dio, patria, famiglia, vincere, combattere, morire, boia chi molla, duce duce dacci la luce, fuoco, fuoco purificatore, fuoco eterno, fiamme pure, in alto i cuori, faccette nere, se avanzo seguitemi, padre, madre, figli della lupa, autarchia, spezzare le reni alla grecia, perfida albione, scoparsi claretta petacci sulla scrivania di quercia a palazzo venezia, dichiarare guerra al mondo, scoreggiare in bocca a churchill, sbofonchiare il tedesco, perdere i capelli, nasone, ciccione di merda, fascio, fasci littori, fascismo, fasci combattenti, la marcia su roma, l’impero, i negri, le colonie estive, le colonie africane, le bombe sui cammelli, morire in russia, ebrei, ida dalser in manicomio, bastonato a testa in giù, crocche e papagni sul naso rotto in culo del capo del fascismo ignorante e privo di umorismo.
Marco Bechis, artista poliedrico nato in Chile da padre italiano nel lontano 1957, si fece notare nel mondo cinematografico nel 1999 con il suo capolavoro Garage Olimpo, un film sulle camere della tortura utilizzate dalla polizia segreta fascista argentina per estorcere informazioni dai famosi desaparecidos, cioè quei cittadini che sparivano dal giorno alla notte perché accusati di socialismo.
Sulla scia politica che lo ha sempre contraddistinto dal resto dei registi italiani buoni a chiacchiere ma fregne di merda coi fatti, nel 2011 Marco ci ha tirato fuori quest’opera strana, fatta esclusivamente di immagini d’epoca fascista dell’Istituto Luce e sporadiche dichiarazioni fuori campo di suo padre Riccardo.
Tramite le parole di lui e le immagini di repertorio, ci viene mostrata un’Italia totalmente soggiogata dalla propaganda di regime, un elemento essenziale per ogni dittatura; è ormai infatti di dominio pubblico l’enorme mole di studi e dati scientifici sulla diretta connessione tra comando e infantilismo e forse giusto un verme sotto i sassi di Matera può ignorare ciò che segue.
Per controllare una persona e fargli fare quello che si vuole, bisogna prima ridurre la sua personalità, schiacciarla con la propria e far sì che si instauri un rapporto da padre padrone: né troppo crudele ma neanche troppo tenero; l’ignoranza del soggetto passivo è virtù e la progressiva totale devozione il logico risultato.
Una volta imparata la tecnica poi la si può semplicemente riprodurre su larga scala e prendere il potere di un’intera nazione.
E Il sorriso del capo parla di questo: di come il Fascismo abbia preso il potere usando il bastone e la carota, con la demagogia e il totale oscuramento dei mezzi di informazione, crescendo intere generazioni di ragazzi totalmente devoti al regime e senza un briciolo di personalità o capacità decisionale propria.
L’opera in sé è un po’ disomogenea e non eccessivamente accattivante, ma rimane un interessante esperimento andato in onda a notte fonda su un canale secondario della RAI.
Quindi, come al solito, complimenti ai fascio-capitalisti nella televisione pubblica.
VOTO:
3 Berlusconi
Titolo originale: Il sorriso del capo
Regia: Marco Bechis
Anno: 2011
Durata: 75 minuti
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