The Lobster (2015)

The Lobster (2015) featured

In un distopico futuro prossimo la gente sembra non provare più emozioni e l’amore verso l’altro sesso è relegato ad un compito da espletare sotto minaccia statale.
Chi, per una ragione od un’altra, rimane solo è portato in un lussuoso hotel insieme ad altri scapoli e altre zitelle per essere sottoposto ad un soggiorno forzato di 45 giorni durante il quale è bene trovarsi un’anima gemella… altrimenti si viene trasformati in animali, letteralmente.

David, lasciato dalla moglie per un altro uomo, ha deciso che in caso di fallimento vuole diventare un’aragosta.
Perché le aragoste vivono 100 anni, rimangono fertili fino alla fine… e lui ha sempre amato il mare.

E quindi il nostro David riuscirà a trovare moglie?
Oppure diventerà un crostaceo?

The Lobster (2015)
o entrambe le cose?

Sorprendente opera filmica tutta giocata sul minimalista intellettualoide, L’aragosta (come dovrebbe essere chiamato in Italia visto che altrimenti non lo si associa alla scelta del protagonista David) comincia alla grande e finisce molto bene.

Partendo da un’idea geniale e cioè quella di una società quasi surreale fatta di uomini e donne i quali si comportano come robot tanto è loro avulsa l’idea di comportamento naturale, il film procede per passi forzati verso un manierismo freddo molto nord europeo che non guasta mai, ma che non è certo privo di criticità se lasciato a sé stesso.

Un bel film, forse anche ottimo, ma al quale manca quel barlume di genialità assoluta per elevarlo a capolavoro e consacrare quindi il regista come un maestro.

VOTO:
4 aragoste e mezza

The Lobster (2015) voto

Titolo originale: The Lobster
Regia: Yorgos Lanthimos
Anno: 2015
Durata: 119 minuti
Compralo: https://amzn.to/3hzxkv1

I film sono visti rigorosamente in lingua originale.
Se ti senti offeso, clicca qui

Autore: un Film una Recensione

I was Born, I Live, I will Die

4 pensieri riguardo “The Lobster (2015)”

  1. A me piace pensare a questo film come una storia – nel senso accademico del termine – sull’Amore. Non dico che sia necessariamente cosi’, pero’ quando ho cominciato a soffermarmi su questo particolare tema, che mi ha colpito solo alla fine, mi si e’ aperto un’intero mondo di pensieri, analisi e dietro ognuna se ne apriva un’altra.
    E quindi qui volevo scrivere un riassunto di questo castello di idee.
    Insomma il film mi dice, principalmente – in un messaggio che colgo io e non voglio in nessun modo universalizzare – che l’AMORE, maiuscolo cioe’ puro, non puo’ esistere in nessuna societa’; cioe’ in nessun gruppo di esseri umani organizzato e quindi dominato da regole. E questo e’ il primo pugno nello stomaco morale ed emotivo del film. Scordatevi tutte le storie romantiche che avete letto o visto al cinema, dove l’amore esiste e trionfa. Noi l’AMORE non sappiamo nemmeno cos’e’, perche’ non ci e’ permesso, perche’ e’ pericoloso, nella sua totalita’ l’AMORE ci assorbe totalmente, ci rende ciechi (pun intended) e ci fa dimenticare che facciamo parte della societa’ e che solo di questo dobbiamo preoccuparci.
    Passando oltre al pugno nello stomaco di questa rivelazione, vado al dualismo esistente nel film. Dualismo espresso in queste due realta’ totalmente opposte – eppure interdipendenti – cioe’ quella dell’albergo (e della citta’) e quella della foresta. Entrambe esistono e sopravvivono grazie ad un codice morale e di comportamento severo. Entrambe non ammettono nessun vero sfogo delle emozioni, ma anzi al contrario si basano sulla repressione di queste – vedi la cameriera dell’Hotel che struscia il culo sul pisello del nostro povero protagonista. Ogni societa’ si basa infatti proprio su questo, la repressione di certi impulsi, specialmente sessuali- il tabu’ dell’incesto e’ comune a tutte le societa’ umane – e la regolamentazione dell’amore. Quindi repressione e regolamentazione sono le caratteristiche comuni dei due universi da dove passa il nostro protagonista. Un’altra similitudine e’ che in entrambi i mondi le donne hanno il comando della situazione: l’Hotel Manager e’ una donna – il cui marito sembra un accessorio; la leader dei solitari e’ una donna. Da femminista questo mi colpisce l’occhio con un rovescio pazzesco, da marxista non mi stupisce poi cosi’ tanto ma rimane comunque un punto di vista feroce: le donne sono in prima fila nel riprodurre – non solo la specie – ma la societa’ e le sue regole.
    Il fatto che l’Hotel Manager all’inizio del film faccia notare a David di scegliere con cura un animale per avere una seconda chance di trovare compagn* e’ un suggerimento all’idea di Richard Dawkins – la nostra esistenza, come quella di tutti gli esseri viventi, e’ dominata dalla spinta inesorabile dei nostri geni a riprodursi. Noi non siamo speciali, anzi. Il raggiungimento della felicita’ esiste quando troviamo qualcun’altro con cui abbiamo qualcosa in comune, non importa cosa – ma qualcosa che, in mancanza di sentimenti, sia una scusa per stare insieme. Anche se e’ una menzogna, anche se e’ una recita.
    Dal lato opposto la leader dei Solitari rifiuta questa congettura, ne scappa, vive per dimostrare che l’amore e’ solo una farsa e mostrando questa farsa spera di rivoluzionarne l’esistenza. Eppure l’alternativa appare atroce. Alienarsi totalmente da ogni sentimento sentiment0, vivere solo in funzione alla sopravvivenza e alla ribellione. Eppure a volte sembra ci sia un’interessante tensione – quasi sessuale – tra di lei e la cameriera. Ma niente che loro stesse mai rivelerebbero.
    E ora ai protagonisti. L’unico che ha un nome in tutto il film e’ David. E David siamo noi. Tutti gli altri sono attori nel grande palcoscenico della vita. Anche l’amore di David non ha nome. E anche loro cadono nella trappola del sentimento che scaturisce solo quando si scopre di avere qualcosa in comune, anche se superficiale. Eppure abbiamo l’impressione che il loro rapporto sia l’unica cosa autentica del film. Gli unici momenti dove ho respirato in questo film e’ quando loro due sono insieme, quando si baciano appassionatamente sul divano o quando lui gli porta i conigli. Il loro linguaggio sembra l’unico mo(n)do in cui l’AMORE forse fa qualche passo provvisorio. =Infatti l’AMORE puo’ appunto esistere solo in una realta’ a se stante, incompresa da tutti se non dai due amanti, inleggibile dalla societa’, rifiutandone la sintassi. In fondo e’ un tema vecchio come il mondo.
    E come tutte le tragedie che si rispettino, agli amanti viene impedito di amarsi, ma lottano contro tutto e tutti, sopravvivono per poi abbandonarsi l’uno nel dolore dell’altro, senza mai una vera unione, senza mai un lieto fine.

    1. Commento lunghissimo e molto articolato al quale non posso perciò fare giustizia.
      Ad ogni modo, mi è piaciuto molto i lfatto che tu abbia visto il film secondo un’angolazione leggermente differente dalla mia, forse più sentimentale.
      Ho apprezzato molto l’osservazione sul parallelismo tra i due “mondi” entrambi dominati da una figura femminile.
      Grazie e scrivi ancora quando vuoi!

  2. Gran bel film. Mi trovo d’accordo con la recensione ma non con il voto finale, a mio parere fin troppo alto. Come giustamente fai notare, a quest’opera manca quel qualcosa che lo renda davvero memorabile. Ciò non toglie che il Cinema di oggi ha bisogno di storie di questo tipo, originali e con un linguaggio espressivo diverso.

    1. Giusto: anche se si tratta di un film per certi versi molto spastico, si sente molto il bisogno di un certo tipo di cinema un po’ fuori le righe.
      Sul voto bisogna dire che non ci si deve fossilizzare troppo, anche perché spesso li metto un po’ d’impeto, sul momento, e quindi ci sta che non siano calibrati oggettivamente.
      Grazie del commento!

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