Takeshi Kitano è un personaggio dalle mille sfaccettature: commediante, attore, pittore, scrittore, conduttore televisivo e radiofonico, opinionista e regista, è sempre riuscito a passare da un campo all’altro senza risentirne artisticamente.
Dopo 6 film dal buono spessore, nel ’97 se ne uscì con questo gioiello cinematografico a metà strada tra il calcio nello stomaco e la fantasia fanciullesca.
Hana-Bi è la storia di Nishi, ex poliziotto che vive nel rimorso per la morte di un collega durante un’azione da lui diretta e con una moglie malata terminale di leucemia con cui non parla più dalla morte della loro figlia piccola.
Insomma, una storia tragica parzialmente ispirata all’incidente/tentato suicidio in motocicletta subito da Kitano nel 1994, incidente dal quale è sopravvissuto con metà volto sfigurato e paralizzato.

Hana-Bi vuol dire Fuochi d’artificio, ma separate le due parole significano fiori e fuoco, e proprio su questa dicotomia gioca tutta la pellicola (e un po’ tutta la filmografia di Kitano); sempre con un piede nella pozzanghera di sangue ed uno in un campo di margherite immacolate.
Questa scelta inconsueta e apparentemente stridente non è dovuta ad una indecisione stilistica, ma proprio all’opposto: ad una ricerca della sottile linea rossa che corre veloce tra la nascita e la morte, quella linea che percorriamo in punta di piedi, come equilibristi, sperando di arrivare fino in fondo e prenderci il meritato applauso.
Titolo originale: HANA-BI
Regia: Takeshi Kitano
Anno: 1997
Durata: 103 minuti
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