Antonio Semola è un napoletano truffaldino interpretato Ugo Tognazzi, un lombardo repubblichino che mosse i primi passi nel mondo dello spettacolo assieme ad un altro giovane fascista chiamato Raimondo Vianello.
Antonio è un furbetto, non vuole lavorare 8 ore al giorno rompendosi la schiena e quando per puro caso incontra dentro un mendicicomio gestito dalle suore una ragazza affetta da ipertricosi non si lascia sfuggire l’affare e se la porta via promettendole una vita libera e felice nel mondo reale.
Quello che fa invece è raggirarla, sfruttando anche i suoi fragili sentimenti amorosi, facendola esibire come donna scimmia e tenendo per sé tutto l’argent e le sigarette che gli spettatori gettano verso la gabbia.
Questo scempio agli occhi del Signore ovviamente non può durare a lungo e Antonio dovrà fare i conti con la collera di Dio onnipotente che lo punirà facendo soffrire, nel più classico dello stile cattolico, chi non c’entra nulla.
Un bel film bello vecchio che ho piacevolmente visto per puro caso una domenica mattina non sapendo che quella che stavo osservando fosse la versione francese, col lieto fine e la (parziale) redenzione, mentre il regista Marco Ferreri, un uomo di un cinismo non comune, ne fece uscire un’altra con un epilogo molto più cupo, che non vado a spoilerare, ma che riprende fedelmente la fine di Julia Pastrana, la messicana del 19esimo secolo alla cui figura si ispira chiaramente il film.
VOTO:
3 Julia e mezza
Titolo francese: Le mari de la femme à barbe
Regia: Marco Ferreri
Anno: 1964
Durata: 84 minuti
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