Una famiglia borghese buona solo per sacrifici populisti incontra il suo (in)fausto destino per mano di Paimon, mitologico spirito diabolico al servizio di Lucifero, il quale non vede l’ora di poter prendere carne tramite il classico sacrificio rituale con donne di mezz’età sfatte e uomini col cazzo piccolo (ma che dico piccolo, piccolissimo), tutti bellamente nudi in mezzo a un mare di candele manco fosse la stanza di un adolescente la fatidica sera che deve perdere la verginità.
Soffi di vento gelido, minacciose ombre in angoli bui e scontri familiari al desco del desinare precederanno quello che è un finale un po’ scontato, ma comunque godibile.
Riuscito esordio per un giovane autore di spaventi americani che, con le dovute aperture mentali, riesce a funzionare perfettamente anche in un contesto culturale che non sia quello a stelle e strisce e che quindi non abbia l’atavica fobia puritana per le streghe e i micro cazzi.
Spendendo due lire e utilizzando al meglio una bella casa vittoriana, si è riusciti a dare ampio spazio ai silenzi e all’immaginazione dello spettatore che si ritrova a completare il puzzle narrativo esattamente come è richiamato a completare il puzzle visivo d’inquadrature scure dentro le quali serpeggiano mostruose diafane apparizioni.
Un horror che spezza le convenzioni contemporanee degli spaventi crassi e rumorosi tanto amati da chi, frustrato da una vita d’obbediente servo del sistema, cerca disperatamente d’animare la sua misera giornata con film rumorosi e una sessualità fintamente biricchina rivelatrice solo di una profonda inadeguatezza verso sé stessi prima ancora che verso il prossimo.
Consigliato, anche se meno bello del capolavoro che alcuni dicono sia.
VOTO:
4 biricchine
Titolo originale: Hereditary
Regia: Ari Aster
Anno: 2018
Durata: 127 minuti
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Un commento su “Hereditary: Le radici del male (2018)”