Young-goon, una giovane pazza coreana che pensa di essere un cyborg, viene ovviamente rinchiusa in manicomio dopo essersi attaccata ad una presa della corrente con due fili elettrici infilati nel braccio presso la fabbrica di radio dove lavora; una volta dentro, si ritrova a contatto con un marasma di personaggi più o meno atipici i quali racchiudono dentro tante piccole grandi storie incomprensibili dall’esterno.
Uno di questi è Park Il-soon, un ragazzo abbandonato in adolescenza dalla madre che passa il tempo a rubare le paranoie degli altri pazienti; grazie a lui, Young-goon farà piccoli passi avanti e forse troverà l’amore.
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Dal regista di Old Boy e Lady Vendetta, ecco un buon film che cerca di fondere la follia e l’amore in un’unica soluzione narrativa, con esiti notevoli.
Punteggiata da una cinematografia ai massimi livelli, con una cinepresa mai ferma ed in continua discussione stilistica ed un uso dell’inquadratura altamente straniante, la pellicola è tecnicamente perfetta sotto ogni punto di vista.
Se si pensa al blando manierismo ad effetto dei film hollywoodiani (per non parlare della staticità ebete di quelli italiani) allora viene veramente da gridare al capolavoro; qui infatti non si rispetta nessuna regola filmica e però c’è sempre una ragione: dal fatto che la storia si svolge in manicomio fino ai due protagonisti leggermente distaccati dalla realtà.
E ad accompagnare questo inaspettato strambo perfezionismo, ci sono delle interpretazioni sì, fuori le righe e teatrali, ma proprio per questo assolutamente in bolla.
L’unica nota dolente in questo roseo quadro è l’evidente calo artistico che si avverte mano a mano che la storia procede su un groviglio di binari sempre meno intricati, ed è un peccato: perché per la prima mezz’ora ero convinto che fosse il miglior film di sempre.
Ciò non vuol dire che non valga la pena vederlo, anzi: se avete un minimo di pazienza ed amate trovare nuove perle cinematografiche che rimettono in discussione gli stilemi classici, allora quest’opera fa per voi.
Per tutti gli altri, c’è sempre L’uomo gallo.
VOTO:
4 cuculi
Titolo originale: Ssaibogeujiman Gwaenchanha
Regia: Chan-wook Park
Anno: 2006
Durata: 105 minuti
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