E’ il 2019 e Kim Seo-yeon, una 28enne sud-koreana che non distinguerebbe una cippa di cazzo moscia dalla fica di sua madre pazza, decide di andare a trovare l’infingarda genitrice all’ospedale prima che un malanno se la porti via come stelline di natale al vento.
Posati i bagagli nella vecchia casa materna, Kim comincia a ricevere telefonate da Oh Young-sook (preparatevi perché questo cazzo di nome verrà pronunciato più volte delle imploranti suppliche che il regista mi rivolgerà quando lo legherà ad una sedia per scotennargli i coglioni con una zappetta da giardinaggio arrugginita); Young-sook, dicevo, è una misteriosa e disturbata ragazza che, non si sa come non si sa perché, sta vivendo nel 1999, venti anni prima la nostra vostra Kim Seo-yeon.
Questo sovrannaturale rapporto telefonico, in barba alle più elementari leggi temporali, cambierà per sempre le vite di entrambe le ragazze.
Chi in meglio e chi in peggio.
Affascinante calcio in bocca all’anima de li mortacci tua.
Ma io dico: come cazzo è possibile sfornare una tale prevedibilissima stronzatella partendo da un’ottima intuizione narrativa, ovvero quella di un telefono magico che mette in comunicazione due coetanee divise da 20 lunghi anni?
Come cazzo!?!
Peccato, un vero peccato: perché si poteva e si doveva fare un passo in più verso una pienezza emotiva che non viene mai veramente raggiunta; né dagli improbabili parrucchini di frocetti col cagnetto e né tantomeno dallo scontato twist finale che restituisce un sapore di scontata voglia di stupire piuttosto che di genuina sorpresa.
VOTO:
2 twist
Titolo originale: Kol
Regia: Chung-Hyun Lee
Anno: 2020
Durata: 112 minuti
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