E’ il Natale del 1991, la gloriosa Unione Sovietica è da poco caduta contro la volontà dei suoi stessi popoli per colpa di un golpe organizzato dalla CIA e dal Vaticano e un gruppo ammischione di teste di cazzo si ritrova nella città più stronza del pianeta Terra: Sankt Moritz.
Sulla tavoletta del cesso abbiamo una coppia frocissima, un evasore fiscale con la punta del cazzo sempre dritta per il vedovato, un cameriere rincoglionito, i milanesi scambisti, i romani caciaroni… insomma, la fiera dello stereotipo e del becero spacciato per satura di costume.
Il vomito. A voi che avete creato questo film vi deve venire il vomito e poi dovete soffocare nel letto a faccia in giù come John Bonham.
Per quelli che invece hanno sofferto ingiustamente senza colpa alcuna, come me e i martoriati Palestinesi a cui i porci sionisti hanno rubato terra e libertà, posso solo augurare un futuro migliore e tante tante care cose.
Una serie di personaggi disgustosi si ritrovano a Saint Moritz per le vacanze di Natale e noi siamo costretti a seguire le loro vomitevoli vicende torcendoci i coglioni come mai.
Il romano di frosinone e il milanese con la fabbrichetta che devono accopparsi le mogli a vicenda a Vicenza, il ludopatico pugliese che tenta di fottersi la bella aristocratica mezza francese mezza inglese mezza fregna combattendo allo stesso momento un glorioso mutismo psicosomatico, un ignorante ladro di nome Ezio Greggio che interpreta un ignorante ladro alle prese con la Cucinotta e le sue abbondanti tette da levriera obesa, un romagnolo chiavatore incallito che ha dei tentennamenti quando sta per penetrare violentemente sua figlia e un recensore cinematografico folle e disperato che si è convinto di cambiare il mondo una recensione alla volta, ci volessero 20mila anni di bestemmie.
Porca madonna.
Pensavo che il primo capitolo fosse pietoso, ma questo riesce ad essere persino peggio di Ezio Greggio.
Noioso, lurido, diseducativo, recitato male, fotografato di merda, Vacanze di Natale ’90 è veramente una tortura americana per i prigionieri politici a Guantanamo, è una bomba israeliana sganciata su un ospedale palestinese con dentro decine di bambini, è un pugno in bocca a quel liberale figlio di troia negazionista del genocidio dei palestinesi che deve morire tra atroci torture mentre piangerà lacrime amare e capitaliste prima di morire come il cane che è sempre stato.
Film incommentabile.
VOTO: 1 bomba israeliana
Titolo spagnolo: Vacaciones ‘cornutas’ en Saint Moritz Regia: Enrico Oldoini Durata: 1 ora e 37 minuti Compralo: https://amzn.to/3SJoakr
Monica Lewinsky era 22enne quando venne presa a fare un tirocinio alla Casa Bianca durante la presidenza Clinton e tutto pensava meno che potesse finire ripetutamente ginocchia a terra a sbocchinare il sassofonista Bill per poi farsi venire sulla giacchetta.
Tutto pensava meno che.
Bill Clinton invece era già famoso all’epoca per essere un donnaiolo stupratore con già un paio di accuse ufficiali a suo carico dalle quali era scappato come un coniglio parandosi dietro quella fogna del sistema giudiziario americano e famoso ancora lo sarà in seguito quando verrà fuori che era tra gli assidui frequentatori dell’isola delle prostitute minorenni di Jeffrey Epstein, uno di quelli che quando finisce in prigione viene poi trovato morto impiccato sì, ma col culo a terra.
Bill invece impiccato non c’è finito mai, ma tempo ce n’ è ancora e la speranza è l’ultima a morire.
Rievocazione liberale che tenta in tutte le maniere di minimizzare il comportamento criminale del presidente col cazzo deviato facendo passare questi abusi come gesti d’amore incontrollabili, mentre dall’altra parte dipinge una First Lady all’oscuro di tutto e che mantiene grandissima dignità di fronte all’improvvisa scoperta che suo marito è un porco lumacone.
La serie è principalmente interessante per la veemenza con la quale dipinge una Monica completamente idiota e per come riesce a svicolare su tutto ciò che incrimina i piani alti mentre schiaccia sotto ridicole caricature i maschi di basso rango sociale (tipo il marito di Paula Jones). Tenta quindi di fingersi un’opera femminista mentre in realtà è lampante la sua carica eversiva contro l’imminente rivoluzione socialista che prenderà per i capelli questi figli di puttana per portarli in pubblica piazza e, spogliati di tutti i loro averi, verranno gettati in pasto a cani furibondi mentre la folla griderà al Sol dell’Avvenire.
VOTO: 2 cani
Titolo originale: Impeachment: American Crime Story Durata: 10 episodi da 1 ora Compralo: https://amzn.to/3LlXC4m
La famiglia Laemie (madre casalinga porcona, padre chimico criminale di guerra e figlio reietto della società) si trasferisce in California e cominciano immediatamente a mostrare sintomi di disfunzionalità.
Una notte poi il piccolo Michael becca i genitori che si azzuffano di bocchini nel salotto di casa e non capendo cosa stia succedendo si spiega la cosa in maniera Freudiana pensando che siano cannibali intenti a mozzicarsi l’un l’altro in una rotolata di sudore.
Da qui parte la ricerca misteriosa sulla verità della faccenda in questione, ovvero: i cittadini americani Nick e Lily Laemie sono dei mangiacarne a tradimento come Alessandro Giuli che da giovane era un fascista di merda che dovrebbe vergognarsi per il resto della sua vita per aver fatto parte di un movimento assurdo come Meridiano Zero o il piccolo Michael si sta facendo i film in testa?
Interessantissima commedia dell’orrore con piccola critica alla finta perfezione della famiglia americana anni ’50. E fin qui tutto bene, ma niente di eccezionale.
Quello che invece rende la pellicola destabilizzante e per questo intrigante è la presenza di elementi onirico-angoscianti alla David Lynch che, specialmente nella prima parte, fanno davvero un figurone (epica la scena del bambino che si tuffa in un letto di sangue) e poi un continuo rinunciare alla risoluzione catartica con il disvelamento del mistero sulle fantasticherie o meno di Michael. Uno strano mix che mi ha fatto giungere alla conclusione che ci troviamo di fronte ad un’opera o di assoluto genio, con twist del twist inesistente, o d’incredibile cretineria, vista l’apparente linearità del tutto.
VOTO: 3 Alessandro Giuli che deve chiedere scusa a capo chino e mezzo
Titolo originale: Parents Regia: Bob Balaban Durata:1 ora e 21 minuti Compralo: https://amzn.to/45PHkbZ
Il 15 luglio 1997 lo stilista Gianni Versace viene freddato con due colpi di pistola da Andrew Cunanan, un versatile mentitore seriale con la fissa per l’egocentrismo a scapito del prossimo, che poi è quello su cui un po’ tutto il mondo della moda si fonda.
Gianni fu soltanto l’ultimo di una serie di omicidi (5 in totale) che non hanno in realtà mai trovato una vera risposta definitiva; la pista omosessuale, sempre ben battuta da quei froci dei poliziotti, è stata data per buona, ma il perché e percome Andrew abbia freddato 5 persone se li è portati nell’aldilà da dio onnipotente e bocchinaro.
Seconda stagione, anche se stagione non è proprio il termine esatto visto che siamo più che altro di fronte ad una serie diversa con l’unico trait d’union a far filotto rappresentato da quel “American crime story” che vuol dir tutto e non vuol dir niente, per questa raccolta antologica che si era aperta con Il caso O.J. Simpson.
Alcune scelte sono un po’ ridicole, su tutte l’insopportabile Donatella Versace che parla con accento spagnolo, ed inspiegabili sono i personaggi italiani che parlano tra di loro in inglese, persino nella Calabria degli anni ’50, ma nel complesso la serie è molto godibile e molto realistiche appaiono le interazioni umane tra i personaggi, specie quelle amorose, mai scontate e mai caricaturali.
Finale che va un po’ a perdersi nel nulla.
VOTO: 3 Calabrie
Titolo: The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story Durata: 9 episodi da 50 minuti Compralo: https://amzn.to/43j3EsB
Roma negli anni ’70 era una città gonfia di miseria e menefreghismo e quel poco che la giunta di sinistra a guida comunista riuscì a fare durante i pochi anni al governo della città eterna sono stati solo una goccia nel mare del magna magna istituzionalizzato che Roma rappresenta da praticamente 2000 anni.
E in questo film, sulla collina Monte Ciocci, a pochissimi passi dal Vaticano, a mettere in scena tutto quel carico di dolorosi scappellotti in pieno volto, abbiamo una folta manata di personaggi così borgatari che siamo oltre il neorealismo e andiamo a sondare il terreno del ridicolo e della macchietta.
Tra questi, c’è l’immigrato terrone Giacinto e la sua numerosa famiglia di piedi neri i quali, tutti assieme come nella prigione a cielo aperto chiamata Gaza, vivono in una baracca di mattoni e lamiere condividendo giacigli e sofferenze come neanche durante la repressione guerrafondaia nazista del governo ucraino golpista contro i civili russofoni del Donbass.
Ma Giacinto ha un asso nella manica, un milione di lire, frutto di un premio assicurativo per aver perso un occhio a lavoro, che lui tiene stretto stretto come un buco di culo nelle docce di Rebibbia, mentre moglie, figli e nipoti sognano di fottergli le banconote per soddisfare i loro tanti e irrisolti desideri.
Molto astio.
Pellicola romanissima e allo stesso tempo quasi un prodotto da esportazione, con tutto quel carico da dodici di personaggi oltre il pasoliniano (un colpo al cuore l’apparizione mariana di Ettore Garofolo, giovane di belle speranze in Mamma Roma e qui ridotto al ritratto di un tricheco col viso striminzito).
Indubbiamente da applausi il coraggio di Nino Manfredi nel ficcare piedi e mani negli acquitrini pisciosi della baraccopoli dove si svolge il film e anche nell’interpretare un personaggio così ripugnante come Giacinto Mazzatella, ma forse la pellicola vale più per la denuncia, purtroppo quasi sterile, fine a sé stessa, che per il valore prettamente filmico.
VOTO: 3 Ettore Garofolo e mezzo
Titolo inglese: Ugly, Dirty and Bad Regia: Ettore Scola Durata: 1 ora e 55 minuti Compralo: https://amzn.to/3T9Mx7e
Amber è una trentenne gattara con un decentissimo paio di tette sode che da quasi 10 anni lavora in un ristorante di una famosa catena finto-italiana ai cui tavoli viene servita la famosa pasta Alfredo.
Selezionata per un viaggio premio aziendale nel bel paese da effettuare seduta stante, Amber quasi si piscia sotto dalla contentezza d’evadere da un’esistenza di falsi sorrisi ed incroci su strade americane desolate.
Purtroppo per lei questa spedizione punitiva in terra italica si rivelerà essere un incubo da cui sarà difficile svegliarsi, a meno di fare pace col proprio difficile passato e mettersi in marcia con le proprie forze verso il sol dell’avvenire.
Divertentissima commedia solo apparentemente dedicata ad un pubblico femminile ed invece godibilissima da chiunque.
Ottima scrittura, simpaticissime interpretazioni (caricaturali, ma in puro stile americano) ed un buon ritmo che tira via per i viottoli ciottolosi l’intrigante filo narrativo sono gli elementi un film che cazzo madonna fa il suo stratacazzo di dovere.
Slava Pasta Alfredo!
VOTO: 4 pasta alfredo
Titolo russo: Кружи меня Regia: Jeff Baena Durata: 1 ora e 44 minuti
Ricardo Leyva Muñoz Ramirez è stato un americano figlio d’immigrati messicani che si è distinto per la brutalità dei suoi crimini e la totale mancanza d’empatia verso le sue vittime.
Una dozzina d’omicidi, altrettanti tentati e un’abbondante spolverata di violenze sessuali contro donne, vecchie e bambine sono la lista della spesa per questo personaggio che nei favolosi anni ’80 californiani venne soprannominato “The Night Stalker”, il molestatore notturno, dagli avidi e spietati mezzi di comunicazione che, assetati di fluidi corporei come liceali del Mamiani di Roma, crearono l’ennesimo mostro da sbattere in prima vagina pagina.
Serie televisiva banalotta e senza verve che tenta di spaventarti con gli efferati crimini di un poveraccio brutalizzato dalla vita al punto tale di sviluppare una personalità schizoide e allucinata.
Più volte associato al satanismo e stronzate simili per la sua bambinesca voglia di stupire con pentagrammi dipinti sulle mani, Richard Ramirez è stato piuttosto l’esempio perfetto di cosa costruisce una società ingiusta e violenta come quella americana: padre immigrato e alcolizzato, violenze domestiche, difficoltà economiche e cugino berretto verde dell’esercito americano che perpetrò impunemente crimini di guerra contro i poveri vietnamiti che al confronto i cosiddetti “crimini di Bucha” in Ucraina fanno ridere i polli.
Patetici i poliziotti incompetenti che non sono riusciti a fare un cazzo per 13 mesi fino a quando sono stati i cittadini di un quartiere povero di Los Angeles a prendere l’assassino. Perché il popolo mai sarà sconfitto.
VOTO: 2 liceali del Mamiani assetati di fluidi corporei
Titolo originale: Night Stalker: The Hunt For a Serial Killer Regia: Tiller Russell e James Carroll Durata: 4 episodi da 45 minuti
Negli anni ’90 è successo che Pamela Anderson, famosa per aver interpretato la puppona bionda in Baywatch, e Tommy Lee, famoso per avere un cazzo di dimensioni intimidatorie, fecero un filmino amatoriale molto zozzo che poi finì per vie misteriose nelle mani di milioni di persone sotto forma di VHS pirata.
Qui si racconta tutto quello che (forse) c’era prima, durante e dopo quest’evento pornografico; tra drammatizzazioni inevitabili e altre meno.
8 episodi freschi freschi su un argomento zozzarello, ma che di zozzarello hanno ben poco, se tralasciamo qualche scorcio di zinne rifatte e un cazzo-grillo parlante.
Buono il ritmo e buone le interpretazioni, con Pamela e Tommy quasi identici agli originali, e un Seth Rogan che spicca per la proverbiale naturalezza con cui sfagiola le sue battute.
Tutto molto bello e tutto molto giusto, se non fosse che la serie subisce un radicale cambio di passo verso la merda quando dal terzo episodio in poi vengono messe alternativamente alla regia 3 donne. Da quel momento in poi ogni episodio perde d’ironia, di vivacità intellettuale e vira completamente verso una pietosa quanto banalissima apologia del femminismo da quattro soldi, o per meglio dire falso-femminismo, tipico delle donnine perbene di buona famiglia che pensano d’essere tanto progressiste quando ti dicono che esiste il patriarcato e che gli uomini fanno schifo.
A cogliere le patate dovete finire, inutili vucchinare parioline.
VOTO: 3 inutili vucchinare parioline
Titolo taiwanese: 潘與湯米 (Pān yǔ tāng mǐ) Creatore: Robert Siegel Durata: 8 episodi da 45 minuti
Basato su una vicenda realmente accaduta, questo film si svolge durante la guerra dei cent’anni, proprio mentre Gatsu squartava mostruosi apostoli sadici come figli di mignotta, e narra le vicende di Matt Damon che duella in singolar tenzone Adam Driver per una questione di fama, soldi, potere e donne.
Qui ci troviamo di fronte a tre versioni delle stesse vicende, intercorse lungo circa un quinquennio, e tre racconti simili eppure differenti in molto. I fatti accadono, sono gli stessi, ma sentimento e convinzioni emergono in maniera opposta e contrapposta tanto da poter dimostrare (se mai ce ne fosse bisogno, e non ce n’è) agli strunzi nello spettro autistico come Boldrin che snocciolare fatti come fossero la Verità quando invece al massimo possono essere solo uno spunto di riflessione da cui iniziare il percorso di ricerca, anche interiore, che porta ad una nuova e buona consapevolezza, orbene, che fare ciò è solo la dimostrazione plastica di una profonda immaturità e di una completa incomprensione di cosa sia il metodo scientifico.
Esattamente come gli scienziati medievali di corte sostenevano che da uno stupro non potesse nascere un bambino perché all’epoca si pensava che una donna dovesse orgasmare per concepire, una teoria tanto apparentemente giusta e progressista quanto assolutamente falsa e bislacca, tanto oggi i liberali con l’intelligenza di uno scolaro di terza media che studia dai gesuiti pensano che la ricetta sana per una buona economia sia la pura meritocrazia. Ma lo sappiamo tutti che la meritocrazia non è democrazia, ma repressione.
VOTO: 4 Boldrin
Titolo turco: Son Düello Regia: Ridley Scott Durata: 2 ore e 32 minuti Compralo: https://amzn.to/3r2JP97
Un pezzo grosso della polizia italiana, il cui nome non viene mai rivelato per elevarlo a simbolico rappresentante di un’idea politica inespugnabile e non una persona la cui eliminazione potrebbe significare un cambiamento, vive una scabrosa e morbosa relazione con una ricca borghese ebrea che, per l’enorme senso di vuoto datole dalla sua condizione di parassita della società, si diverte a provocarlo nel mettere in scena su di lei e su altri l’impunità istituzionale che lo contraddistingue.
Passare con il rosso, tormentare il di lei marito omosessuale, sottoporla a tecniche interrogatorie volte a distruggere l’accusato per fargli confessare reati che mai ha commesso sono alcuni esempi di un crescendo di richieste che il protagonista fatica a declinare, preso com’è dal senso d’orgoglio per il suo sporco lavoro quotidiano di cane del potere e dall’inadeguatezza a contrastare caratterialmente una donna indipendente e vorace come quella capitatogli tra capo e collo.
L’apice di questo scontro tra la figura matrigna di lei e quella bambinesca crudele di lui giunge con l’assassinio della prima ad opera del secondo e la successiva scivolata narrativa, che poi compone l’intera ossatura del film, si giocherà tutta sull’incapacità del poliziotto nel farsi condannare da un sistema, da lui sempre servito e riverito come un totem divino, il cui scopo reale non è difendere il cittadino, ma preservare lo status quo, costi quel che costi.
Immenso film di denuncia uscito nei ruggenti anni di piombo, quando era ancora possibile fare un film contro la polizia senza essere attaccati dalla sinistra, e magnifica disamina dell’orrore celato dietro la cravatta dei potenti a cui tanti chinano il capo perché tengono famiglia… e chi se ne frega se nel tritacarne ci finiscono froci, sottoposti, proletari e più in generale chiunque non rivesta un ruolo di comando all’interno di un palazzo.
<<Poliziotto che intercetti le mie conversazioni>> dice l’anarchico Antonio Pace al telefono <<ribellati al padrone… o per lo meno fatti dare un aumento!>>; la semplice soluzione al dilemma dentro cui ci ritroviamo sta tutta qui in fin dei conti. Non devi necessariamente mettere una bomba alla questura, che se però lo vuoi fare hai tutta la mia stima; basta che ti ribelli a quello stronzo del tuo capo che non riesce a concepire quanto la tua manodopera sia essenziale alla riuscita dell’impresa tanto se non più della sua.
Interpretazione stellare di Gian Maria Volonté, che si rivolterebbe nella tomba se sapesse che a Roma alcuni ex della galassia comunista, poi confluiti nel PD e compagnia cantante per farsi raccomandare il posto fisso, hanno aperto una scuola di cinema col suo nome sperando di lavarsi la coscienza mentre c’hanno piazzato dentro una cooperativa popolata di ex compagni con la speranza di farli entrare poi in pianta stabile nella pubblica amministrazione con la prossima infornata di assunzioni politiche.
Fate schifo al cazzo e ve la faremo pagare cara per l’ignavia dimostrata.
VOTO: 5 Smeriglio
Titolo inglese: Investigation of a Citizen Above Suspicion Regia: Elio Petri Anno: 1970 Durata: 1 ora e 55 minuti Compralo: https://amzn.to/3o6sMQD
In questo “prequel” di Guida perversa all’ideologia, il cocainomane Slavoj Zizek tira su col naso per due ore e mezza mentre t’inonda di concetti psico-filosofici senza soluzione di continuità sfruttando lo stesso schema del suo “sequel“, ovvero immergere il filosofo sloveno in alcune famose scene di altrettanto famosi film.
Un documentario/esperimento che, seppur molto lungo e non proprio masticabilissimo, risulta indubbiamente buono sia per chi è appassionato di cinema che per chi è appassionato di cocaina.
VOTO: 3 nasi e mezzo
Titolo originale: The Pervert’s Guide to Cinema Regia: Sophie Fiennes Anno: 2006 Durata: 150 minuti Compralo: https://amzn.to/3y8lQH0