Satsuki e Mei sono due ragazzine giapponesi appena trasferitesi col padre professore universitario presso le colline Sayama così da agevolarsi le visite alla madre ricoverata all’ospedale locale.
Siccome è il 1958 e il Giappone è ancora un paese fortemente attaccato al suo stile di vita rurale e animista con la gente che mostra rispetto per gli alberi guardia-foresta e gli idoli ai crocevia delle strade (tipo le italiche madonne, intese non come sacrosante bestemmie ma come statuine protettrici nelle edicole), non giunge inaspettato il colpo di scena che vede le due giovani protagoniste fare la conoscenza di un genius loci, uno spirito locale aventi le sembianze di un gatto-gufo il quale protegge la foresta e aiuta gli abitanti alla bisogna e che viene battezzato Totoro, che è la storpiatura da parte della bambina Mai della parola Tororo che è a sua volta l’erronea pronuncia giapponese di Troll.
Film d’animazione chiaramente per bambini (o bambini cresciuti altrimenti chiamati mongoloidi) che, nonostante abbia la fama d’essere un capolavoro dai molteplici risvolti socio-culturali, lascia francamente il tempo che trova.
Sorretto da un’animazione assolutamente perfetta (specialmente per l’epoca), una caratterizzazione convincente dei personaggi (specialmente le due bambine le quali mostrano caratteri distinti e sviluppatori di trama), un sincero ed apprezzabile amore per la natura e l’ecologia e una vorace fantasia che fa impallidire gli studios americani (anche se viene copiato da Alice l’incipit del Bianconiglio e la figura dello Stregatto, qui nella forma del Gatto-Bus), il film pecca però proprio sul punto più importante: dopo un po’ rompe il cazzo.
Da vedere?
Non necessariamente.
Interessante?
Per un’unica ragione e cioè che, secondo una leggenda internettiana mai confermata, Totoro sarebbe uno spirito annuncia morte, uno shinigami del folklore nipponico, il quale si manifesta solo a chi è morto o è in procinto di morire. Siccome le uniche a poter vedere il gattone sono le bambine e la madre ricoverata in ospedale, ecco che sorge il dubbio sulle reali intenzioni del vicino magico.
Se a questo poi aggiungiamo che il Gatto-Bus mostra come una delle destinazioni “il cimitero” alludendo quindi alla sua identità di Caronte delle anime defunte, il fatto che ad un certo punto viene scoperto un sandalo di bambina in una risaia facendo credere i locali che Mai (scomparsa di casa) sia morta annegata e che (colpo di scena) la cittadina di Sayama è stata teatro nel Maggio (le bambine si chiamano entrambe Maggio) del brutale rapimento, stupro e omicidio di una minorenne al quale è seguito il suicidio della sorella maggiore, ecco che allora questo film d’animazione per bambini e mongoloidi diventa anche empia fonte per gli assetati di cospirazionismo e amanti dei rettiliani.
PS: per quegli idioti coi prosciutti sugli occhi che si scandalizzano per l’uso della parola “mongoloidi” come sinonimo di “stupidi”, faccio presente che, lungi da me accanirmi voracemente e deridere senza scopo una fetta di popolazione che porta avanti con dignità e sofferenza la loro vita di handicappati, l’essere mongoloide (parola di uso comune né più né meno come dire sordo, cieco o zoppo e quindi interpretabile in maniera negativa solo da chi ha la coscienza sporca) non è una scampagnata domenicale fuori porta ma bensì una gravissima sindrome che porta pesantissimi deficit fisici e cognitivi tra i quali appunto un quoziente intellettivo generalmente minore della media dei neurotipici.
A tal proposito quindi copio qui la definizione:
La sindrome di Down, detta in passato mongoloidismo, è la più comune anomalia cromosomica nell’uomo ed è solitamente associata a un ritardo nella capacità cognitiva e nella crescita fisica e a un particolare insieme di caratteristiche del viso. Il QI medio dei giovani adulti con sindrome di Down è di circa 50, rispetto ai bambini senza la condizione che dimostrano un QI di 100. Tutti i casi diagnosticati presentano un ritardo cognitivo.
Bigotti del cazzo, imparate a chiamare le cose col loro nome invece di nasconderle sotto una coltre di politically correct utile solo a mascherare la vostra inadeguatezza morale.
VOTO:
3 rettiliani
Titolo originale: となりのトトロ – Tonari no Totoro
Regia: Hayao Miyazaki
Anno: 1988
Durata: 86 minuti
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