E siccome è nero tu ti devi sentire in colpa quando architetta il colpo del secolo con un gruppo di coglioni che se tagliassi loro di netto le corde vocale e ci costruissi un banjo infernale e ci suonassi la marcia funebre di Sergio Mattarella, ecco, forse, ma dico forse, la loro esistenza avrebbe avuto senso.
Come se non bastasse devo puntualizzare che il colpo del secolo è una cacata pazzesca che pesca a piene mani dalle trame di dozzine di altri film che tu hai già visto e piangi, stronzo, devi piagere perché non c’è salvezza da questa merda di telefilm.
Mannaggia la madonna.
A parte la curiosità che uno può vedersi gli episodi nell’ordine che più gli aggrada, questo è un pietoso sceneggiato televisivo che annoia, fa infuriare e provoca cancro ai testicoli dopo appena 2 episodi e uno si ritrova a tifare per il “cattivo” che in fin dei conti non ha fatto niente di male, mentre ogni singolo personaggio della banda dei poveracci stronzi non ha la minima caratteristica con cui empatizzare… a meno che tu non sia un figlio di troia brutalmente inculato con una pertica d’acciaio da me, da mia nonna, dal lattaio di mia nonna e da chi cazzo te pare.
Porca madonna la rabbia e porcaccio santantonio abbate dell’anima de li mortacci sua e di chi gli ha baciato i piedi luridi e pregni di lacrime.
VOTO: 2 lacrime
Titolo: Kaleidoscope Creatore: Eric Garcia Durata: 9 episodi da 50 minuti
Il 22 giugno 1983 io avevo da poco smesso di cacarmi addosso mentre Emanuela Orlandi, una ragazza di 15 anni, veniva rapita in pieno centro a Roma da non si sa chi per farci non si sa cosa.
Da allora le polemiche riguardo questa scomparsa mai risolta sono state molte e molte sono state le ipotesi e le piste investigative messe sul tavolo: dai terroristi internazionali alla banda della Magliana fino al più classico dei classici: le orge pedofile in Vaticano.
Docuserie un pelo più interessante della visione stereoscopica del buco del culo di Anna Falchi.
Si parla molto, tanti si sbrodolano addosso, ma alla fine non se cava un ragno dal buco del culo di Anna Falchi e si rimane col dilemma su che cazzo sia successo a questa giovane cittadina vaticana. Che fosse o meno l’intento della serie, a me frega cazzi porco dio; non potete farmi vedere 4 ore di una roba che sembra Stargate di Roberto Giacobbo.
VOTO: 3 Giacobbo
Titolo originale: Vatican Girl: The Disappearance of Emanuela Orlandi Scritto da: Aurelio Laino? Durata: 4 episodi da 1 ora
La famiglia Brannock merita la morte, ma purtroppo non è quello che riceve.
In compenso questi 4 scalmanati rifugiati prezzolati vengono fatti uscire di capoccia da una serie di misteriosi eventi che tendono a spingerli a vendere in fretta e furia la casa da sogno da 3 milioni di dollari che hanno appena comprato senza neanche fare un’ispezione alle tubature che uno dice vabbé, ma allora sei un coglione e te lo meriti che ti spediscono le lettere anonime dove ti descrivono minuziosamente quanto sei stronzo e, quindi, come non ti meriti la tua bella casa.
Fetente, piagni e fotti.
Mini serie che non si sa bene il perché ha riscosso un più che tiepido successo, probabilmente dovuto ad un generale fenomeno di rinconglionimento, e che invece di tiepido ha a malapena la fica della figlia minorenne mentre quella di Naomi Watts si attesta sui buoni 44-45 gradi che quando è novembre e fuori fa freddo può scaldarti per benino col suo umore.
Non v’interessa la fregna della 52enne Naomi e volete sapere di più sul telefilm in questione? Feroci.
VOTO: 3 feroci
Titolo brasiliano: Bem-Vindos à Vizinhança Creatori: Ryan Murphye Ian Brennan Durata: 7 episodi da 47 minuti
Ilonka, cancro alla tiroide; Kevin, leucemia terminale; Anya, cancro alle ossa; Sandra, linfoma terminale; Spencer, AIDS; Cheri, menzoniera; Natsuki, cancro alle ovaie; Amesh, glioblastoma.
Questa deprimente squadra di calcetto di simpatiche canaglie è l’insolito quanto detestabile gruppo di adolescenti con cui siete destinati a convivere questi 10 episodi trilleroni conditi da una salsa densissima di drammi adolescenziali e interpretati come fossimo in un teatro avanguardista cagliaritano.
Fantasmi affamati, antiche divinità, misteriosi culti pagani, sacrifici umani e un ascensore perennemente occupato come quando la mattina devi andare a lavoro sono l’altra metà della mela bacata chiamata The Midnight Club.
Adattamento semi-libero del libro omonimo di Christopher Pike, autore per ragazzi che ci fa rimpiangere i tempi in cui i ragazzi li mandavamo a fare la campagna di Russia facendoli diventare ghiaccioli seminati in lande sconsolate e lontane per farci drizzare il cazzo a noi patrioti con la patria altrui.
Se non fosse per il reddito di cittadinanza, prima piaga sociale di questo paese altrimenti felice e florido, non avremmo avuto questa mini serie dal sapore rancido di vomito riscaldato che non ha nulla a che vedere con Midnight Mass, che invece è un ottimo intrattenimento, senza pretese.
Visto e presto dimenticato.
VOTO: 2 antiche divinità e mezzo
Titolo ebbbreo: מועדון חצות Creatori: Mike Flanagan, Leah Fong Durata: 10 episodi da 50 minuti
In una cittadina fredda e desolata, tutto gira attorno alla grande industria Lumon; una misteriosa azienda fondata da un visionario d’altri tempi con manie da leader settariano, un’azienda che ad oggi nessuno sa esattamente cosa faccia.
E come mai nessuno sa cosa c’è dietro le grandi pareti specchiate della Lumon? Semplice, perché chi ci lavora ha ricevuto un microchip nel cervello che permette la scissione della coscienza lavorativa da quella privata; in altre parole: quando un impiegato si trova fuori dal luogo di lavoro, tutto scorre normalmente, ma quando lo stesso entra dentro l’ascensore che lo porta al suo ufficio, ecco che la mente subisce un rapido cambio e una differente coscienza prende il controllo, tutti i ricordi del suo passato e del suo presente al di fuori del luogo di lavoro sono cancellati e il poveraccio in questione può interagire mnemonicamente solo con quello che gli viene proposto giorno dopo giorno dal datore di lavoro.
In pratica viene creato un corpo con due persone all’interno che si danno il cambio per quelle 8 ore al giorno, inconsapevoli di quello che capita all’altro, ma soprattutto inconsapevoli delle emozioni e le paure e le felicità e i dubbi che passano nell’altra metà della testa.
Siamo di fronte al paradiso del padrone liberale.
Interessantissima serie psicologica sull’eterna questione di cosa siamo, dove andiamo, cosa ci facciamo a questo mondo e perché nel 21 secolo siamo costretti a lavorare quasi tutto il giorno per far ingrassare quei porci liberali il cui “merito” è detenere il possesso dei mezzi di produzione.
Non fanno un cazzo, si lamentano del nulla e vorrebbero i poveri sempre più poveri per essere loro sempre più ricchi, nonostante non ne abbiano assolutamente bisogno. Vivono chiaramente un disagio psichiatrico purtroppo ignorato dalla società, anzi spesso incoraggiato. Ma d’altra parte che ci si può aspettare dalla società malata che loro stessi hanno in gran parte creato?
Una società ingiusta, sbilanciata a favore di pochi, non curante dei bisogni del prossimo, sociopatica e tronfia della propria inclinazione criminale. Te lo infilano nel culo e mentre lo fanno ti prendono a calci sulla nuca. E tu zitto, sennò ti licenziano e poi come le paghi le bollette? Come sfami quella puttana di tua figlia? Come le compri le arance da portare a tuo fratello che scippa le vecchiette fuori dalle poste?
Ma sì, la scissione mentale della tua coscienza di classe è la miglior cura all’alienazione della classe proletaria che oggi non c’ha manca i figli per quanto s’è ridotta male.
Ovviamente la maggior parte della critica si soffermerà su ben altro parlando di Severance. E questo perché sono dei cani bastardi troppo abituati a leccare la mano del padrone sperando nell’osso da rosicchiare gettato sotto al tavolo.
A cuccia.
VOTO: 4 cucce
Titolo originale: Severance Creatore: Dan Erickson Durata: 9 episodi da 40 minuti
I dinosauri sono una di quelle cose che tutti sanno, ma che nessuno conosce e questa mini serie vuole portare all’attenzione del grande pubblico un po’ di quella vita variegata che è esistita nel Cretaceo.
Le coste, il deserto, le acque dolci, i paesaggi ghiacciati e le foreste sono i cinque habitat scelti per mostrare che questi animali preistorici hanno attraversato paesaggi a noi familiari e che quindi si sono dovuti scontrare con le nostre stesse difficoltà d’adattamento trovando soluzioni alternative a quelle del condizionatore e il capotto Canada Goose.
Probabilmente non vi sconvolgerà l’esistenza, si è visto roba simile già in passato su altri canali, ma è fatto bene, è narrato da quella vecchia sagoma di David Attenborough e se riuscite a vederlo tutto in maratona in meno di 3 ore vi verrà recapitata una bambola con le fattezze di una schiava negra caraibica del 18 secolo; un grazioso souvenir da mostrare ai vostri ricchi ospiti liberali che verranno a cena.
VOTO: 3 bambole e mezza
Titolo originale: Prehistoric Planet Presentatore: David Attenborough Durata: 5 puntate da 40 minuti
Michael Peterson è uno scrittore americano con ampia e variopinta famiglia composta di mogli, figlie e figli (suoi e adottati) che si è ritrovato di botto dentro l’inferno del sistema giudiziario americano, corrotto e ingiusto come solo qualcosa che precede la rivoluzione francese può essere agli occhi di un cittadino contemporaneo.
Accusato di aver ucciso la sua seconda moglie per un litigio scaturito dalla rivelazione della sua bisessualità succhia cazzi, Peterson avrebbe inflitto ripetuti colpi alla testa della vittima con un oggetto contundente per poi lasciarla esanime ai piedi della scala di casa fino alla morte, sopravvenuta un paio d’ore dopo, o almeno questo è quello che l’accusa sostenne in tribunale.
Dal canto suo, Michael ha sempre negato questa ricostruzione e, pur ammettendo di aver vissuto una doppia vita per una repressa omosessualità, afferma di aver sempre amato sua moglie e di non aver avuto nessun motivo di compiere un tale gesto; quello che è successo, dice la difesa, è piuttosto il risultato di una serie di sfortunati eventi che hanno portato la donna a perdere l’equilibrio, sotto effetto dell’alcool, finendo per sbattere la testa sui gradini della scala.
La verità ovviamente non la sapremo mai.
Documentario che abbraccia la discesa agli inferi di un uomo risoluto e pieno di vitalità e la sua risalita dopo 8 anni come guscio svuotato e crepato avendo perso quasi completamente quel briciolo di speranza che riponeva nel sistema giudiziario.
Tra prove fabbricate ad arte, invettive contro gli omosessuali che neanche nel 1957 e un procedimento investigativo per deduzione che ha condotto il procuratore distrettuale dal suo preconcetto negativo verso i ricchi frocioni fino alla ricostruzione degli avvenimenti, The Staircase val bene una messa.
Non lascia a bocca aperta né per tecnica e né contenuto, ma vedere la distruzione di un uomo per mano della cosiddetta “Giustizia” resta comunque un boccone amaro da mandar giù.
VOTO: 4 giustizie
Titolo originale: Soupçons Regia: Jean-Xavier de Lestrade Durata: 13 episodi da 47 minuti Compralo: https://amzn.to/3NpyzMH
Americani di ogni ordine e grado si ritrovano lo malgrado intrappolati in una cittadina di neanche 10 case in mezzo ad una fitta foresta senza possibilità di fuga e ritorno alle loro vite di merda.
Purgatorio? Paradiso? Inferno? Mattinata all’INPS? Nessuno riesce a capire quale sia il misterioso luogo che li tiene prigionieri e ancora meno riescono a capire chi o cosa siano le strane creature apparentemente umanoidi che spuntano fuori al tramonto per mangiare loro la faccia come fosse un budino alla fragola.
Misteri, misteri e ancora misteri vi aspettano in Lost From.
Serie tutta spaventi e sospetti che prende a piene mani dalla famosa scuola di Lost: ti faccio venire i dubbi pure sull’acqua che bevi la mattina, ti circondo di personaggi con un passato sconosciuto e non ti fornisco mai una spiegazione fino alla sesta stagione, quando sei così disperato che succhieresti il cazzo al lebbroso di Cafarnao.
E’ una serie che crea dipendenza e per questo il famoso politico conservatore dalle idee retrograde Carlo Giovanardi ha chiesto venga inserita nel tabellario delle droghe pesanti.
VOTO: 3 famosi retrogradi conservatori
Titolo russo: Извне Creatore: John Griffin Stagione: prima Durata: 10 episodi da 45 minuti
Ricardo Leyva Muñoz Ramirez è stato un americano figlio d’immigrati messicani che si è distinto per la brutalità dei suoi crimini e la totale mancanza d’empatia verso le sue vittime.
Una dozzina d’omicidi, altrettanti tentati e un’abbondante spolverata di violenze sessuali contro donne, vecchie e bambine sono la lista della spesa per questo personaggio che nei favolosi anni ’80 californiani venne soprannominato “The Night Stalker”, il molestatore notturno, dagli avidi e spietati mezzi di comunicazione che, assetati di fluidi corporei come liceali del Mamiani di Roma, crearono l’ennesimo mostro da sbattere in prima vagina pagina.
Serie televisiva banalotta e senza verve che tenta di spaventarti con gli efferati crimini di un poveraccio brutalizzato dalla vita al punto tale di sviluppare una personalità schizoide e allucinata.
Più volte associato al satanismo e stronzate simili per la sua bambinesca voglia di stupire con pentagrammi dipinti sulle mani, Richard Ramirez è stato piuttosto l’esempio perfetto di cosa costruisce una società ingiusta e violenta come quella americana: padre immigrato e alcolizzato, violenze domestiche, difficoltà economiche e cugino berretto verde dell’esercito americano che perpetrò impunemente crimini di guerra contro i poveri vietnamiti che al confronto i cosiddetti “crimini di Bucha” in Ucraina fanno ridere i polli.
Patetici i poliziotti incompetenti che non sono riusciti a fare un cazzo per 13 mesi fino a quando sono stati i cittadini di un quartiere povero di Los Angeles a prendere l’assassino. Perché il popolo mai sarà sconfitto.
VOTO: 2 liceali del Mamiani assetati di fluidi corporei
Titolo originale: Night Stalker: The Hunt For a Serial Killer Regia: Tiller Russell e James Carroll Durata: 4 episodi da 45 minuti
Siccome il nome Joseph Schreibvogel era troppo difficile da pronunciare, il protagonista di questa stramba serie se l’è prima cambiato in Joe Exotic e poi, in un macabro rituale cannibalesco si è appropriato del cognome dei suoi mariti divenendo Joseph Allen Maldonado-Passage.
Ma a noi che ce ne frega? E avete ragione: come cazzo faccio a darvi torto quando il mondo va a rotoli e l’unica preoccupazione di Matteo Renzi è vendere il suo libro scritto in un italiano da ragazzo di seconda liceo?
Mettiamola così, se vi sentite soli e rassegnati all’inevitabile fine, regalatevi una buona dose di risate guardando questa breve e non stupida serie incentrata su degli strambi personaggi alle prese con felini di grandi dimensioni che tentano di mascherare una profonda inadeguatezza alla vita con cazzi felini di grandi dimensioni.
VOTO: 3 cervellini di grandi dimensioni e mezzo
Titolo esteso: Tiger King: Murder, Mayhem and Madness Regia: Eric Goode, Rebecca Chaiklin Durata: 7 episodi da 45 minuti
Tu che cammini tronfio come uno stronzo su questa terra di fango e merda, tu te lo sei mai chiesto quante creature calpesti sotto le tue unghie marcescenti?
Non molte a dire la verità, ma ciò non toglie che c’è un’infinità di vita che sfugge ai nostri occhi e che non vede l’ora d’essere estinta per fare spazio al vostro SUV.
E questi 6 episodi di una serie piccolina piccolò ci rivelano 6 ecosistemi, dalla giungla al giardino di casa passando per la savana e altri habitat che a te in effetti non è mai fregato un cazzo, stracolmi di vita minuscola come il cazzetto che ti ritrovi.
Una “stracolmità” degli stracolmi che però non viene molto esplorata, un po’ per il tono molto leggero dell’opera e un po’ forse per mancanza di esperti di un certo calibro tra i realizzatori.
Buono, ma poco a confronto di altre robe più famose con David Attenborough.
VOTO: 2 David e mezzo
Titolo messicano: Pequeñas maravillas Scritto: Tom Hugh-Jones Durata: 6 episodi da 30 minuti circa
Uno studente riccastro e stronzetto gironzola per Parigi alla ricerca di una giovane proletaria da rapire, seviziare ed infine sgozzare, ma trova di meglio, ovvero il fantasma del Louvre che si aggira per le sale deserte del “museo dei ladri liberisti” con l’intenzione d’impossessarsi del segreto del metallo di Paracelso, un filosofo-medico-alchimista-pelatone svizzero rinascimentale che aveva l’inspiegabile convinzione di avere 4 nani permalosi tra le dita del piede destro, invece dei soliti 5 che tutti noi ospitiamo.
Succede quindi che André, questo il nome del sadico marciume parigino dal volto d’angelo, si ficca in un giro di troie e coca che neanche vostra madre che è esperta e, tra un nascondino tra le lamiere dello sfasciacarrozze e la più incredibile sfilata di sigarette fumate su pellicola, lo spettatore farà tanti di quegli sbadigli da rimanere con i coglioni in gola.
Mini serie francese completamente fuori dalla grazia di dio che ho visto dopo tanti anni di curiosità dovuta all’usanza in casa mia di chiamare, per antonomasia, una persona brutta, Belfagor.
Appurato, dopo più di 4 ore di dialoghi francesi con la sigaretta che pende dalle labbra, che Belfagor non solo non è brutto, ma non è neanche un uomo, rimango sbalordito per il clamoroso successo che ebbe sia in patria che in Italia.
L’unica ragione che riesco a darmi, oltre ad una martellata sui coglioni, è la presenza di alcune sporadiche scene ben girate tipo quella dei vagoni del treno che stanno per schiacciare il giovane André; levato l’assurdo della situazione, una messa in scena oggettivamente carica di tensione.
VOTO: 2 vagoni
Titolo originale: Belphégor ou Le fantôme du Louvre Regia: Claude Barma Durata: 4 episodi da 1 ora Compralo: https://amzn.to/3O0n5ju