Ritratto di famiglia con tempesta (2016)

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Ryota Shinoda ha vinto un importante premio letterario 15 anni prima e da allora la sua vita è andata a scatafascio.

Non ha pubblicato altro, la moglie ha divorziato e sta frequentando un altro, suo figlio lo vede solo una volta al mese quando deve pagare gli alimenti e un generale senso d’infantile incompiutezza permea ogni ambito della sua solitaria esistenza.

L’occasione per mettere un punto definitivo al suo amore perduto nei viottoli di un Giappone triste e provinciale arriva sotto forma di tifone che costringe padre, madre e figlio ad una notte chiarificatrice sotto lo stesso tetto; quello della madre di lui, recentemente vedova e portatrice di un’esperienza che Ryota avrebbe dovuto far sua molti anni prima.

Ritratto di famiglia con tempesta (2016)

Dallo stesso regista di quel capolavoro che è Nobody Knows, ecco un altro straordinario piccolo film tutto giocato sul minimalismo tipico orientale che, inondando lo spettatore di discorsi e gesti solo apparentemente superficiali, compone pennellata dopo pennellata, goccia dopo goccia, un affresco familiare di rara complessità e allo stesso tempo un ritratto struggente d’un uomo che, promessosi di non ripetere gli sbagli del padre, finisce inesorabilmente col percorrerne passo dopo passo l’esistenza.

La profondità emotiva del protagonista e la sua voglia di ricomposizione personale, perfettamente rappresentata dal titolo del suo libro, La sedia vuota, passa attraverso un colapasta a maglia fine che ironicamente finisce col trattenere i sentimenti migliori per lasciar passare quelli più grossolani quali gelosia, possessione, avidità ed egoismo.

La sua incapacità, od infantile resistenza, a lasciar andare e passare oltre per ricostruirsi col sudore della fronte una vita e soprattutto una personalità viene nel corso del film continuamente esplicitata: dall’ignorare una splendida collega mentre soggiornano in una stanza d’un Love Hotel con tanto di catene e polsiere al soffitto, alla sua passione per il gioco d’azzardo che promette un cambio di vita immediato e senza sforzo, dal voler comprare gli affetti familiari con beni materiali invece d’una vita d’ascolto e comprensione, al voler vivere e riviviere una nostalgia per un posto perduto e forse neanche mai esistito… come quando si rifugia nella piovra gigante al parco giochi, teatro di uno dei pochi ricordi positivi che ha del padre, da sempre assente.

Insomma, questo è un film eccezionale, ma certamente non per tutti i palati: l’andamento lento e in punta di piedi, l’irrisolvibilità sentimentale del protagonista o la staticità delle (perfette) inquadrature sono elementi che purtroppo scoraggiano molti spettatori troppo abituati alla frenesia di un certo stile televisivo o quello dei maledetti urlatori di YouTube.
Ma se si riesce ad andare oltre questa personale ritrosia, proprio come dovrebbe fare il protagonista Ryota, allora si potrà aprire la diga che trattiene le lacrime dell’umanità e bagnare il deserto del nostro scontento.

VOTO:
4 dighe e mezza

Ritratto di famiglia con tempesta (2016) voto

Titolo originale: Umi yori mo mada fukaku
Regia: Hirokazu Koreeda
Anno: 2016
Durata: 117 minuti

I film sono visti rigorosamente in lingua originale.
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Autore: un Film una Recensione

I was Born, I Live, I will Die

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