Un sottomarino che non si fa mai i cazzi suoi finisce dritto dritto dentro un iceberg contenente Godzilla ibernato e lo risveglia facendolo incazzare come una bestia rettiliana alta 50 metri che sputa raggi atomici dalla bocca.
Nel frammentre, un drappello di fottuti liberal-capitalisti sbarca sull’isola dei cannibali dei cazzi mosci per rubare il loro dio, ovvero una bestia scimmiesca alta 45 metri che tira caraffe possenti sulla tua boccaccia di merda e riesce a potenziarsi enormemente quando entra in contatto con l’elettricità.
I due mostri, Godzilla e King Kong, si affronteranno a suon di caraffate sbocchine sul martoriato suolo nipponico fino a quando uno dei due ammetterà la sua impotenza di fronte all’imperatore giapponese.
Film cross-over tra due famosi universi mostruosi e pellicola di merda.
Vedere due uomini travestiti darsi spintoni all’interno di miniature dettagliate per simulare morte e distruzione può anche essere divertente, ma ci deve essere una narrazione coinvolgente a supporto… e purtroppo qui è assente.
Qualche idea serpeggia, tipo l’idiozia dei magnati dell’industria che pensano di controbattere le pubblicità di Godzilla portando a casa un mostro spaventoso rubato ad una popolazione a cui regalano specchietti e sigarette, ma sono troppo poche e diluite in un mare d’inconsapevole arretratezza culturale pregna di patriarcato, razzismo, diseducazione emotiva e tua madre travestita da pirata.
Molto famoso per la storia dei due finale divergenti, americano e giapponese, cosa totalmente falsa, e molto odiato dal sottoscritto, cosa totalmente vera.
VOTO: 2 caraffe e mezza
Titolo originale: キングコング対ゴジラ Kingu Kongu tai Gojira Regia: Ishirō Honda Durata: 1 ora e 37 minuti Compralo: https://amzn.to/480JgPG
Sono passati 10 anni dalla minaccia fantasma del menarca notturno e quelle tettine imberbi di Natalie Portman si sono trasformate in tettine imberbi di stronza sionista; quel tipo di gentaglia estremista e terrorista che verrà ricordata con lo stesso disprezzo col quale oggi ricordiamo i fottuti fascisti che sono stati vostri nonni.
E in questi 10 anni la Repubblica galattica, inverecondo obbrobrio di federazione rappresentativa di stampo non certo democratico visto che molti pianeti appartenenti non hanno un ordinamento democratico, ovvero a comandare non sono le persone ma una fottuta oligarchia di pochi (auto) eletti che un giorno noi veri democratici verremo a prendere per i soliti capelli per poi trascinarli nelle solite piazze delle nostre città dove li squarteremo, li pisceremo e li sputeremo con somma rabbia e splendido furore, in questi 10 anni dicevo che la Repubblica galattica è caduta in disgrazia e continua a perdere pezzi come non ci fosse un domani.
I separatisti, guidati dal Conte Dooku, vogliono fare la loro alleanza di strunzarielli visto lo stato moribondo in cui versa la Repubblica galattica, ma vengono bersagliati di pernacchi e accuse infamanti dai nostalgici del ventennio mentre i nostri protagonisti, tipo quel covo di messianici di Jedi, già cominciano a riposizionarsi in vista del futuro cambio di regime che cova nell’angolo.
Anakin, fregandosene della destra e della sinistra, tenta in tutti i modi di penetrare Padme e incredibilmente ci riesce lanciando, vivo di speranza, il suo seme dentro la di lei vagina al culmine di un turbine di corteggiamenti al lume di candela e rotolamenti nell’erba.
L’avanzata del futuro imperatore Palpatine procede a gonfie vele e il premierato forte, tanto sognato dai nostri fascisti italici come quell’Italo Bocchino che nomen omen, già fa ben sperare per la prossima caduta del nostro ordinamento costituito che si regge sulla famosa spartizione dei poteri in Legislativo, Esecutivo e Giudiziario.
E a noi ci fotte il cazzo della frammentarietà del potere, a noi ci viene voglia di dittatura perché lo sanno tutti che una persona sola al comando funziona meglio: avete mai visto una famiglia funzionale nella quale madre e padre abbiano la stessa importanza? No, ovviamente; perché le cose vanno a rotoli quando si cerca di elevare la donna al ruolo che nostro signore gesù cristo in croce, figlio di quella puttana lurida della madonna troia, ha relegato in cucina, tra il forno a microonde e i piatti da lavare.
E L’attacco dei cloni parla proprio di questo: di come le donne vadano chiuse nel profondo delle case dalle quali possono uscire unicamente per fare la spesa e andare dall’estetista.
Troie ingrate.
VOTO: 3 troie ingrate
Titolo originale: Star Wars: Episode II – Attack of the Clones Regia: George Lucas Durata: 2 ore e 22 minuti Compralo: https://amzn.to/3sjGUw0
Serie antologica di episodi scollegati con la caratteristica di rivoluzionare la loro narrazione tossica attorno al perno fallico del fantastico e dell’incredibile.
Ora, cosa uno intenda per fantastico e incredibile è il vero mistero della serie; perché le storie dalla loro hanno poca ciccia sotto il cofano e quando c’è poca ciccia le fiche umettate delle spettatrici non verranno saziate dai salsicciotti degli spettatori. Quindi, una serie per famiglie con bambini.
Un ragazzo viene visitato nella notte da un meteorite che sconquassa camera sua e lo lascia con un piccolo problemino magnetico, ovvero comincia ad attirare oggetti metallici con forza sempre maggiore fino a quando non tirerà a sé la cosa che meno desiderava al mondo, la vagina.
Forse uno degli più riusciti perché riesce a fondere perfettamente l’elemento fantastico con la narrazione allegra di una storia per ragazzini.
Episodio 12 – “Vanessa”
Byron Sullivan è un pittore ottocentesco felicemente sposato con la bellissima Vanessa del titolo fino a quando la loro carrozza si cappotta e la giovane musa ispiratrice muore come una cagna di periferia gettando nella depressione più cupa l’artista, interpretato da Harvey Keitel non nudo.
Byron pensa che oramai la sua carriera artistica sia finita, ma invece scopre che la moglie può rivivere come fantasma corporeo nei luoghi dove lui l’ha dipinta… e ovviamente si affretta a dipingerla nel lettone matrimoniale.
Diretto da Clint Eastwood, questo è uno degli episodi più maturi e toccanti, nel quale il fantastico ha il sapore dei romanzi romantici ottocenteschi più che del popcorn da cinema americano.
Episodio 19 – “Lo specchio”
Uno scrittore di racconti de paura non ha paura di un cazzo, ma si trova spavaldo col suo uccello da 40enne flaccidone di fronte la terrificante consapevolezza che c’è un triste figuro incappottato alle sue spalle ogni volta che vede la sua immagine riflessa.
Diretto da Martin Scorsese, l’episodio è molto accattivante e riesce a tenerti sulle terga per la gran tensione di vedere Tim Robbins, che interpreta l’oscuro figuro incappottato, prendere il deretano del protagonista senza il suo consenso.
Murray Bernstein sembra inoffensivo, ma è accusato d’omicidio e il giovane avvocatucolo assegnato al caso, piuttosto che dormire sugli allori, comincia a sospettare che a compiere il delitto sia stato un parrucchino malvagio.
Strepitoso episodio da vedere assolutamente con un fantastico crescendo dell’assurdo da far invidia a tuo padre mentre cerca di chiavare tua madre. Ha probabilmente ispirato un episodio dei Simpsons molto molto simile.
Titolo originale: Amazing Stories Creatore: Steven Spielberg Stagione: prima Anno: 1985 Durata: 24 episodi da 25 minuti
Due amici per le palle vogliono fare gli YouTubers; ma siccome vivono in una cittadina americana del cazzo e il loro grado d’istruzione si ferma al 90 barrato, non hanno molte cose da dire se non mandare bevuti gli alcolizzati minorenni che spuppano illegalmente birra al negozio d’alimentari.
Spuppano.
A movimentare un po’ le visualizzazione arrivano fortunatamente gli alieni sporadici (nel senso che sono spore malefiche merdose) e tutto volgerà in tenebra quando il ministro Speranza ordinerà vaccinazioni di massa dei nostri bambini nel fienile di Bibbiano.
Ecco un’altra trasposizione cinematografica de L’invasione degli ultracorpi, novella del secolo scorso facilona e facilmente virabile a seconda del nostro credo politico, nella fattispecie qui siamo sui lidi anti-vaccinisti, ed è molto divertente.
Nel senso che il film non è molto divertente, ma le vostre facce prese a pugni pieni sono molto divertenti, almeno per me.
E parlateci di Bibbiano.
VOTO: 3 vaccini
Titolo di lavorazione: Replicate Regia: John Murlowski Durata: 1 ora e 33 minuti
Ed eccola qui, la serie zombie ispirata al famoso videogioco Capcom che tanti e tanti anni fa uscì per la Playstation e che io ancora non ho finito dio bono.
Alla sua uscita penso che nessuno ci avrebbe scommesso 10 lire visto l’andamento deludente dei film tratti dai videogiochi, eppure questa volta è andata bene e Paul W. S. Anderson non solo è riuscito a portare a casa risultato monetario dopo risultato monetario, ma si è pure imbertato quella fica di Milla Jovovich.
Resident Evil (2002)
Sotto Racoon city c’è un enorme laboratorio della Umbrella corporation, multinazionale senza scrupoli che lavora nella ricerca militare e medica, che va completamente fuori controllo per la fuga non accidentale del T-virus, un agente curativo-potenziante con il piccolo effetto collaterale di trasformarti in zombie.
Un drappello di sfigati con la mimetica accompagnati dalla fica di turno dovranno calarsi dentro e disattivare il super computer che governa l’impianto per un motivo che in realtà non viene mai spiegato bene e che rappresenta il primo di una serie infinita di buchi di sceneggiatura.
Resident Evil: Apocalypse (2004)
L’Umbrella Corporation non ha ancora capito che cazzo sia successo nel laboratorio segreto quando riesce pure a far uscire il virus contaminando Racoon City.
A quel punto, come se fossimo in un sogno bagnato liberale e non esistessero entità governative, questa compagnia privata chiude la città con un muro e guardie armate mentre pensa come sistemare il problemino da loro causato e la soluzione è: liberare la creatura Nemesis, per aggiungere casino a casotto.
Resident Evil Extinction (2008)
A causa del T-virus, la Terra è diventata una landa desolata come in Ken il guerriero, anche se non si capisce bene il perché.
Gruppi armati rivoluzionari si aggirano per i deserti americani in cerca di acqua e benzina nonostante sia chiaro a tutti l’insensatezza della cosa e l’unica via di salvezza paia essere la fuga in Alaska che, al pari della fuga alle Canarie di tanti nostri connazionali, rappresenta l’Eldorado di chi cerca sorbetti tailandesi.
Corvi zombie e cloni della bella Alice saranno il piatto forte di questa merda.
Resident Evil: Afterlife (2010)
Alice e il suo esercito di cloni irrompe nel quartiere generale giapponese della Umbrella e ammazza tutto e tutti a suon di calci in bocca rotanti, ma Albert Wesker controlla ordigno fine di mondo e kabum ciao ciao cloni non ci sono soldi per tenervi in scena fino alla fine del film.
A questo punto si passa alla classica location a basso costo e buon effetto scenografico, la prigione assediata da zombie, e nessuno si deve permettere di rompere il cazzo ad Alice altrimenti lei parte di calcio in bocca rotante e ciao ciao incisivi superiori.
Girato in 3d, ma nessuno se n’è accorto perché vale sempre la regola secondo cui: un film 3d ha senso solo se viene terzo nella serie e si chiama “titolo + 3d”.
Resident Evil: Retribution (2012)
Qui siamo su vette di follia allucinogena alte con Alice che vagheggia dentro una struttura enorme e sepolta nell’estremo nord della Russia dove la Umbrella mette in scena lo spandersi del T-virus in differenti ambienti (urbano, campagnolo, metropolitano) per convincere le varie super potenze mondiali a pagare belle mancette per accaparrarsi l’arma batteriologica del terzo millennio.
Ci sono anche molti cloni che vengono sacrificati per questa giusta causa, ma proprio a manella che uno dice dai basta non è possibile sopportare questo bagno di sangue ma Mattarella sta lì che beve direttamente dalle vene di docili minorenni che hanno un piede dall’altra parte, sfoggiando lui un durello di proporzioni miserrime. Un durello che però non viene disdegnato da quel deficiente di Lollobrigida che lo succhia avidamente mentre tenta invano di masturbarsi con un moncherino di soldato vietnamita. Buona idea.
Finale alla Truffaut con i personaggi che si domandano il senso della vita mentre fumano sigarette arrotolate alla Casa Bianca.
Resident Evil: The Final Chapter (2016)
La resa dei conti finale tra Alice, sosia di se stessa, e la Umbrella Corporation, multinazionale senza scrupoli che in una società di stampo socialista non potrebbe mai esistere e invece eccoci qui a dover fare i conti con l’apocalisse zombie.
Grazie Calenda!
Durante le riprese di questo film la controfigura di Milla si è fracassata con la motocicletta contro la gru dell’operatore spaccandosi la faccia e finendo con braccio amputato e colonna vertebrale contorta mentre un altro lavoratore si è irrevocabilmente assottigliato come una sogliola sotto il peso di una macchina Hammer. Ovviamente la produzione non aveva assicurazione per questo tipo d’incidenti, visto che tutta la serie è girata in paesi del secondo mondo dove le tutele per i lavoratori sono spesso inesistenti.
Grazie Calenda!
VOTO: 2 Truffaut e mezzo
Titolo giapponese: バイオハザード:ザ・ファイナル Regia: Paul W.S. Anderson Durata: 1 ora e 47 minuti Compralo: https://amzn.to/3QW5U6l
Viene ritrovata una misteriosa barca alla deriva nel mar giapponese e quindi tutti si chiedono chi vincerà quest’anno il campionato.
Appurato che non si muove foglie che Dio non voglia, i dubbi sulla misteriosa barca alla deriva nel mar giapponese verranno fugati quando fuoco, fumo e onde giganti si presenteranno nella baia di Tokyo; un breve preludio a quello che sarà l’antagonista allucinato di questa pellicola: Godzilla, un mostro mutante alto 50 metri che sputa fuoco ed emette potentissimi raggi fotonici dalle creste.
A separare questa gigantesca catastrofe dalla popolazione civile ci penserà maldestramente l’apparato burocratico ed ipervertista del paese del sol levante nonché le forze di autodifesa che mitraglieranno la pelle corazzata del mostro con proiettili piccolissimi, forse sperando in una perforazione ad iniezione.
Alla fine fortunatamente a salvare baracca e burattini ci penseranno i puntualissimi treni sparati a manetta contro la belva feroce.
Reboot del famoso primo capitolo della saga del kaiju più famoso della storia che ammoderna le paure giapponesi con l’accostamento al disastro di Fukushima e agli tsunami, senza però tralasciare l’accenno critico alla bomba atomica (genitrice del Godzilla originale) .
Allora, parliamoci chiaro: il film è piuttosto noioso e fa un uso spaventoso di location e personaggi lasciando lo spettatore sempre più frastornato ed impigrito ad ogni minuto che passa.
L’intento è chiaro fosse quello di criticare il verticismo nipponico e la conseguente ingessatura di fronte ai disastri naturali, la lentezza e l’indecisione della risposta da dare per evitare il più possibile le morti tra i civili, e quindi le apparizioni del mostro ed i suoi combattimenti in città sono centellinati mentre interminabili sono le riunioni di gabinetto e le conferenze di qualunque ente pubblico coinvolto nelle operazioni, dal consiglio dei ministri al gruppo di ricerca biologico passando per tutti i capostazioni della prefettura. Però dio caro, ci sono talmente tanti dibattiti che volevo tagliami le vene.
Per vostra fortuna alla fine ho desistito e rimandato ad un momento migliore.
VOTO: 2 treni e mezzo
Titolo originale: シン・ゴジラ Shin Gojira Regia: Hideaki Anno, Shinji Higuchi Durata: 2 ore Compralo: https://amzn.to/459eova
Un giornalista si trova all’aeroporto perché deve intervistare un famoso scienziato in arrivo da casa di tua madre, e invece si ritrova un’orda di vampiri zombie mutanti bevisangue che zompa fuori dalla fusoliera di un aereo militare e comincia a farsi strada a suon di cazzotti e corse pazze per la pista d’atterraggio.
Dapprima confuso e successivamente eccitato, Dean Miller, il giornalista di cui sopra, tenta in tutte le maniere di trovare un anfratto, un giardino isolato, un pertugio nel muro dove poter finalmente spararsi una sonora pippa col riporto e dare così una calmata ai suoi bollenti spiriti maneschi che vorrebbero mettere a ferro e fuoco mezza Europa.
Sentito odore di sperma e violenza, interviene sulla scena Joe Biden che con balzo felino corre verso la finestra, che per il caldo era stata lasciata socchiusa, e si lancia nel vuoto.
Un filmerda perché è confusionario, è soporifero, è recitato da cani, è finanziato con un chilo bruscolini e chi più ne ha più ne metta.
E di questo dobbiamo ringraziare Umberto Lenzi, prolifico regista che ha sfornato ben 66 pellicole (una all’anno), per averci regalato questo pacchetto di sterco fumante dopo la vincente serie di polizieschi anni ’70 tipo Milano odia: la polizia non può sparare, Roma a mano armata e Napoli violenta e il fruttuoso sodalizio con Thomas Milian col quale inventò il celebre Er Monnezza. Qui invece Lenzi s’imbarca sul genere horror tentando una sua versione della fortunata carriera di Dario Argento, senza però possederne talento e fronte padana.
E io mi danno l’anima perché il regista ha sempre detto d’essere anarchico… e allora perché hai voluto impormi questa merda di stronzata? Perché Lenzi? Perché?
VOTO: 1 fronte e mezza
Titolo inglese: Nightmare City Regia: Umberto Lenzi Durata: 1 ora e 32 minuti Compralo: https://amzn.to/47y26xX
Khoma Brutus è un seminarista che, assieme a due compagni di corso, s’imbatte in una strega arrapata che se lo cavalca come una pazza per mezza Ucraina fino a quando Brutus la prende a legnate in testa e lei stesa a terra che implora pietà ahia ahia.
Siccome però le sciagure non vengono mai sole, appena tornato al convento Khoma è inviato a vegliare e pregare per 3 notti la figlia morta di un signorotto locale e, sorpresa delle sorprese, la figlia è la strega di cui sopra, stirata per le percosse ricevute dal nostro buon seminarista.
Lui ovviamente non dice un cazzo a nessuno e in un crescendo rossiniano di magia nera e temibili mostri molto vintage, Khoma Brutus ballerà ubriaco al suo stesso funerale.
Film sovietico tratto dall’omonimo racconto di Nikolai Gogol e caleidoscopico film dell’orrore che passò il vaglio statale dell’epoca solo grazie alla sua natura di favola folcloristica.
Pieno di azzeccate soluzioni visive e permeato di un irriverente stile orientale, Viy è certamente ostico per chi non abbia un minimo di pazienza e piacere per l’arte cinematografica, ma se si ha voglia di andare oltre l’ovvio ci saranno scene memorabili e il fantastico mostro tenerone che dà il titolo all’opera.
VOTO: 3 teneroni e mezzo
Titolo originale: Viy – Вий Regia: Konstantin Ershov, Georgiy Kropachyov, Aleksandr Ptushko Durata: 1 ora e 17 minuti Compralo: https://amzn.to/3qOglOk
Un padre tutto prono a succhiare il cazzo del liberismo capitalista non si rende conto che sua figlia comincerà ben presto ad odiarlo talmente tanto da desiderare più di ogni altra cosa al mondo che essere pisciata in faccia da un gruppo di figli di papà prima d’essere brutalmente stuprata a ripetizione senza il minimo briciolo d’amore. Quell’amore che lei tanto desiderava dal padre prono a succhiare il cazzo del liberismo capitalista.
E no, non stiamo parlando di casa Calenda, ma dell’invasione zombie in Corea del sud che coglie di sorpresa i nostri protagonisti mentre sono in treno da Seul a Busan, senza scalo ad Orte e senza noccioline.
Sangue, spaventi, urla, tradimenti, pentimenti, sacrifici, dentifrici e molto, ma molto rimpianto di queste due ore della vita mia.
NCS ragazzi. Non Ci Siamo.
Nonostante una buona realizzazione tecnica ed alcune simpatiche trovate, tipo il plotone di soldati zombie alla stazione Daejeon che sburrano panna montata quando odono qualcuno pronunciare “carmelitane scalze”, la sensazione è di aver già visto tutto e tutti, perlomeno per chi ha effettivamente già visto qualsiasi altro film zombie.
Chi invece è appena sceso sul pianeta Terra e non ha idea di cosa sia un morto vivente, allora forse questo film riassumerà bene qualche decennio di narrativa al riguardo.
VOTO 2 figlie di Calenda e mezza
Titolo originale: Busanhaeng Regia: Yeon Sang-ho. Durata: 118 minuti Compralo:https://amzn.to/3nqJVIi
Poveri razzisti messi in croce per il loro essere esclusi dal discorso politico, ratti ladruncoli figli di una zoccola di dimensioni meloniane, alieni senza sensi che s’impossessano dei corpi altrui come fossero partecipanti ad un convegno di Confindustria, sgorbio di donna che dà ragione a chi non si fida delle racchie, demoni muse di artisti falliti, fratelli che hanno un’attrazione malsana per le sorelle e le seguirebbero in capo al mondo se solo gliela dessero, strafattoni si riuniscono per un sabba interstellare finendo molto ma molto male ed infine un pover’uomo che è tormentato dal fantasma della moglie viva ma che da quando è morta la figlia si è tramutata nel fantasma di sé stessa.
Un’antologia dell’orrore confezionata per Netflix da Guillermo Del Toro che non convince proprio; in parte per la predominanza di episodi concepiti male e sviluppati peggio (Lot 39, Pickman’s Model e Dreams in the Witch House su tutti) e in parte perché manca proprio l’elemento di curiosità da risvegliare nello spettatore che di questi tempi, a meno che non sia un cerebroleso, ha bisogno di ben altro per venir destato dal torpore immaginifico nel quale si ritrova sommerso fino alla bocca di ciavatta che si ritrova.
Eccezione alla mia veemente critica la fanno gli ultimi due episodi; veri e propri gioielli da che da soli valgono il prezzo del biglietto:
The Viewing è un concentrato di stile (un po’ forzato, ma indubbiamente azzeccato) ed ironia che non vedevo da tempo; non si prende sul serio ma non per questo rinuncia a volerti mettere paura e, anche se non è originalissimo, né per trama e né per splatterate, mena il can per l’aia che è una bellezza.
The Murmuring è un gran classico, quasi seicentesco col fantasma che non trova pace, eppure risulta fresco come un paio di calzini di minorenne appena usciti di lavatrice. La semplice ricerca di un’uscita dal limbo emotivo nel quale è caduta la donna protagonista non è nient’altro che l’immagine simmetrica della ricerca di pace dei fantasmi che la perseguitano, con il marito ad essere il vero ed unico veramente in balia di fenomeni oltre l’umana rassegnazione.
Quindi: Saltate tutta la serie e concentratevi su questi due.
VOTO: 2 paia di calzini
Titolo esteso: Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities Regia: Guillermo Navarro, Vincenzo Natali, David Prior, Ana Lily Amirpour, Keith Thomas, Catherine Hardwicke, Panos Cosmatos, Jennifer Kent Durata: 8 episodi da 1 ora
Ho detto camminano? Scusate, intendevo rompono il cazzo e chiunque e la qualunque senza che si riesca a porre rimedio a questo casino della madonna che tipo uno va al drive-in e si ritrova mangiato da un tirannosauro rex sbocconcellato come fosse un sacchetto di popcorn e buonanotte al secchio.
E però c’è Owen, il domatore di dinosauri che su wikipedia è meravigliosamente descritto come uno che di lavoro fa l’attaccabrighe e spero che la cosa non venga mai corretta. Owen che col suo sorriso tenerone ed il cazzo che è un abbacchio saprà farsi valere contro cattivissimi dinosauri e capitalisti liberali con la sola imposizione delle mani.
Film conclusivo di una trilogia che non aveva molto senso di esistere, ma è andata così e ora ce la teniamo.
Ritorno per i vecchi attori del primo capitolo che arrancano malamente sulle grucce con le quali si sono trascinati dalla loro casa di riposo e stretta di mano puzzona con quelli nuovi che anche loro si avviano alla terza età; aggiungeteci scene senza senso tipo quella del laser che ti condanna a morte che se hai visto il film hai capito a che cazzo mi riferisco e sbrindellateci in cima una sana dose di cancro alle ovaie che non fa mai male ed eccolo là: avrete un prodotto che definirlo nauseabondo è praticamente un complimento.
Porco dio (è un po’ che quel cane non faceva capolino da queste parti).
VOTO: 2 cani
Titolo originale: Jurassic World Dominion Regia: Colin Trevorrow Durata: 161 minuti (versione estesa) Compralo: https://amzn.to/3UCjRFM
Una ragazza pubescente si rigira tutta sudata nel letto, angosciata com’è da una serie di sogni morbosi al cui centro gira ovviamente la paura del cazzo.
Nonne che raccontano storie, pentoloni in cui gettare teste mozzate, donne bel culo, nobiluomini col monociglio, ragazzi sdentati ma con la lingua facile, genitori che scopano davanti ai figli… e poi lupi, tanti ma tanti lupi.
Questo ed altro racchiude uno dei film che da piccolo mi piaceva molto vedere, non capendo tutta la carica di sesso e morte che si portava appresso.
Costruito come storia nella storia di una storia che non c’è, In compagnia dei lupi è un’opera di difficile categorizzazione perché non è propriamente un film dell’orrore, ma non è neanche un classico dramma.
Sviluppato come viaggio onirico di una ragazza che scopre la sua sessualità e come fare a gomitate in un mondo dominato dai maschi, The Company of the Wolves è anche un grido di libertà dalle flaccide catene perbeniste della società liberal-borghese, esemplare in questo la risoluzione dell’ultima storia che fa eco ai viaggi ribelli della figlia di Carlo Calenda.
Girato come fosse una piece teatrale senza pubblico, questa pellicola è infine una moneta a due facce: interessantissima e molto noiosa. E quindi va vista col giusto animo.
VOTO: 3 monete
Titolo originale: The Company of the wolves Regia: Neil Jordan Durata: 1 ora e 35 minuti Compralo: https://amzn.to/3w87J5d