpretato da Harvey Keitel non nudo.
Byron pensa che oramai la sua carriera artistica sia finita, ma invece scopre che la moglie può rivivere come fantasma corporeo nei luoghi dove lui l’ha dipinta… e ovviamente si affretta a dipingerla nel lettone matrimoniale.
Diretto da Clint Eastwood, questo è uno degli episodi più maturi e toccanti, nel quale il fantastico ha il sapore dei romanzi romantici ottocenteschi più che del popcorn da cinema americano.
Episodio 19 – “Lo specchio”
Uno scrittore di racconti de paura non ha paura di un cazzo, ma si trova spavaldo col suo uccello da 40enne flaccidone di fronte la terrificante consapevolezza che c’è un triste figuro incappottato alle sue spalle ogni volta che vede la sua immagine riflessa.
Diretto da Martin Scorsese, l’episodio è molto accattivante e riesce a tenerti sulle terga per la gran tensione di vedere Tim Robbins, che interpreta l’oscuro figuro incappottato, prendere il deretano del protagonista senza il suo consenso.
Murray Bernstein sembra inoffensivo, ma è accusato d’omicidio e il giovane avvocatucolo assegnato al caso, piuttosto che dormire sugli allori, comincia a sospettare che a compiere il delitto sia stato un parrucchino malvagio.
Strepitoso episodio da vedere assolutamente con un fantastico crescendo dell’assurdo da far invidia a tuo padre mentre cerca di chiavare tua madre. Ha probabilmente ispirato un episodio dei Simpsons molto molto simile.
Titolo originale: Amazing Stories Creatore: Steven Spielberg Stagione: prima Anno: 1985 Durata: 24 episodi da 25 minuti
Un piccolo gruppo di impiegati accolgono ogni lunedì in un fatiscente edificio pubblico un gruppo di persone appena decedute e le informano della necessità di selezionare un ricordo felice della loro vita da portare per sempre nell’eternità come unica testimonianza della loro esistenza.
Alcuni trovano immediatamente quel frammento di realtà da vivere e rivivere per sempre nell’altro mondo mentre altri hanno più difficoltà, chi perché ha vissuto una vita monotona, nonostante gli impeti rivoluzionari giovanili, e chi perché quegl’impeti rivoluzionari giovanili li sta “vivendo” ora e pensa che non-scegliere sia la decisione giusta.
Qui invece l’emozione è sopita, sia nei personaggi che sono spronati a trovare dentro di loro quel ghigno di felicità che spesso ci lasciamo sfuggire e sia nello spettatore che tramite la messa in scena viene spinto ad interrogarsi a sua volta sul significato della sua vita e su cosa vorrebbe fissare su pietra delle tante e mille cose che i suoi occhi hanno vissuto, le sue mani hanno sfiorato o la sua bocca ha gustato.
Per realizzare questa perla cinematografica il regista Koreeda ha tratto ispirazione dalla vera e graduale perdita di memoria di suo nonno (morto a causa di una malattia neurodegenerativa) e da una serie di interviste, in parte inserite nel film stesso, a persone a cui ha chiesto di ricordare il momento più felice o importante della loro vita.
Assolutamente da vedere.
VOTO: 4 malati neurologici
Titolo: ワンダフルライフ Wandafuru Raifu Regia: Hirokazu Koreeda Durata: 1 ora e 59 minuti Compralo: https://amzn.to/46hTV7A
Monica Lewinsky era 22enne quando venne presa a fare un tirocinio alla Casa Bianca durante la presidenza Clinton e tutto pensava meno che potesse finire ripetutamente ginocchia a terra a sbocchinare il sassofonista Bill per poi farsi venire sulla giacchetta.
Tutto pensava meno che.
Bill Clinton invece era già famoso all’epoca per essere un donnaiolo stupratore con già un paio di accuse ufficiali a suo carico dalle quali era scappato come un coniglio parandosi dietro quella fogna del sistema giudiziario americano e famoso ancora lo sarà in seguito quando verrà fuori che era tra gli assidui frequentatori dell’isola delle prostitute minorenni di Jeffrey Epstein, uno di quelli che quando finisce in prigione viene poi trovato morto impiccato sì, ma col culo a terra.
Bill invece impiccato non c’è finito mai, ma tempo ce n’ è ancora e la speranza è l’ultima a morire.
Rievocazione liberale che tenta in tutte le maniere di minimizzare il comportamento criminale del presidente col cazzo deviato facendo passare questi abusi come gesti d’amore incontrollabili, mentre dall’altra parte dipinge una First Lady all’oscuro di tutto e che mantiene grandissima dignità di fronte all’improvvisa scoperta che suo marito è un porco lumacone.
La serie è principalmente interessante per la veemenza con la quale dipinge una Monica completamente idiota e per come riesce a svicolare su tutto ciò che incrimina i piani alti mentre schiaccia sotto ridicole caricature i maschi di basso rango sociale (tipo il marito di Paula Jones). Tenta quindi di fingersi un’opera femminista mentre in realtà è lampante la sua carica eversiva contro l’imminente rivoluzione socialista che prenderà per i capelli questi figli di puttana per portarli in pubblica piazza e, spogliati di tutti i loro averi, verranno gettati in pasto a cani furibondi mentre la folla griderà al Sol dell’Avvenire.
VOTO: 2 cani
Titolo originale: Impeachment: American Crime Story Durata: 10 episodi da 1 ora Compralo: https://amzn.to/3LlXC4m
Film episodico con tema centrale “il colpo di fulmine”.
Nel primo, lo psichiatra Benni si rifugia in Trenino per sfuggire alla guardia di finanza li mortacci sua sto ladro e, fingendosi prete, raggira un’intera comunità montana per poi tentare, con successo, l’affondo del suo pene dentro la vagina del maresciallo dei carabinieri locale.
Nel secondo invece abbiamo la classica storia d’amore apparentemente impossibile tra una pesciarola romana e l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede che, cotto a puntino dai modi bruschi della signora, si fingerà un coatto di primo pelo per conquistare la sua bella avvalendosi dell’aiuto del suo autista romano Nando.
Svolta clamorosa per i cinepanettoni della Filmauro che per la prima volta si ripuliscono dalle tonnellate di merda e battute sessiste che li hanno contraddistinti per un ventennio ed abbracciano un più tradizionale registro casa-famiglia con battute scemine ma simpatiche ed attori che non tentano ogni due minuti di urlarsi in bocca quanto hanno cacato la sera prima.
Non è eccezionale, tutt’altro, ma se si considera la sporca provenienza siamo di fronte ad un capolavoro.
VOTO: 3 tonnellate
Titolo inglese: Lightning Strike Regia: Neri Parenti Durata: 1 ora e 44 minuti Compralo: https://amzn.to/3qW7D0X
Dopo gli eventi del primo episodio, l’immortale Connor MacLeod, ora mortale come un cane, è diventato un vecchio bavoso con la fissa per la fica.
Siccome però, vecchio com’è, il cazzo non gli tira più, è costretto a girare per localetti malfamati per bere in compagnia di altri solitari avventori con la fissa per la fica; un comportamento che lo mette più volte a rischio evirazione da parte di gang criminali sudamericane vestite come il budello di tua madre.
Come non fosse abbastanza, Connor MacLeod è anche il principale artefice del più grande disastro ambientale mai concepito da essere umano, ovvero il totale oscuramento del Sole per difendere la Terra dalle radiazioni solari che stavano mietendo vittime come non ci fosse un domani.
Siccome però la vita sul nostro pianeta non potrebbe assolutamente esistere senza i raggi solari, la trama parte con un buco di sceneggiatura grande come il Cervino, e voi mi direte “Vabbé dai sticazzi, c’è de peggio”… C’è sempre de peggio se vai a scava’ sotto ‘na montagna de merda alla discarica de Malagrotta e lo spettatore piangerà come un vitello.
Un film assolutamente fuori dalla grazia di dio, senza senso, pieno di contraddizioni, girato male e scritto peggio.
E’ passato alla storia come uno dei peggiori sequel di sempre e chi aveva amato il primo film si è ritrovato in un incubo lisergico dal quale ci si poteva risvegliare solo esprimendo forte la volontà di farla finita con il gold standard.
Case di produzioni argentine che hanno cambiato il montaggio, iperinflazione che ha fatto lievitare i costi, Christopher Lambert ubriaco tutte le sere e Sean Connery accusato di molestie sessuali sono solo alcune delle peripezie che la pellicola ha dovuto attraversare a salti e bocconi per giungere fino a noi, e questo già di per sé vale una visione.
Perché fa schifo, non c’è dubbio, ma è anche una giusta penitenza per chi s’ingolfa il culo di chetamina, tipo te.
VOTO: 2 chetamine
Titolo originale: Highlander II: The Quickening Regia: Russell Mulcahy Durata: 1 ora e 31 minuti Compralo: https://amzn.to/44wbh06
Il 15 luglio 1997 lo stilista Gianni Versace viene freddato con due colpi di pistola da Andrew Cunanan, un versatile mentitore seriale con la fissa per l’egocentrismo a scapito del prossimo, che poi è quello su cui un po’ tutto il mondo della moda si fonda.
Gianni fu soltanto l’ultimo di una serie di omicidi (5 in totale) che non hanno in realtà mai trovato una vera risposta definitiva; la pista omosessuale, sempre ben battuta da quei froci dei poliziotti, è stata data per buona, ma il perché e percome Andrew abbia freddato 5 persone se li è portati nell’aldilà da dio onnipotente e bocchinaro.
Seconda stagione, anche se stagione non è proprio il termine esatto visto che siamo più che altro di fronte ad una serie diversa con l’unico trait d’union a far filotto rappresentato da quel “American crime story” che vuol dir tutto e non vuol dir niente, per questa raccolta antologica che si era aperta con Il caso O.J. Simpson.
Alcune scelte sono un po’ ridicole, su tutte l’insopportabile Donatella Versace che parla con accento spagnolo, ed inspiegabili sono i personaggi italiani che parlano tra di loro in inglese, persino nella Calabria degli anni ’50, ma nel complesso la serie è molto godibile e molto realistiche appaiono le interazioni umane tra i personaggi, specie quelle amorose, mai scontate e mai caricaturali.
Finale che va un po’ a perdersi nel nulla.
VOTO: 3 Calabrie
Titolo: The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story Durata: 9 episodi da 50 minuti Compralo: https://amzn.to/43j3EsB
Mitch ha due amici di merda che lo scorrazzano da un capo all’altro del mondo in cerca di quella botta d’adrenalina che li faccia sentire meno coglioni nell’aver abbracciato mani e piedi il sistema liberal-capitalista.
Perché loro non odiano il lunedì, ma il capitalismo, e apparentemente l’unica maniera di porvi rimedio non è prendere per i capelli i padroni e portarli in piazza tra due ali di gente urlante i peggiori epiteti, ma invece val bene una vacanza di 2 settimane a fare i cowboy e guidare una mandria di vacche dal Nuovo Messico al Colorado.
Ovviamente le cose non andranno lisce, ma è giusto così perché è il conflitto che fa crescere i personaggi nelle storie. Non è giusto invece quando il conflitto implica prendere per i capelli i padroni e portarli in piazza tra due ali di gente urlante i peggiori epiteti; in quel caso devi stare zitto e berti tutto il piscio che ti tirano in faccia.
Famosa commedia primi anni ’90 che oggi fa un po’ rabbrividire per l’ingenuo maschilismo e il velato razzismo che traspare, nonostante le intenzioni fossero proprio l’opposto: tipo che ci sono due cowboy neri, ma parlano 2 volte e non hanno alcuna funzione se non sparire a metà film per volontà loro, e tipo che uno dei due amici si scopa la commessa ventenne del negozio che gestisce, ma solo perché la moglie è cattiva e non gliela dà.
Capito donne? Siete voi il problema.
Da sottolineare l’apparizione cosmica per Volodymyr Palahniuk, conosciuto ai più come Jack Palance, attore famoso per pellicole western che grazie a questo film vinse un meritato e tradivo oscar come attore non protagonista.
VOTO: 2 Volodymyr e mezzo
Titolo originale: City Slickers Regia: Ron Underwood Durata: 1 ora e 53 minuti Compralo: https://amzn.to/3PKpLoB