La classe operaia va in paradiso (1971)

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Lulù lavora in fabbrica a Milano dove passa le giornate a fare dei tondini che vanno dentro un motore che poi finisce in una macchina, ma lui non ha idea di cosa sia o a cosa serva questa fantasmatica macchina; lui pensa soltanto a sfondarsi il culo a forza di lavoro a cottimo. Spinge giù l’acceleratore della ripetizione meccanica perché ha da mantenere due figli e due donne; e a questo vanno aggiunte le bollette, le rate della macchina e le mille cianfrusaglie prodotte in massa da altri proletari in catena di montaggio che piano piano gli hanno riempito casa e svuotato il portafoglio di quelle sudatissime misere lire guadagnate in fabbrica.
Sono gli anni della contestazione studentesca e del partito comunista al 30%, sono anche gli anni di Giuliano Ferrara ardente studente rivoluzionario che prende a sassate la borghesia italiana assieme ad altri eminenti voltagabbana che adesso siedono belli comodi su poltrone di velluto cine-giorna-televisivo come Giovanni Lindo Ferretti, Carlo Panella e Paolo Liguori.
E i semi di questo pressappochismo spinto a suon di megafoni fuori dal cancello della fabbrica ci sono già tutti: troviamo infatti sia i sindacalisti cerchiobottisti che si frappongono tra la giusta rabbia degli operai e le istanze capitaliste del padrone e sia gli studenti comunisti col culo parato dai soldini di papà che usano i casi come Lulù per innescare la fantomatica rivoluzione che hanno letto sui libri di una scuola vista col cannocchiale dal proletariato che loro tanto dicono di amare e che invece snobbano con una nonchalance olimpionica quando è un caso individuale e non di ‘classe’ come Lulù.
Come se non bastasse poi, il nostro fragile metalmeccanico viene abbandonato anche dalla compagna parrucchiera con la quale non riesce a scopare da oramai 3 mesi, sposato com’è al mostruoso edificio chiamato fabbrica.

La classe operaia va in paradiso (1971)

Sperimentalissimo film sul pastrocchio politico chiamato sinistra italiana che è stato girato con una camera molto fluida e spesso a spalla per scendere in mezzo alle zozze corsie di produzione lungo le quali il proletario passa un terzo della sua giornata e che viene portato avanti da una traccia audio cacofonia di voci e suoni che si affastellano forzatamente gli uni sugli altri ricreando metaforicamente la torta multistrato sociale della divisione di classe piramidale.
E sotto questi strati di suono luce e corpi sudati, Lulù si ritrova schiacciato come dentro una pressa idraulica; l’unico modo per sopravvivere per uno che non ha né i soldi e né la cultura come tutti quelli che gli girano attorno è farsi molle e cercare di sgusciare tra le maglie di una camicia di forza sempre più probabile.

Un bel film che manda affanculo sia quei pavidi dei moderati che quei froci col culo degli altri dei rivoluzionari da biblioteca.

VOTO:
4 froci col culo degli altri

La classe operaia va in paradiso (1971) voto

Titolo inglese: Lulu the Tool
Regia: Elio Petri
Anno: 1971
Durata: 125 minuti

I film sono visti rigorosamente in lingua originale.
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Autore: Federico Del Monte

I was Born, I Live, I will Die

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