Hawthorn è un ristorante di altissimo pregio situato su un’isoletta privata e gestito in maniera più che maniacale da una di queste star della cucina che insozzano il discorso contemporaneo, chef Julian Slowik.
11 ricchi commensali, disposti a sborsare 1250 dollaroni a capoccia per un’esperienza culinaria della madonna, si ritrovano a vivere sulla propria pelle il menu più unico che raro mai concepito da testa pensante, mentre tu che guardi il film passerai il tempo a toccarti le gonadi con maniacale sconsideratezza.
Un bel film, finalmente un bel film.
Dopo aver passato a bestemmiare appresso a filmerda o giustificarmi di fronte a buoni film con trame a cui però mi aggrappavo con tutti i coglioni per il discostamento dai mei gusti archetipici, ecco finalmente una pellicola che per me funziona senza sforzo e che, dal basso della solita critica alla classe dominante un po’ edulcorata e quasi auto-assolutoria nella sua impraticabilità, rimane comunque meglio di qualsiasi liberale del cazzo che vuole spiegarci come il mondo capitalista sia il migliore dei mondi possibili.
Verremo a prenderti. E piangerai.
VOTO: 4 liberali in lacrime
Titolo uzbeco: Menyu Regia: Mark Mylod Durata: 1 ora e 47 minuti Compralo: https://amzn.to/3x24M5T
Un ricchissimo miliardario scemo con le mani in pasta in parecchi settori, tra cui crypto ed aerospazio, invita i suoi vecchi amici succhia-mammelle per un weekend matto sulla sua isoletta privata con l’intento d’intrattenerli facendoli giocare al gioco dell’assassino misterioso, uno dei tanti dispendiosi modi che i ricchi hanno per non morire annoiati nei loro banali pensieri mediocri.
Lo scemo non ha però preventivato l’arrivo sul fittizio luogo del delitto della sua vecchia business-partner ed attuale rivale in tribunale Cassandra “Andy” Brand, nonché il più famoso detective al mondo, Benoit Blanc e le sue gote rosso ‘mbriacone.
Simpaticissimo e riuscitissimo sequel di quella cacata liberal-prog dei miei contro stivali che ho avuto la sfortuna d’incontrare lungo il cammino di nostra vita, che uno si chiede ma come cazzo è possibile farsi venire i solchini al culo per la rabbia quando poi d’emblee quella merda dà vita a una bella creatura nera nera la mamma o chiamma Ciro sissignore o chiamma Ciro?
E invece eccomi qui ad elogiare questa presa per il culo, finalmente senza moralismi dozzinali, dei salotti liberal zeppi di ricchi idioti che leccano rovinosamente lo sfintere anale di personaggi quantomeno discutibili tipo il qui parodiato Elon “autismo” Musk.
Bene, anzi benissimo, tra piacevoli risate ed un rinfrancante sospiro di sollievo nel constatare che c’è ancora qualcuno che rispetta la sacrosanta porca madonna regola di non tenere totalmente all’oscuro lo spettatore con la convinzione di fare un buon lavoro, ma invece lo fornisce di quegli elementi investigativi che alla fine gli faranno sentire, seppure per un attimo, che ha potuto partecipare al gioco ad armi pari.
Insomma, l’opposto di quel vomito per cerebrolesi di 1899.
VOTO: 4 cerebrolese
Titolo originale: Glass Onion: A Knives Out Mystery Regia: Rian Johnson Compralo: https://amzn.to/3vHOoXC
Il 22 giugno 1983 io avevo da poco smesso di cacarmi addosso mentre Emanuela Orlandi, una ragazza di 15 anni, veniva rapita in pieno centro a Roma da non si sa chi per farci non si sa cosa.
Da allora le polemiche riguardo questa scomparsa mai risolta sono state molte e molte sono state le ipotesi e le piste investigative messe sul tavolo: dai terroristi internazionali alla banda della Magliana fino al più classico dei classici: le orge pedofile in Vaticano.
Docuserie un pelo più interessante della visione stereoscopica del buco del culo di Anna Falchi.
Si parla molto, tanti si sbrodolano addosso, ma alla fine non se cava un ragno dal buco del culo di Anna Falchi e si rimane col dilemma su che cazzo sia successo a questa giovane cittadina vaticana. Che fosse o meno l’intento della serie, a me frega cazzi porco dio; non potete farmi vedere 4 ore di una roba che sembra Stargate di Roberto Giacobbo.
VOTO: 3 Giacobbo
Titolo originale: Vatican Girl: The Disappearance of Emanuela Orlandi Scritto da: Aurelio Laino? Durata: 4 episodi da 1 ora
Poveri razzisti messi in croce per il loro essere esclusi dal discorso politico, ratti ladruncoli figli di una zoccola di dimensioni meloniane, alieni senza sensi che s’impossessano dei corpi altrui come fossero partecipanti ad un convegno di Confindustria, sgorbio di donna che dà ragione a chi non si fida delle racchie, demoni muse di artisti falliti, fratelli che hanno un’attrazione malsana per le sorelle e le seguirebbero in capo al mondo se solo gliela dessero, strafattoni si riuniscono per un sabba interstellare finendo molto ma molto male ed infine un pover’uomo che è tormentato dal fantasma della moglie viva ma che da quando è morta la figlia si è tramutata nel fantasma di sé stessa.
Un’antologia dell’orrore confezionata per Netflix da Guillermo Del Toro che non convince proprio; in parte per la predominanza di episodi concepiti male e sviluppati peggio (Lot 39, Pickman’s Model e Dreams in the Witch House su tutti) e in parte perché manca proprio l’elemento di curiosità da risvegliare nello spettatore che di questi tempi, a meno che non sia un cerebroleso, ha bisogno di ben altro per venir destato dal torpore immaginifico nel quale si ritrova sommerso fino alla bocca di ciavatta che si ritrova.
Eccezione alla mia veemente critica la fanno gli ultimi due episodi; veri e propri gioielli da che da soli valgono il prezzo del biglietto:
The Viewing è un concentrato di stile (un po’ forzato, ma indubbiamente azzeccato) ed ironia che non vedevo da tempo; non si prende sul serio ma non per questo rinuncia a volerti mettere paura e, anche se non è originalissimo, né per trama e né per splatterate, mena il can per l’aia che è una bellezza.
The Murmuring è un gran classico, quasi seicentesco col fantasma che non trova pace, eppure risulta fresco come un paio di calzini di minorenne appena usciti di lavatrice. La semplice ricerca di un’uscita dal limbo emotivo nel quale è caduta la donna protagonista non è nient’altro che l’immagine simmetrica della ricerca di pace dei fantasmi che la perseguitano, con il marito ad essere il vero ed unico veramente in balia di fenomeni oltre l’umana rassegnazione.
Quindi: Saltate tutta la serie e concentratevi su questi due.
VOTO: 2 paia di calzini
Titolo esteso: Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities Regia: Guillermo Navarro, Vincenzo Natali, David Prior, Ana Lily Amirpour, Keith Thomas, Catherine Hardwicke, Panos Cosmatos, Jennifer Kent Durata: 8 episodi da 1 ora
La famiglia Brannock merita la morte, ma purtroppo non è quello che riceve.
In compenso questi 4 scalmanati rifugiati prezzolati vengono fatti uscire di capoccia da una serie di misteriosi eventi che tendono a spingerli a vendere in fretta e furia la casa da sogno da 3 milioni di dollari che hanno appena comprato senza neanche fare un’ispezione alle tubature che uno dice vabbé, ma allora sei un coglione e te lo meriti che ti spediscono le lettere anonime dove ti descrivono minuziosamente quanto sei stronzo e, quindi, come non ti meriti la tua bella casa.
Fetente, piagni e fotti.
Mini serie che non si sa bene il perché ha riscosso un più che tiepido successo, probabilmente dovuto ad un generale fenomeno di rinconglionimento, e che invece di tiepido ha a malapena la fica della figlia minorenne mentre quella di Naomi Watts si attesta sui buoni 44-45 gradi che quando è novembre e fuori fa freddo può scaldarti per benino col suo umore.
Non v’interessa la fregna della 52enne Naomi e volete sapere di più sul telefilm in questione? Feroci.
VOTO: 3 feroci
Titolo brasiliano: Bem-Vindos à Vizinhança Creatori: Ryan Murphye Ian Brennan Durata: 7 episodi da 47 minuti
Amber è una trentenne gattara con un decentissimo paio di tette sode che da quasi 10 anni lavora in un ristorante di una famosa catena finto-italiana ai cui tavoli viene servita la famosa pasta Alfredo.
Selezionata per un viaggio premio aziendale nel bel paese da effettuare seduta stante, Amber quasi si piscia sotto dalla contentezza d’evadere da un’esistenza di falsi sorrisi ed incroci su strade americane desolate.
Purtroppo per lei questa spedizione punitiva in terra italica si rivelerà essere un incubo da cui sarà difficile svegliarsi, a meno di fare pace col proprio difficile passato e mettersi in marcia con le proprie forze verso il sol dell’avvenire.
Divertentissima commedia solo apparentemente dedicata ad un pubblico femminile ed invece godibilissima da chiunque.
Ottima scrittura, simpaticissime interpretazioni (caricaturali, ma in puro stile americano) ed un buon ritmo che tira via per i viottoli ciottolosi l’intrigante filo narrativo sono gli elementi un film che cazzo madonna fa il suo stratacazzo di dovere.
Slava Pasta Alfredo!
VOTO: 4 pasta alfredo
Titolo russo: Кружи меня Regia: Jeff Baena Durata: 1 ora e 44 minuti
Ilonka, cancro alla tiroide; Kevin, leucemia terminale; Anya, cancro alle ossa; Sandra, linfoma terminale; Spencer, AIDS; Cheri, menzoniera; Natsuki, cancro alle ovaie; Amesh, glioblastoma.
Questa deprimente squadra di calcetto di simpatiche canaglie è l’insolito quanto detestabile gruppo di adolescenti con cui siete destinati a convivere questi 10 episodi trilleroni conditi da una salsa densissima di drammi adolescenziali e interpretati come fossimo in un teatro avanguardista cagliaritano.
Fantasmi affamati, antiche divinità, misteriosi culti pagani, sacrifici umani e un ascensore perennemente occupato come quando la mattina devi andare a lavoro sono l’altra metà della mela bacata chiamata The Midnight Club.
Adattamento semi-libero del libro omonimo di Christopher Pike, autore per ragazzi che ci fa rimpiangere i tempi in cui i ragazzi li mandavamo a fare la campagna di Russia facendoli diventare ghiaccioli seminati in lande sconsolate e lontane per farci drizzare il cazzo a noi patrioti con la patria altrui.
Se non fosse per il reddito di cittadinanza, prima piaga sociale di questo paese altrimenti felice e florido, non avremmo avuto questa mini serie dal sapore rancido di vomito riscaldato che non ha nulla a che vedere con Midnight Mass, che invece è un ottimo intrattenimento, senza pretese.
Visto e presto dimenticato.
VOTO: 2 antiche divinità e mezzo
Titolo ebbbreo: מועדון חצות Creatori: Mike Flanagan, Leah Fong Durata: 10 episodi da 50 minuti
Dylan Dog è uno spocchioso universitario romano che (con)vive una relazione platonica con uno spilungone vestito alla zuava e che allo stesso tempo trova il tempo per infilare il suo sottile pene coperto da un astuccio di pelle di foca dentro le fiche di donnette con la sindrome del paparino che lo vedi papà? mi scopo i peggio stronzi! E’ tutta colpa tua! Non mi hai mai amata!
Qui Dylan, dopo essersi pulito il glande dalla stomachevole saliva di Groucho, prende in mano il cazzo caso di Adele e del fantasma di Beatrice Cenci, quindicenne assassina del “padre orco” e per questo morta decapitata nel sedicesimo secolo per mano del Papa Re.
Giovane operazione crowdfunding per la giovane regia del giovane Claudio Di Biagio (Freaks) e la giovane sceneggiatura del (non)giovane Luca Vecchi (The Pills) ed tenero omaggio al famoso indagatore dell’incubo londinese che però è più italo-patriota di Ignazio Benito La Russa.
Virtuosa la regia (forse anche un po’ troppo, come se volesse strafare in alcuni punti per mostrare che papà lo vedi sono regista e tu non ci hai mai creduto) e soltanto buona la sceneggiatura, perché fatica a srotolarsi lungo i 50 minuti scarsi di durata dando l’impressione che Luca Vecchi sia bravo nella situazione (spesso comica) e molto meno nella costruzione ponderata e (forse) anche più adulta.
Ciononostante il mediometraggio è bellino e sicuramente è un grandissimo omaggio ad uno dei fumetti italiani più famosi ed importanti della storia.
VOTO: 3 patrioti col braccio teso
Titolo inglese: Dylan Dog – Victim of Circumstances Regia: Claudio Di Biagio Durata: 51 minuti
Una famiglia di teste di minchia, sia i genitori che i figli, vogliono passare l’ultima vacanza assieme prima del divorzio dei due stronzi più grandi e scelgono un ricco resort su un’isola tropicale sfruttando un coupon della farmacia di 10 euro.
Questa cifra, del tutto ragguardevole e consona all’anima de li mortacci tua, sarà la loro rovina perché si ritroveranno assieme ad altri malcapitati turisti su una spiaggetta tanto incantevole quanto maledetta che li farà invecchiare più o meno alla velocità con cui ti alzerai dal divano per pronunziare una bella bestemmia in aramaico.
L’insostenibile leggerezza dell’essere multiforme chiamato gesucristo non riesce minimamente a farmi comprendere il motivo di un film che, partendo da un’idea buona (ma che non è frutto del “genio” di Manoj, bensì di una grafic novel zozzetta secondo i puritani americani), finisce per approdare sul lido di Venezia durante lo scarico delle acque reflue di 20 navi da crociera.
Loro scaricano e tu bevi e ribevi la merda di migliaia di liberali che si sono liberati dei loro scarti organici in bocca tua. Bravo proletario, bravo così che un giorno anche tu potrai scalare la scala mobile sociale… solo che la scala l’hai presa al contrario e sempre al tuo posto di proletario rimarrai.
Film bambinesco e finale-stoccata alle multinazionali che fa ride stocazzo per le incongruenze narrative e il semplicismo spiccio con cui (non) è stata costruita la storia.
VOTO: 2 navi da crociera e mezza
Titolo alternativo: Decrepit Regia: M. Night Shyamalan Durata: 1 ora e 48 minuti Compralo: https://amzn.to/3cgn0tW
In una cittadina fredda e desolata, tutto gira attorno alla grande industria Lumon; una misteriosa azienda fondata da un visionario d’altri tempi con manie da leader settariano, un’azienda che ad oggi nessuno sa esattamente cosa faccia.
E come mai nessuno sa cosa c’è dietro le grandi pareti specchiate della Lumon? Semplice, perché chi ci lavora ha ricevuto un microchip nel cervello che permette la scissione della coscienza lavorativa da quella privata; in altre parole: quando un impiegato si trova fuori dal luogo di lavoro, tutto scorre normalmente, ma quando lo stesso entra dentro l’ascensore che lo porta al suo ufficio, ecco che la mente subisce un rapido cambio e una differente coscienza prende il controllo, tutti i ricordi del suo passato e del suo presente al di fuori del luogo di lavoro sono cancellati e il poveraccio in questione può interagire mnemonicamente solo con quello che gli viene proposto giorno dopo giorno dal datore di lavoro.
In pratica viene creato un corpo con due persone all’interno che si danno il cambio per quelle 8 ore al giorno, inconsapevoli di quello che capita all’altro, ma soprattutto inconsapevoli delle emozioni e le paure e le felicità e i dubbi che passano nell’altra metà della testa.
Siamo di fronte al paradiso del padrone liberale.
Interessantissima serie psicologica sull’eterna questione di cosa siamo, dove andiamo, cosa ci facciamo a questo mondo e perché nel 21 secolo siamo costretti a lavorare quasi tutto il giorno per far ingrassare quei porci liberali il cui “merito” è detenere il possesso dei mezzi di produzione.
Non fanno un cazzo, si lamentano del nulla e vorrebbero i poveri sempre più poveri per essere loro sempre più ricchi, nonostante non ne abbiano assolutamente bisogno. Vivono chiaramente un disagio psichiatrico purtroppo ignorato dalla società, anzi spesso incoraggiato. Ma d’altra parte che ci si può aspettare dalla società malata che loro stessi hanno in gran parte creato?
Una società ingiusta, sbilanciata a favore di pochi, non curante dei bisogni del prossimo, sociopatica e tronfia della propria inclinazione criminale. Te lo infilano nel culo e mentre lo fanno ti prendono a calci sulla nuca. E tu zitto, sennò ti licenziano e poi come le paghi le bollette? Come sfami quella puttana di tua figlia? Come le compri le arance da portare a tuo fratello che scippa le vecchiette fuori dalle poste?
Ma sì, la scissione mentale della tua coscienza di classe è la miglior cura all’alienazione della classe proletaria che oggi non c’ha manca i figli per quanto s’è ridotta male.
Ovviamente la maggior parte della critica si soffermerà su ben altro parlando di Severance. E questo perché sono dei cani bastardi troppo abituati a leccare la mano del padrone sperando nell’osso da rosicchiare gettato sotto al tavolo.
A cuccia.
VOTO: 4 cucce
Titolo originale: Severance Creatore: Dan Erickson Durata: 9 episodi da 40 minuti
Una ragazza pubescente si rigira tutta sudata nel letto, angosciata com’è da una serie di sogni morbosi al cui centro gira ovviamente la paura del cazzo.
Nonne che raccontano storie, pentoloni in cui gettare teste mozzate, donne bel culo, nobiluomini col monociglio, ragazzi sdentati ma con la lingua facile, genitori che scopano davanti ai figli… e poi lupi, tanti ma tanti lupi.
Questo ed altro racchiude uno dei film che da piccolo mi piaceva molto vedere, non capendo tutta la carica di sesso e morte che si portava appresso.
Costruito come storia nella storia di una storia che non c’è, In compagnia dei lupi è un’opera di difficile categorizzazione perché non è propriamente un film dell’orrore, ma non è neanche un classico dramma.
Sviluppato come viaggio onirico di una ragazza che scopre la sua sessualità e come fare a gomitate in un mondo dominato dai maschi, The Company of the Wolves è anche un grido di libertà dalle flaccide catene perbeniste della società liberal-borghese, esemplare in questo la risoluzione dell’ultima storia che fa eco ai viaggi ribelli della figlia di Carlo Calenda.
Girato come fosse una piece teatrale senza pubblico, questa pellicola è infine una moneta a due facce: interessantissima e molto noiosa. E quindi va vista col giusto animo.
VOTO: 3 monete
Titolo originale: The Company of the wolves Regia: Neil Jordan Durata: 1 ora e 35 minuti Compralo: https://amzn.to/3w87J5d
Seconda stagione per l’investigatore belga e 5 centimetri in più di girovita sul trippone di Poirot. Che Francia Spagna, purché se magna. Srotoliamo la top 3!
Episodio 4 – The Cornish Mystery
Una signora di provincia viene a Londra per chiedere aiuto al dottor professor grantesticazz Hercule Poirot. Il sospetto è che il marito la stia avvelenando con l’erbicida nella zuppa e lei, incapace di rifiutare un pasto caldo quando le viene presentato sotto il naso, tenta la carta belga per tirarsi fuori d’impaccio dal pasticcio della zuppa avvelenata. Poirot non la salva e passa l’intero episodio ubriaco al bar del villaggio imprecando contro un dio minore.
Episodio 5 – The Disappearance of Mr. Davenheim
Un ricco banchiere di nome Mario Draghi esce di casa e non torna più. La moglie è preoccupatissima, ma Carlo Calenda è ancora più preoccupato e ingaggia Poirot per investigare sul mistero e l’investigatore col baffo da pervertito tenterà di risolvere il caso senza lasciar il suo appartamento, indaffarato com’è nel prendersi cura del pappagallo di un amico… e ci siamo capiti.
Episodio 8 – The Kidnapped Prime Minister
Il primo ministro inglese viene misteriosamente rapito e il Regno Unito sarà preda dell’isteria collettiva se quest’uomo di merda non verrà ritrovato prima che venga costretto a fottere un maiale in diretta televisiva. Poirot, non sapendo che pesci prendere, grida “Erin go bragh” e fa venire copiosamente nei pantaloni Arturo Hastings.
Titolo originale: Agatha Christie’s Poirot Adattatore: Clive Exton Stagione: seconda Durata: 9 episodi da 50 minuti Compralo: https://amzn.to/3Qi5ggB