Gli anni ’50 sono infami e tristi come le reti dei pescatori di un’isoletta del sud Italia completamente abbandonata a sé stessa, se non nel momento più importante per i politicanti di professione, le elezioni.
L’isolano Mario Ruoppolo, povero e disoccupato, ha un immenso desiderio inespresso di entrare in contatto col mondo, con le persone, con le donne e con tutti quei pensieri che non è mai riuscito ad esprimere perché gli mancavano le parole per farlo.
A scompigliare le carte in tavola della vita sua e quella del paesello dove vive arriva Pablo Neruda, poeta cileno, comunista e costretto all’esilio dalla dittatura di Pinochet sostenuta dalla CIA, che col suo burbero carattere, tipico di chi ha paura a diventare un eroe in una società piramidale e ingiusta come quella capitalista, aprirà le porte della percezione di Mario rendendolo allo stesso tempo felice per la nuova consapevolezza ed eternamente infelice per la presa di coscienza della stortura del mondo.
Beata l’ignoranza e beati i menefreghisti.
Piccolo film dal sapore dolciamaro che Massimo Troisi volle realizzare dopo aver letto il romanzo di Antonio Skàrmeta “Il postino di Neruda” e che segna anche un po’ il testamento dell’attore napoletano, morto letteralmente il giorno dopo finite le riprese.
Semplice come raramente capita con i film (para)biografici, sommesso come non sono le poesie del poeta cileno e commovente senz’essere melenso, Il postino appare subito come un instant classic a chi gli dedica il suo strameritato tempo.
Eccezionale nella prima parte, un pochino a scendere dal momento in cui Neruda parte, ed è un peccato visto che (giustamente) il protagonista è il postino, come fa notare anche l’ellissi del nome del poeta rispetto al titolo originale.
Curiosità: Troisi in inglese è doppiato da Robert De Niro.
VOTO:
4 Skàrmeta e mezzo
Titolo inglese: The Postman
Regia: Michael Radford
Durata: 108 minuti
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