Brutti, sporchi e cattivi (1976)

Roma negli anni ’70 era una città gonfia di miseria e menefreghismo e quel poco che la giunta di sinistra a guida comunista riuscì a fare durante i pochi anni al governo della città eterna sono stati solo una goccia nel mare del magna magna istituzionalizzato che Roma rappresenta da praticamente 2000 anni.

E in questo film, sulla collina Monte Ciocci, a pochissimi passi dal Vaticano, a mettere in scena tutto quel carico di dolorosi scappellotti in pieno volto, abbiamo una folta manata di personaggi così borgatari che siamo oltre il neorealismo e andiamo a sondare il terreno del ridicolo e della macchietta.

Tra questi, c’è l’immigrato terrone Giacinto e la sua numerosa famiglia di piedi neri i quali, tutti assieme come nella prigione a cielo aperto chiamata Gaza, vivono in una baracca di mattoni e lamiere condividendo giacigli e sofferenze come neanche durante la repressione guerrafondaia nazista del governo ucraino golpista contro i civili russofoni del Donbass.

Ma Giacinto ha un asso nella manica, un milione di lire, frutto di un premio assicurativo per aver perso un occhio a lavoro, che lui tiene stretto stretto come un buco di culo nelle docce di Rebibbia, mentre moglie, figli e nipoti sognano di fottergli le banconote per soddisfare i loro tanti e irrisolti desideri.

Molto astio.

Brutti, sporchi e cattivi (1976)

Pellicola romanissima e allo stesso tempo quasi un prodotto da esportazione, con tutto quel carico da dodici di personaggi oltre il pasoliniano (un colpo al cuore l’apparizione mariana di Ettore Garofolo, giovane di belle speranze in Mamma Roma e qui ridotto al ritratto di un tricheco col viso striminzito).

Indubbiamente da applausi il coraggio di Nino Manfredi nel ficcare piedi e mani negli acquitrini pisciosi della baraccopoli dove si svolge il film e anche nell’interpretare un personaggio così ripugnante come Giacinto Mazzatella, ma forse la pellicola vale più per la denuncia, purtroppo quasi sterile, fine a sé stessa, che per il valore prettamente filmico.

VOTO:
3 Ettore Garofolo e mezzo

Brutti, sporchi e cattivi (1976) voto

Titolo inglese: Ugly, Dirty and Bad
Regia: Ettore Scola
Durata: 1 ora e 55 minuti
Compralo: https://amzn.to/3T9Mx7e

Spin Me Round (2022)

Amber è una trentenne gattara con un decentissimo paio di tette sode che da quasi 10 anni lavora in un ristorante di una famosa catena finto-italiana ai cui tavoli viene servita la famosa pasta Alfredo.

Selezionata per un viaggio premio aziendale nel bel paese da effettuare seduta stante, Amber quasi si piscia sotto dalla contentezza d’evadere da un’esistenza di falsi sorrisi ed incroci su strade americane desolate.

Purtroppo per lei questa spedizione punitiva in terra italica si rivelerà essere un incubo da cui sarà difficile svegliarsi, a meno di fare pace col proprio difficile passato e mettersi in marcia con le proprie forze verso il sol dell’avvenire.

Spin Me Round (2022)

Divertentissima commedia solo apparentemente dedicata ad un pubblico femminile ed invece godibilissima da chiunque.

Ottima scrittura, simpaticissime interpretazioni (caricaturali, ma in puro stile americano) ed un buon ritmo che tira via per i viottoli ciottolosi l’intrigante filo narrativo sono gli elementi un film che cazzo madonna fa il suo stratacazzo di dovere.

Slava Pasta Alfredo!

VOTO:
4 pasta alfredo

Spin Me Round (2022) voto

Titolo russo: Кружи меня
Regia: Jeff Baena
Durata: 1 ora e 44 minuti

Night Stalker: caccia a un serial killer (2021)

Ricardo Leyva Muñoz Ramirez è stato un americano figlio d’immigrati messicani che si è distinto per la brutalità dei suoi crimini e la totale mancanza d’empatia verso le sue vittime.

Una dozzina d’omicidi, altrettanti tentati e un’abbondante spolverata di violenze sessuali contro donne, vecchie e bambine sono la lista della spesa per questo personaggio che nei favolosi anni ’80 californiani venne soprannominato “The Night Stalker”, il molestatore notturno, dagli avidi e spietati mezzi di comunicazione che, assetati di fluidi corporei come liceali del Mamiani di Roma, crearono l’ennesimo mostro da sbattere in prima vagina pagina.

Night Stalker: caccia a un serial killer (2021)

 

Serie televisiva banalotta e senza verve che tenta di spaventarti con gli efferati crimini di un poveraccio brutalizzato dalla vita al punto tale di sviluppare una personalità schizoide e allucinata.

Più volte associato al satanismo e stronzate simili per la sua bambinesca voglia di stupire con pentagrammi dipinti sulle mani, Richard Ramirez è stato piuttosto l’esempio perfetto di cosa costruisce una società ingiusta e violenta come quella americana: padre immigrato e alcolizzato, violenze domestiche, difficoltà economiche e cugino berretto verde dell’esercito americano che perpetrò impunemente crimini di guerra contro i poveri vietnamiti che al confronto i cosiddetti “crimini di Bucha” in Ucraina fanno ridere i polli.

Patetici i poliziotti incompetenti che non sono riusciti a fare un cazzo per 13 mesi fino a quando sono stati i cittadini di un quartiere povero di Los Angeles a prendere l’assassino.
Perché il popolo mai sarà sconfitto.

VOTO:
2 liceali del Mamiani assetati di fluidi corporei

Night Stalker: caccia a un serial killer (2021) voto

Titolo originale: Night Stalker: The Hunt For a Serial Killer
Regia: Tiller Russell e James Carroll
Durata: 4 episodi da 45 minuti

Pam & Tommy (2022)

Negli anni ’90 è successo che Pamela Anderson, famosa per aver interpretato la puppona bionda in Baywatch,  e Tommy Lee, famoso per avere un cazzo di dimensioni intimidatorie, fecero un filmino amatoriale molto zozzo che poi finì per vie misteriose nelle mani di milioni di persone sotto forma di VHS pirata.

Qui si racconta tutto quello che (forse) c’era prima, durante e dopo quest’evento pornografico; tra drammatizzazioni inevitabili e altre meno.

Pam & Tommy (2022)

8 episodi freschi freschi su un argomento zozzarello, ma che di zozzarello hanno ben poco, se tralasciamo qualche scorcio di zinne rifatte e un cazzo-grillo parlante.

Buono il ritmo e buone le interpretazioni, con Pamela e Tommy quasi identici agli originali, e un Seth Rogan che spicca per la proverbiale naturalezza con cui sfagiola le sue battute.

Tutto molto bello e tutto molto giusto, se non fosse che la serie subisce un radicale cambio di passo verso la merda quando dal terzo episodio in poi vengono messe alternativamente alla regia 3 donne.
Da quel momento in poi ogni episodio perde d’ironia, di vivacità intellettuale e vira completamente verso una pietosa quanto banalissima apologia del femminismo da quattro soldi, o per meglio dire falso-femminismo, tipico delle donnine perbene di buona famiglia che pensano d’essere tanto progressiste quando ti dicono che esiste il patriarcato e che gli uomini fanno schifo.

A cogliere le patate dovete finire, inutili bocchinare parioline.

VOTO:
3 inutili bocchinare parioline

Pam & Tommy (2022) voto

Titolo taiwanese: 潘與湯米 (Pān yǔ tāng mǐ)
Creatore: Robert Siegel
Durata: 8 episodi da 45 minuti

The Last Duel (2021)

Basato su una vicenda realmente accaduta, questo film si svolge durante la guerra dei cent’anni, proprio mentre Gatsu squartava mostruosi apostoli sadici come figli di mignotta, e narra le vicende di Matt Damon che duella in singolar tenzone Adam Driver per una questione di fama, soldi, potere e donne.

Qui ci troviamo di fronte a tre versioni delle stesse vicende, intercorse lungo circa un quinquennio, e tre racconti simili eppure differenti in molto.
I fatti accadono, sono gli stessi, ma sentimento e convinzioni emergono in maniera opposta e contrapposta tanto da poter dimostrare (se mai ce ne fosse bisogno, e non ce n’è) agli strunzi nello spettro autistico come Boldrin che snocciolare fatti come fossero la Verità quando invece al massimo possono essere solo uno spunto di riflessione da cui iniziare il percorso di ricerca, anche interiore, che porta ad una nuova e buona consapevolezza, orbene, che fare ciò è solo la dimostrazione plastica di una profonda immaturità e di una completa incomprensione di cosa sia il metodo scientifico.

Esattamente come gli scienziati medievali di corte sostenevano che da uno stupro non potesse nascere un bambino perché all’epoca si pensava che una donna dovesse orgasmare per concepire, una teoria tanto apparentemente giusta e progressista quanto assolutamente falsa e bislacca, tanto oggi i liberali con l’intelligenza di uno scolaro di terza media che studia dai gesuiti pensano che la ricetta sana per una buona economia sia la pura meritocrazia.
Ma lo sappiamo tutti che la meritocrazia non è democrazia, ma repressione.

VOTO:
4 Boldrin

The Last Duel (2021) voto

Titolo turco: Son Düello
Regia: Ridley Scott
Durata: 2 ore e 32 minuti
Compralo: https://amzn.to/3r2JP97

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)

Un pezzo grosso della polizia italiana, il cui nome non viene mai rivelato per elevarlo a simbolico rappresentante di un’idea politica inespugnabile e non una persona la cui eliminazione potrebbe significare un cambiamento, vive una scabrosa e morbosa relazione con una ricca borghese ebrea che, per l’enorme senso di vuoto datole dalla sua condizione di parassita della società, si diverte a provocarlo nel mettere in scena su di lei e su altri l’impunità istituzionale che lo contraddistingue.

Passare con il rosso, tormentare il di lei marito omosessuale, sottoporla a tecniche interrogatorie volte a distruggere l’accusato per fargli confessare reati che mai ha commesso sono alcuni esempi di un crescendo di richieste che il protagonista fatica a declinare, preso com’è dal senso d’orgoglio per il suo sporco lavoro quotidiano di cane del potere e dall’inadeguatezza a contrastare caratterialmente una donna indipendente e vorace come quella capitatogli tra capo e collo.

L’apice di questo scontro tra la figura matrigna di lei e quella bambinesca crudele di lui giunge con l’assassinio della prima ad opera del secondo e la successiva scivolata narrativa, che poi compone l’intera ossatura del film, si giocherà tutta sull’incapacità del poliziotto nel farsi condannare da un sistema, da lui sempre servito e riverito come un totem divino, il cui scopo reale non è difendere il cittadino, ma preservare lo status quo, costi quel che costi.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)

Immenso film di denuncia uscito nei ruggenti anni di piombo, quando era ancora possibile fare un film contro la polizia senza essere attaccati dalla sinistra, e magnifica disamina dell’orrore celato dietro la cravatta dei potenti a cui tanti chinano il capo perché tengono famiglia… e chi se ne frega se nel tritacarne ci finiscono froci, sottoposti, proletari e più in generale chiunque non rivesta un ruolo di comando all’interno di un palazzo.

<<Poliziotto che intercetti le mie conversazioni>> dice l’anarchico Antonio  Pace al telefono <<ribellati al padrone… o per lo meno fatti dare un aumento!>>; la semplice soluzione al dilemma dentro cui ci ritroviamo sta tutta qui in fin dei conti.
Non devi necessariamente mettere una bomba alla questura, che se però lo vuoi fare hai tutta la mia stima; basta che ti ribelli a quello stronzo del tuo capo che non riesce a concepire quanto la tua manodopera sia essenziale alla riuscita dell’impresa tanto se non più della sua.

Interpretazione stellare di Gian Maria Volonté, che si rivolterebbe nella tomba se sapesse che a Roma alcuni ex della galassia comunista, poi confluiti nel PD e compagnia cantante per farsi raccomandare il posto fisso, hanno aperto una scuola di cinema col suo nome sperando di lavarsi la coscienza mentre c’hanno piazzato dentro una cooperativa popolata di ex compagni con la speranza di farli entrare poi in pianta stabile nella pubblica amministrazione con la prossima infornata di assunzioni politiche.

Fate schifo al cazzo e ve la faremo pagare cara per l’ignavia dimostrata.

VOTO:
5 Smeriglio

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) voto

Titolo inglese: Investigation of a Citizen Above Suspicion
Regia: Elio Petri
Anno: 1970
Durata: 1 ora e 55 minuti
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Guida perversa al cinema (2006)

In questo “prequel” di Guida perversa all’ideologia, il cocainomane Slavoj Zizek tira su col naso per due ore e mezza mentre t’inonda di concetti psico-filosofici senza soluzione di continuità sfruttando lo stesso schema del suo “sequel“, ovvero immergere il filosofo sloveno in alcune famose scene di altrettanto famosi film.

Un documentario/esperimento che, seppur molto lungo e non proprio masticabilissimo, risulta indubbiamente buono sia per chi è appassionato di cinema che per chi è appassionato di cocaina.

VOTO:
3 nasi e mezzo

Guida perversa al cinema (2006) voto

Titolo originale: The Pervert’s Guide to Cinema
Regia: Sophie Fiennes
Anno: 2006
Durata: 150 minuti
Compralo: https://amzn.to/3y8lQH0

Wet Hot American Summer (2001)

E’ il 1981 e al campo estivo Firewood c’è un gruppo di adolescenti che vivono un’estate fantastica all’insegna dell’amicizia, dell’odio e della scoperta sessuale.

Ci saranno bambini in pericolo di vita, ci saranno maratoneti etiopi che giocano a ruba bandiera, ci saranno satelliti che cadranno in testa a malcapitati, ci saranno sudatissimi omosessuali che s’inculeranno a manella, ma quello che mancherà sempre è un demone di nome Pazuzu che viene a rubarti l’anima mentre dormi nel lettino caldo con accanto un bicchiere d’acqua poggiato sul comodino che se non stai attento Pazuzu te lo rompe in bocca e poi ti sgozza con le schegge di vetro.

Stronzo.

Wet Hot American Summer (2001)

Simpatica commedia che parodia il genere “adolescenti al mare/scuola/campeggio” abbastanza in voga negli anni ’80 (avete presente Animal House o Porky’s ?) con risultati a tratti soddisfacenti e ad altri fantastici.

Difatti, vedere i protagonisti sfondarsi di cocaina, scippare una vecchia durante l’ora di svago alla locale cittadina o gettare un minorenne giù dal furgone è roba che ti lascia di stucco mentre tenti disperatamente di trattenere un’eiaculazione da folle fremito per siffatta visione .

VOTO:
4 vecchie

Wet Hot American Summer (2001) voto

Titolo greco: Ygro, kafto, Amerikaniko kalokairi
Regia: David Wain
Anno: 2001
Durata: 97 minuti
Compralo: https://amzn.to/2ZwdJ6Q

Eating Raoul (1982)

Paul Bland e sua moglie Mary sono due americani con poche ma chiare idee in testa: aprire un ristorantino fuori mano dove lei possa preparare pasti dietetici, prendendo spunto dal suo lavoro d’infermiera nutrizionista, e lui abbia finalmente la possibilità di spingere merdose bottiglie di vino a botte di 500 dollari al pezzo.

Al raggiungimento di questo sogno da borghese piccolo piccolo, mancano però 20mila dollaroni e siccome dare il culo non è (ancora) un’opzione, Paul e Mary decidono di mettere su un business molto più particolare: rapina, omicidio e occultamento di cadavere.

Eating Raoul (1982)

Strampalata commedia cult che dalla sua ha certamente una certa qual dose d’irriverenza verso le regole, siano queste della società civile o della cinematografia, ma che purtroppo non spicca il volo verso la totale evacuazione anale, a me tanto cara.

Simpatiche alcune gag e simpatici alcuni buffi personaggi; meno buffi i continui tentativi di stupro della troietta Mary Bland.

VOTO:
3 blender

Eating Raoul (1982) voto

Titolo brasiliano: Tudo por Dinheiro
Regia: Paul Bartel
Anno: 1982
Durata: 90 minuti
Compralo: https://amzn.to/2LvgFwS

Don’t F**k with Cats (2019)

3 mesi dopo la venuta al mondo del sottoscritto, nel lontano e freddo Canada vedeva la luce Eric Clinton Kirk Newman, figlio di un uomo schizofrenico e una madre disturbata.
Da questo roseo quadretto cosa volete che saltasse fuori?
Un serial killer, ovviamente.

E questo documentario narra proprio le vicende che hanno portato Eric Newman prima a cambiare legalmente nome in Luka Rocco Magnotta (ignorando chiaramente l’assonanza con il mitico abbruzzese Mario Magnotta) e poi a scendere in una spirale vertiginosa: tra visite dallo psicologo e ricerche patologiche dell’attenzione, tra vendite del proprio corpo gay online (per il mio pubblico frocio-psicopatico, che so essere numeroso, segnalo che girano anche i suoi filmati porno) a smembramenti di giovani gay cinesi.

Don't F**k with Cats (2020)

Ottimo documentario diviso in 3 parti (come va di moda da un po’ di tempo vista la presenza delle piattaforme digitali come Netflix e Amazon) che tutti quelli con una passione sfrenata per il giornalismo investigativo dovrebbero vedere…
…mi correggo: tutti quelli che amano il giornalismo investigativo e che hanno la “pelle spessa” (come dicono gl’inglesi) per non farsi scoppiare il fegato di fronte a un personaggio veramente assurdo come Luka.

Come in quell’altro mezzo capolavoro che è Three Identical Strangers, qui gli indizi vengono un po’ disseminati lungo il cammino narrativo per ottenere poi l’effetto wow una volta che tutti i tasselli cadono al loro posto; una scelta che rende avvincente come un film il bistrattato genere documentario.

Ma, a parte la pienezza dell’opera e la bravura e la tenacia degli investigatori del web che hanno contribuito alla cattura di Luka, la cosa più importante che il documentario lascia giustamente venire a galla è che questa non dovrebbe essere la storia di Luka Magnotta e del suo egocentrismo patologico, finalmente soddisfatto, ma dovrebbe essere invece lo spunto per una riflessione collettiva sul voyerismo umano (una delle protagoniste lo esplicita, guardando dritto negli occhi lo spettatore accusandolo di aver appena guardato un intero documentario su un serial killer) ed anche un modo per ricordare Jun Lin, la vittima finale della follia Magnottiana; un giovane ragazzo cinese che studiava ingegneria in Canada e la cui vita è stata ingiustamente spezzata per un paio di stupidi like.

Se cercate la bio di Luka Magnotta su Wikipedia, venite reindirizzati all’articolo “L’assassinio di Jun Lin”, perché QUESTO dovrebbe essere al centro di questa vicenda.
E anch’io ho deciso di dare il mio piccolo contributo verso quest’approccio evitando di usare immagini di Luka per la recensione e mettendo invece in risalto le sue vittime innocenti, per dare loro la giusta attenzione.

Il padre di Jun, Lin Diran, che si fece un bel viaggio dalla Cina per venire al processo di Luka, scrisse e fece leggere una dichiarazione pubblica che si concludeva con le seguenti parole:

Sono venuto per sapere cosa è successo a mio figlio quella notte e me ne vado senza una risposta completa.
Sono venuto per vedere il rimorso, per sentire uno “Scusate”,  e vado via senza niente.

Che la terra ti sia lieve, Jun.

VOTO:
4 Magnotta e mezzo

Don't F**k with Cats (2020) voto

Titolo esteso: Don’t F**k with Cats: Hunting an Internet Killer
Regia: Mark Lewis
Anno: 2019
Durata: 3 episodi da 1 ora

Natale in crociera (2007)

Paolo è un vecchio allupato di fregna che neanche Berlusconi dei bei tempi e non perde occasione per scoparsi la giovane amante sudamericana Magda, una statuaria donna con un culo da passerella e un cervello da pollaio.

Finito in crociera assieme alla suddetta gallina buciona e al cognato depresso sull’orlo del suicidio, il nostro simpatico protagonista deve riuscire a destreggiarsi tra i due senza che l’uno scopra (e scopi) l’altra, come nella migliore tradizione della commedia degli equivoci.

Contemporaneamente, un giovane uomo e una giovane donna che si odiano a morte sono costretti a fare buon viso a cattivo gioco quando scoprono d’essere testimoni di nozze dei rispettivi amici.

Natale in crociera (2007)

Nonostante sia un film becero, stupido e privo d’ogni valore artistico… a me m’ha fatto ride.

Sia chiaro: non andrei mai al cinema a vedere una roba del genere (a meno che non sia sotto effetto di stupefacenti) e provo il più grande dei conati di vomito al solo pensiero che questo tipo di merda primeggi ai box office italici, però devo anche avere l’onestà intellettuale nell’ammettere che i tempi comici ci sono tutti; le situazioni, nel loro essere scontate, sono anche dei grandi classici che giocoforza finiscono per strappare quel mezzo sorriso; e poi devo sottolineare che per tutto il film serpeggia una certa vena sadica e maligna che non guarda in faccia al prossimo.

Vecchie bastonate, gente presa a cazzotti in bocca, polli dati alle fiamme, sangue che sgorga da nasi fratturati; di elementi per irridere l’insensatezza della vita ce ne sono in abbondanza e proprio sotto questa particolare ottica si può quasi valutare l’intero film, ossia: l’edonismo più sfrenato prima della probabilità di tornare ad essere cenere.
E quando Christian De Sica decide di punto in bianco di usare la parola biscia al posto di lesbica, come se i due termini fossero sinonimi intercambiabili, non si può non provare un leggero senso di spaesamento molto godibile all’altezza del basso ventre.

Insomma, la volgarità assume tutt’altro valore a seconda del contesto e dell’intenzione… un po’ come quando il filosofo greco Aristippo, nell’ammirare una splendida casa con un magnifico pavimento, scatarrò in faccia al suo compare in mancanza d’un posto più adatto.

VOTO:
2 bisce e mezza

Natale in crociera (2007) voto

Titolo mio: Lo stronzo in mezzo al mare
Regia: Neri Parenti
Anno: 2007
Durata: 105 minuti

Il prete bello (1989)

Giovinezza e passaggio alla fase adulta per Sergio, ragazzino della provincia vicentina durante i folgoranti anni “fassisti”.

A portarlo per mano in questa delicata fase della vita umana ci saranno i più variopinti personaggi possibili: dalla banda fraterna di piccoli scappati di casa coi quali passa i pomeriggi, al ladro soprannominato Ragioniere che fa loro da padre putativo, fino a Don Gastone, il prete del titolo che finirà in rovina per la voglia matta di riporre il proprio uccello dentro la passera della ventenne Fedora, una bella ragazza che (a dispetto del nome) non è un’amante dei cappelli, ma delle cappelle… visto che di lavoro fa la bottana.

Il prete bello (1989)

Interessante film d’epoca, tratto dall’omonimo libro bestseller per via delle pruriginose scene di sesso tra un prete e una puttana, che tenta (con plateali difficoltà) di ricreare gl’innocenti anni del ventennio fascista attraverso gl’innocenti anni dell’undicenne Sergio.

Il regista (veneto come l’ambientazione) è uno dei miei favoriti tra i minori del cinema italiano, ma questo non è sicuramente il suo miglior film; nonostante sia pervaso da un generale quanto azzeccato senso di nostalgia triste per un tempo che forse non è mai stato e non ci sia una cosa che possa dirsi oggettivamente fuori posto, la visione stanca presto e si rimane col cerino in mano fino all’ultimo nella speranza (vana) che qualcosa desti lo sguardo dello spettatore che mano a mano si ritrova sempre più rivolto verso il basso.

Notevole l’alluce valgo dell’attrice Jessica Forde che interpreta l’amante delle cappelle.

VOTO:
3 alluci valghi

Il prete bello (1989) voto

Titolo francese: Les p’tits vélos
Regia: Carlo Mazzacurati
Anno: 1989
Durata: 87 minuti