Nico Giraldi è un maresciallo della polizia di stato dalle maniere spicciole, volgari e violente; con un passato da scippatore e una madre mignotta oramai al camposanto, Nico ha passato fiume e s’è fatto sbirro acchiappaladri.
Ovviamente, come tutti quelli coi sensi di colpa inespressi e repressi, svolge il suo lavoro con enorme foga e senza alcun rispetto delle più basilari regole comportamentali; anche se questo vuol dire fare le pinne con la motocicletta tra i banchi della frutta al mercato rionale o farsi 8 piani di scale di marmo sgasando come un coglione del Mandrione.
La storia gira intorno ad una valigetta contenente 5 milioni di dollari (o 4 miliardi del vecchio conio) che viene scippata in pieno centro da un paio di ladruncoli di basso rango; il problema è che quei 5 milioni di dollari appartengono a Richard Russo, un diplomatico americano che per arrivare a fine mese si è messo a riciclare i soldi sporchi dei rapimenti.
Venuto a conoscenza dei fatti, Nico pensa bene di sfruttare l’occasione e usare Baronetto, uno degli scippatori, come esca per acchiappare il pesce grosso e cioè il diplomatico criminale.
Facendosi avanti a suon di sberle sulle recchie, calci in culo col riporto e un vestiario da psicopatico infantile, Nico risolverà il caso e si beccherà pure una sventola di ragazza intellettuale che inspiegabilmente si innamora di lui… lui che legge Topolino e non sa chi sia Thomas Mann.
Finalmente mi sono costretto a vedere uno dei film della serie Maresciallo Giraldi (da non confondere col più famoso Monnezza) e posso confermare che è una cazzata.
Diretto da Bruno Corbucci (fratello meno talentuoso di Sergio) questo Squadra antiscippo è un crogiuolo di mediocri aspirazioni da italiano medio e sentimenti giustizialisti da baretto della domenica con una bella spolverata del sempreverde svilimento della donna, vista solo come un essere debole da difendere (spesso e volentieri da altri maschi alfa) o come un oggetto sessuale (da svestire senza reale motivo).
Esemplare a tal proposito la scena in cui Nico arriva tardi alla cena preparata dalla ragazza perché impegnato col lavoro: entra con un fiore preso al campo sotto casa, chiede scusa e poi, ignorando il cibo e le candele, se la scopa.
Bisogna ricordare che i due si sono conosciuti il giorno prima per 20 minuti massimo, durante la pausa pranzo di lei.
Nico in pratica applica gli stessi modi criminali che aveva quando faceva gli strappi in motorino al suo attuale lavoro da poliziotto e la lezione che se ne dovrebbe dedurre, visti i risultati positivi delle sue azioni, è che lo Stato non dovrebbe rispettare la legge mentre cerca di pizzicare quelli che non rispettano la legge.
Notate l’ossimoro? Bravi, siete più intelligenti dell’italiano medio.
Qui siamo di fronte all’inizio del cosiddetto “riflusso” e cioè il graduale ma inesorabile ritiro delle istanze politiche degli anni ’60 e ’70 in favore di una vita borghese da televisore acceso mentre si cena.
Forse molti all’epoca non se ne sono resi conto, ma questo tipo di film è diretta espressione della moderna ideologia fascio-capitalista italiana; un ordine economico piramidale maschilista senza rispetto delle regole ma con un cuore grande per la mamma mignotta.
E chi lo sa?
Forse Corbucci ci ha tirato un grande tiro mancino: mettere in scena un personaggio criminale, stupido, violento, ignorante, rozzo, sporco, sbruffone, maschilista e figlio di mignotta e farci poi identificare tutti i vari fascistelli (inconsapevoli [?]) italiani è stata una mossa politica geniale.
Sì, forse è così… o forse Corbucci era più semplicemente uno stronzo senza etica.
L’unica cosa che si salva, in questo mare di inettitudine fatta mito, sono le acrobazie dei cascatori (gli stuntmen de casa nostra), poveracci che senza uno straccio di assicurazione sulla vita si gettavano a capofitto dai tetti dei palazzi di una Roma sconsolata e decrepita che però piaceva tanto all’estero e che ha aiutato non poco la vendita di tutti questi film di merda nel mercato internazionale.
VOTO:
2 maschi alfa
Titolo alternativo: The Cop in Blue Jeans
Regia: Bruno Corbucci
Anno: 1976
Durata: 95 minuti
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