Zatōichi (2003)

Il medioevo giapponese è un periodo infinito che si estende per tipo 800 anni, fino alla metà del 19° secolo, quando le corazzate e i cannoni americani hanno esportato un bel po’ della loro democrazia anche nella terra del sol levante costringendo l’imperatore ad aprire il suo paese al commercio e alle rotte straniere a cui si erano opposti per tanti anni in un isolazionismo coglione ma tutto sommato pacifico.

E in questo adorabile contesto bucolico girovagava un massaggiatore cieco con un’abilità straordinaria con la spada a cui nessuno, ripeto, nessuno doveva cacargli il cazzo altrimenti finiva a pezzi come un cagnaccio bastardo.

Giunto in una cittadina vessata dalla malavita di due bande rivali e incontrate due geishe in cerca di vendetta e un ronin con la moglie malata di Covid, il nostro Ichi alzerà un tale casino che manco il Capodanno napoletano.

Zatōichi (2003)

Undicesimo film per il Kitanone nazionale e prima incursione cinematografica nel periodo Edo, dopo una ventina d’anni dal celebre Takeshi’s Castle televisivo.

Basato sul personaggio di finzione Zatoichi a cui più di 20 film hanno dato spazio, questo strano esperimento al limite tra commedia, dramma e musical appare indubbiamente riuscito, anche se non perfetto.
Questo perché le vicende dei vari personaggi che s’intersecano nel breve lasso di tempo durante il quale si svolge la storia risultano sì interessanti, ma non sempre perfettamente intersecate, anche per via di alcuni salti temporali non perfettamente convincenti.

Resta comunque un film godibilissimo ed indubbiamente un buon viatico per chi non conosce ancora la filmografia del regista giapponese su cui ho basato la mia tesi di laurea.

VOTO:
3 castelli e mezzo

Zatōichi (2003) voto

Titolo originale: 座頭市
Regia: Takeshi Kitano
Durata: 1 ora e 56 minuti
Compralo: https://amzn.to/4a4KzPb

C’è ancora domani (2023)

Delia è madre, moglie e nuora.
Non ha una sua identità, ma esiste solo ed unicamente in funzione di un maschio ed ecco quindi che il marito, il suocero o i figli le spiaccicano in faccia l’unico possibile volto da poter esporre in società, l’unico in una città, un paese e un’epoca intrise di patriarcato.

Delia ha uno spirito arguto, una piccola voglia di rivalsa nei confronti di tutti quelli che la schiacciano, la riempiono di botte e la sottopagano solo perché lei è una donna; ma non è ancora tempo per le rivendicazioni di classe, figuriamoci quelle di genere.
E’ finita da poco la seconda guerra mondiale e le donne non possono uscire di casa senza permesso, devono stare zitte quando parlano gli uomini, non possono gestire i soldi, non hanno diritti; una condizione di totale sottomissione che troverà sfogo solo 30 anni dopo con gli anni della rivoluzione culturale e le conquiste sociali della sinistra internazionale, ottenute a suon di schiaffi in bocca e manganellate.

Delia quindi, anche se dentro è ancora ribelle, vive oramai in maniera rassegnata la sua vita, ma non vuole che la figlia faccia la sua stessa fine solo perché questa ha fretta di scappare di casa nell’unica maniera che a quel tempo era possibile per una donna: con un matrimonio.

C'è ancora domani (2023)

Un capolavoro assoluto.

La storia della donna Delia, romana vessata dai nostri nonni con le botte e le minacce, che ha 3 lavori ma non ha diritto a tenersi niente dei soldi che porta a casa, che trova il tempo di parlare con le persone solo nel tragitto tra una faccenda e l’altra, è la storia delle donne che hanno fatto la mia Roma, la nostra Italia e alle quali non è mai stato riconosciuto questo ruolo fondamentale perché purtroppo a questo mondo ci sono persone che pensano che non siamo tutti uguali.

E questo racconto femminile e femminista, che solo apparentemente parte solitario e invece si risolve coralmente attraverso i mal comuni di Delia e delle altre donne che inaspettatamente si ritroveranno dallo stesso lato della barricata, ci regala un finale meraviglioso che è anche la parte più straordinaria del film, ovvero: Delia conquista la sua fuga dalle ingiustizie senza l’aiuto dell’ennesimo uomo, ma attraverso le sue forze e quelle delle tante altre donne che spesso compongono i film che vediamo tutti i giorni in ruoli defilati e che qui invece si meritano i tanto agognati primi piani.

Come amava ripetere il povero Luigi Di Maio, non puoi fermare una cascata con le mani e finché ci saranno quelli che apriranno bocca per dare voce a chi voce non ce l’ha, allora forse le cose cambieranno.

Con solo questa lingua in bocca
E se mi tagli pure questa
Io non mi fermo, scusa
Canto pure a bocca chiusa

VOTO:
4 lingue lunghe e mezza

C'è ancora domani (2023) voto

Titolo inglese: There’s Still Tomorrow
Regia: Paola Cortellesi
Durata: 1 ora e 58 minuti

Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni (2002)

Sono passati 10 anni dalla minaccia fantasma del menarca notturno e quelle tettine imberbi di Natalie Portman si sono trasformate in tettine imberbi di stronza sionista; quel tipo di gentaglia estremista e terrorista che verrà ricordata con lo stesso disprezzo col quale oggi ricordiamo i fottuti fascisti che sono stati vostri nonni.

E in questi 10 anni la Repubblica galattica, inverecondo obbrobrio di federazione rappresentativa di stampo non certo democratico visto che molti pianeti appartenenti non hanno un ordinamento democratico, ovvero a comandare non sono le persone ma una fottuta oligarchia di pochi (auto) eletti che un giorno noi veri democratici verremo a prendere per i soliti capelli per poi trascinarli nelle solite piazze delle nostre città dove li squarteremo, li pisceremo e li sputeremo con somma rabbia e splendido furore, in questi 10 anni dicevo che la Repubblica galattica è caduta in disgrazia e continua a perdere pezzi come non ci fosse un domani.

I separatisti, guidati dal Conte Dooku, vogliono fare la loro alleanza di strunzarielli visto lo stato moribondo in cui versa la Repubblica galattica, ma vengono bersagliati di pernacchi e accuse infamanti dai nostalgici del ventennio mentre i nostri protagonisti, tipo quel covo di messianici di Jedi, già cominciano a riposizionarsi in vista del futuro cambio di regime che cova nell’angolo.

Anakin, fregandosene della destra e della sinistra, tenta in tutti i modi di penetrare Padme e incredibilmente ci riesce lanciando, vivo di speranza, il suo seme dentro la di lei vagina al culmine di un turbine di corteggiamenti al lume di candela e rotolamenti nell’erba.

Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni (2002)

L’avanzata del futuro imperatore Palpatine procede a gonfie vele e il premierato forte, tanto sognato dai nostri fascisti italici come quell’Italo Bocchino che nomen omen, già fa ben sperare per la prossima caduta del nostro ordinamento costituito che si regge sulla famosa spartizione dei poteri in Legislativo, Esecutivo e Giudiziario.

E a noi ci fotte il cazzo della frammentarietà del potere, a noi ci viene voglia di dittatura perché lo sanno tutti che una persona sola al comando funziona meglio: avete mai visto una famiglia funzionale nella quale madre e padre abbiano la stessa importanza?
No, ovviamente; perché le cose vanno a rotoli quando si cerca di elevare la donna al ruolo che nostro signore gesù cristo in croce, figlio di quella puttana lurida della madonna troia, ha relegato in cucina, tra il forno a microonde e i piatti da lavare.

E L’attacco dei cloni parla proprio di questo: di come le donne vadano chiuse nel profondo delle case dalle quali possono uscire unicamente per fare la spesa e andare dall’estetista.

Troie ingrate.

VOTO:
3 troie ingrate

Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni (2002) voto

Titolo originale: Star Wars: Episode II – Attack of the Clones
Regia: George Lucas
Durata: 2 ore e 22 minuti
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Una tomba per le lucciole (1988)

Sulla città di Kobe si abbatte la violenta furia dell’aviazione americana che, violando parecchie leggi sul diritto internazionale, lancia bombe incendiarie sulle case di inermi cittadini nipponici con l’unico intento di provocare morte e distruzione e costringere con la paura e la sofferenza la resa del Giappone.

In questo scenario apocalittico il giovane Seita e sua sorella minore Setsuko rimangono presto orfani (dopo che la madre muore bruciata viva e il padre affonda con la portaerei sulla quale prestava servizio) e si ritrovano quindi a dover fronteggiare fame e solitudine senza una figura genitoriale a fare loro da scudo.

Seita tenterà di provvedere alla piccola Setsuko spendendo gli ultimi soldi lasciati dalla madre e finendo per rubare la verdura nei campi circostanti, ma la durezza della guerra sarà ben più forte del rinomato spirito giapponese.

Una tomba per le lucciole (1988)

Molto toccante e molto duro racconto autobiografico di Akiyuki Nosaka che vide morire di fame sua sorella minore durante la guerra ed ennesimo monito pacifista prodotto nella nazione che ha subito lo scoppio di ben due bombe nucleari.

Bello, indubbiamente, anche per il modo mai banale con cui racconta le piccole quotidianità di due bambini che tentano di sopravvivere in una società che già stava cominciando a dimenticare in nome del nuovo capitolo storico che si apprestava a subire dopo la sconfitta nel secondo conflitto mondiale.

Ovviamente consigliatissimo.

VOTO:
4 bambini

Una tomba per le lucciole (1988) voto

Titolo originale: ほたるのはか Hotaru no haka
Regia: Isao Takahata
Durata: 1 ora e 29 minuti
Compralo: https://amzn.to/45NFQPu

Pranzo misterioso (1989)

La famiglia Laemie (madre casalinga porcona, padre chimico criminale di guerra e figlio reietto della società) si trasferisce in California e cominciano immediatamente a mostrare sintomi di disfunzionalità.

Una notte poi il piccolo Michael becca i genitori che si azzuffano di bocchini nel salotto di casa e non capendo cosa stia succedendo si spiega la cosa in maniera Freudiana pensando che siano cannibali intenti a mozzicarsi l’un l’altro in una rotolata di sudore.

Da qui parte la ricerca misteriosa sulla verità della faccenda in questione, ovvero: i cittadini americani Nick e Lily Laemie sono dei mangiacarne a tradimento come Alessandro Giuli che da giovane era un fascista di merda che dovrebbe vergognarsi per il resto della sua vita per aver fatto parte di un movimento assurdo come Meridiano Zero o il piccolo Michael si sta facendo i film in testa?

 Pranzo misterioso (1989)

Interessantissima commedia dell’orrore con piccola critica alla finta perfezione della famiglia americana anni ’50.
E fin qui tutto bene, ma niente di eccezionale.

Quello che invece rende la pellicola destabilizzante e per questo intrigante è la presenza di elementi onirico-angoscianti alla David Lynch che, specialmente nella prima parte, fanno davvero un figurone (epica la scena del bambino che si tuffa in un letto di sangue) e poi un continuo rinunciare alla risoluzione catartica con il disvelamento del mistero sulle fantasticherie o meno di Michael.
Uno strano mix che mi ha fatto giungere alla conclusione che ci troviamo di fronte ad un’opera o di assoluto genio, con twist del twist inesistente, o d’incredibile cretineria, vista l’apparente linearità del tutto.

VOTO:
3 Alessandro Giuli che deve chiedere scusa a capo chino e mezzo

Pranzo misterioso (1989) voto

Titolo originale: Parents
Regia: Bob Balaban
Durata:1 ora e 21 minuti
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Final Destination 5 (2011)

Un ponte, solo un fottutissimo ponte che deve venire giù, la morte che ti attende dietro l’angolo e quella gran puttana della madonna che tu giuri e spergiuri non averle mai collocato dentro il deteretano un fucile di carne che i più eruditi chiamano cazzo.

Oh cazzooo!
Cazzo fucile, cazzo di carne, cazzo di cazzo mannaggia al cazzo.
sangiovannidecollato decollato de collato porchiddio sta decollato.
La smetti, la vuoi smettere, la smetti mannaggia la ruota di Bari dentro al culo di tua madre.
Smettila.

Final Destination 5 (2011)

Una pellicola gradevole, personaggi molto stereotipati ma funzionali alla pur esile narrazione, morti crude e crudeli come merita l’impostazione goliardica del franchise ed un finale a sorpresa che dona quel tocco in più a quello che già era un prodotto decente.

porchiddio smettila.

VOTO:
2 fucili e mezzo

Final Destination 5 (2011) voto

Titolo di lavorazione: 5nal Destination
Regia: Steven Quale
Durata: 1 ora e 32 minuti
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Predestination (2014)

Un bevitore solitario viene spronato a raccontare la storia della sua bizzarra vita dal barista parlocchione che tutto si aspettava meno che di trovarsi di fronte ad un intreccio talmente fitto di stronzate da doversene tirare fuori a colpi di mannaia e spunti in faccia.

“E dov’è la fregatura?” direte voi.
Nessuna fregatura cari miei, solo molto dolore sui vostri stinchi.

Predestination (2014)

Basato sulla storia All you zombies di Robert A. Heinlein, scritta nel 1959, Predestination soffre inevitabilmente della sua origine spazio-temporale; ovvero un’epoca intrisa d’ignoranza, vedi tutta la questione della transizione sessuale che rasenta il ridicolo, di patriarcato (le donne puttane per gli astronauti) e quel tocco naive che ti fa sorridere dei primi due orribili punti.

Sicuramente è sorprendente, ma non funziona bene quanto vorrebbe funzionare, specialmente per la sua natura intersex tra il dramma di 2 personaggi in una stanza e il film fantascienza multi-location.
Ma soprattutto ha un buco di sceneggiatura grosso come una casa al mare che non ti dico per non rovinarti la sorpresa, ma madonna lurida che pezza.

VOTO:
3 zombi

Predestination (2014) voto

Titolo giapponese: プリデスティネーション
Regia: Michael Spierig, Peter Spierig
Durata: 1 ora e 37 minuti
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Vij (1967)

Khoma Brutus è un seminarista che, assieme a due compagni di corso, s’imbatte in una strega arrapata che se lo cavalca come una pazza per mezza Ucraina fino a quando Brutus la prende a legnate in testa e lei stesa a terra che implora pietà ahia ahia.

Siccome però le sciagure non vengono mai sole, appena tornato al convento Khoma è inviato a vegliare e pregare per 3 notti la figlia morta di un signorotto locale e, sorpresa delle sorprese, la figlia è la strega di cui sopra, stirata per le percosse ricevute dal nostro buon seminarista.

Lui ovviamente non dice un cazzo a nessuno e in un crescendo rossiniano di magia nera e temibili mostri molto vintage, Khoma Brutus ballerà ubriaco al suo stesso funerale.

Vij (1967)

Film sovietico tratto dall’omonimo racconto di Nikolai Gogol e caleidoscopico film dell’orrore che passò il vaglio statale dell’epoca solo grazie alla sua natura di favola folcloristica.

Pieno di azzeccate soluzioni visive e permeato di un irriverente stile orientale, Viy è certamente ostico per chi non abbia un minimo di pazienza e piacere per l’arte cinematografica, ma se si ha voglia di andare oltre l’ovvio ci saranno scene memorabili e il fantastico mostro tenerone che dà il titolo all’opera.

VOTO:
3 teneroni e mezzo

Vij (1967) voto

Titolo originale: Viy – Вий
Regia: Konstantin Ershov, Georgiy Kropachyov, Aleksandr Ptushko
Durata: 1 ora e 17 minuti
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Highlander – L’ultimo immortale (1986)

Sono 500 anni che Connor MacLeod gira per il mondo ficcando randelli in bocca ad altri immortali come lui e posizionando il suo di randello dentro povere sgualdrine ignare del ph acido che contraddistingue lo sperma di quelli che non possono morire.

Come se non bastasse poi c’è da un lato quell’egiziano spagnolo con l’accento scozzese che non smette di perseguitarlo con battute oscene sui lager nazisti e le torte rustiche agli spinaci, una delizia, e dall’altro si erge un energumeno divino vestito da frocissimo del baseball che cova l’ambizione, pur comprensibile, di venire nominato vescovo di Viterbo.

Ne rimarrà soltanto uno.

Highlander - L'ultimo immortale (1986)

La forza scorre forte in questo lungo videoclip anni ’80 travestito da film d’azione con gusto europeo e, nonostante all’inizio nessuno nutrisse alcuna speranza per la sua permanenza sugli scaffali, Highlander è diventato uno dei più famosi film cult del suo genere che poi genere proprio non ce l’ha.

Una vittoria, soprattutto per chi crede nella possibilità di poter recitare in inglese non sapendolo parlare.

VOTO:
4 travestiti

Highlander - L'ultimo immortale (1986) voto

Titolo originale: Highlander
Regia: Russell Mulcahy
Durata: 111 minuti
Compralo: https://amzn.to/3Coklb4

Il caso O.J. Simpson: American Crime Story (2016)

La notte del 12 giugno 1994 Orenthal James Simpson, famoso atleta americano che ha pure recitato in cose tipo Una pallottola spuntata, si recò a casa dell’ex moglie e la trucidò di coltellate, a lei e al suo “amico” dell’epoca.
Tanto profonde e tante di numero furono le coltellate che quasi le staccò la testa dal collo, segno inequivocabile che il delitto era passionale e non una semplice rapina andata male.

Braccato dalla polizia su e giù per l’autostrada comunale di Los Angeles dopo che erano state rinvenute tipo due dozzine di prove irrefutabili tali da schiaffarlo in prigione fino alla condanna a morte, il nostro Orenthal riuscì però a fottere tutti facendosi assolvere in maniera classista grazie ad un team di costosissimi avvocati che avranno voluto in cambio almeno un paio di gustosi coglioni sotto sale.

American Crime Story - Il caso O.J. Simpson (2016)

Prima stagione per quest’antologia di crimini famosi americani e ottimo inizio perché: ci siamo sulla storia che non viene mai girata in farsa o melodramma, ci siamo sulla regia che gira e vola per Los Angeles come volesse farci vivere un incubo ad occhi aperti, e ci siamo con le interpretazioni che, nonostante le necessarie forzature volte a rispecchiare i reali personaggi dell’epoca in maniera accurata, non diventano caricaturali nonostante tengano comunque alto il tono dell’attenzione.

Coinvolgente, partigiano e senza sbrodolate.
Che cazzo volete di più?

VOTO:
4 sbrodolate

American Crime Story - Il caso O.J. Simpson (2016) voto

Titolo originale: The People v. O. J. Simpson: American Crime Story
Durata: 10 episodi da 45 minuti
Compralo: https://amzn.to/436rgRC

Assassinio su commissione (1979)

La storia la sappiamo tutti: tra il 1888 e il 1891 nel quartieraccio londinese di Whitechapel dove oggi una stanza te la mettono a 700 pound e devi pure ringraziare il signore gesucristo (in croce), è successo che 11 donne sono state uccise e in molti casi trucidate da uno o più misteriosi assassini in quello che è diventato il caso di “Jack lo squartatore”, nome preso direttamente dalla firma di una delle tante lettere anonime recapitate alla polizia durante quel periodo.

Era un pazzo solitario, un gruppo di massoni che volevano evocare il diavolo, un ebreo giuda nasadunco?
Nessuno ne venne a capo ed ancora oggi quegli eventi evocano curiosità, morbosità e tanti film dal dubbio valore artistico.

Questo è uno di quelli.

Assassinio su commissione (1979)

Dallo stesso regista di quella cacata di A Christmas Story ed il capolavoro incompreso titolato The Karate Dog, ecco l’ennesimo film su Jack lo squartatore che in questa particolare incarnazione dovrà vedersela con nientepopodimenoché Sherlock Holmes e quel lurido lucida stivali senza spina dorsale del dottor Watson.

Molte cose vengono dette e molta rabbia provoca l’assoluta e lucida aderenza di questi liberali ottocenteschi al sistema piramidale costituito, in particolare risulta a tratti inconcepibile (se non nei più bagnati sogni renziani) lo zerbinaggio di Watson che ad esempio applaude ed incita forsennatamente il re di fronte alle sacrosante proteste del popolo.

Perché diciamocela tutta: Jack lo squartatore non è mai stato il vero problema, come anche un mongoloide potrebbe capire, ma è il sistema liberal-capitalista costruito attorno milioni di sudditi inglesi ad aver creato sia l’opportunità che le condizioni per cui tale fenomeno potesse esplodere.

Sia chiaro, lo stronzo o il folle c’è sempre e sempre ci sarà, ma differenti organizzazioni sociali possono evitare sia l’emergere del conflitto che rispondere in maniera più organica all’esprimersi di esso.

E ora andate affanculo.

VOTO:
2 persone affette dalla sindrome del mongoloide

Assassinio su commissione (1979) voto

Titolo originale: Murder by Decree
Regia: Bob Clark
Durata: 2 ore e 4 minuti
Compralo: https://amzn.to/45s3lht

Chiara (2022)

Chiara d’Assisi fu una religiosa, e per molti versi rivoluzionaria, donna vissuta in pieno medioevo; famosa per essere stata collaboratrice e consorella di Francesco d’Assisi e per aver dato origine, senza volerlo, all’ordine delle Clarisse.

Entrambi provenienti da famiglie borghesi, Francesco da mercanti e Chiara addirittura dal conte Favarone di Offreduccio degli Scifi che, giudicando dalla lunghezza del cognome, doveva avere talmente tanti agganci da permetterle una vita lunga e d’agio, prospettiva totalmente svanita quando lei, appena diciottenne, fuggi di casa per votarsi al francescanesimo, alla povertà e al servizio di Cristo per i bisognosi.

Ovvi contrasti con le strutture ecclesiastiche, maschiliste, conservatrici e capitaliste, e persino con i francescani omini, portarono Chiara e le sue sorelle prima all’emarginazione e poi alla sottomissione al volere papale, senza mai ottenere pieno riconoscimento dei loro principi di uguaglianza e modestia di costumi.

Chiara (2022)

Vita, senza morte e miracoli, di Chiara, qui volutamente NON santa, e della sua ribellione, indubbiamente borghese, ma non per questo futile, contro la piramide sociale dell’epoca.

Questo film, dalla stessa regista di Cosmonauta, delizioso film che vidi tantissimi anni fa e poi nulla più, affascina sia per il rispetto linguistico (tutti recitano in volgare umbro medievale) che quello storiografico, nonostante i comprensibili scivoloni nel miracolistico volti probabilmente a giustificare la produzione Rai e la maggioranza silenziosa di teste a cucuzza che andrebbero preso e sbattute contro i muri come non ci fosse un domani.

Sì perché, come dimostra la parabola incendiaria dei pompieri Francesco e Chiara, non è mai possibile cambiare le cose dall’interno e si finisce per fare da “greenwashing” alle stesse gerarchie che si voleva smontare.

Come dice il vecchio adagio, non esistono poteri buoni.

VOTO:
4 vecchi

Chiara (2022) voto

Titolo russo: Кьяра
Regia: Susanna Nicchiarelli
Durata: 106 minuti