Se ti impegni con tutto il sudore che hai in corpo, se spingi coi coglioni sull’acceleratore della vita prima che questa ti si fumi via come un filo d’erba caduto nel fuoco sacro attorno al quale stiamo tutti danzando una folle corsa insensata dal profumo di gelsomino e dal sapore amaro, se impieghi ogni minuto della tua esistenza e ogni briciolo di energia che hai in corpo seguendo i tuoi sogni, questi si realizzeranno.
O almeno ciò è quello che questo film moralmente ambiguo sulle difficoltà immense di un giovane aspirante batterista jazz alle prese con l’insegnante più stronzo della storia umana vuole farci credere.

Film assolutamente straordinario tecnicamente: dai colori caldi e dal forte contrasto come una serata in un jazz bar di Manhattan, con delle interpretazioni letteralmente trasudanti l’anima tra cui spiccano come pure vette innevate il giovine Miles Teller nei panni del jazzista più autistico della storia e J. K. Simmons a rivestire il ruolo cinematografico che segna l’atteso e inaspettato ritorno del sergente Hartman di Full Metal Jacket sul grande schermo, e un ritmo narrativo accelerato sostenuto da un susseguirsi frenetico di bellissimi motivi musicali suonati realmente dagli attori entro una messa in scena che eppure sa prendersi i suoi secondi di silenzio e quiete per descrivere al meglio i movimenti interiori di una giovane anima che getta un’ombra ancora breve sul sentiero della storia umana.
Se quindi nessuno ha da ridire sulla bravura di tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione di questa piccola perla very low budget, io però nutro più di un dubbio sul messaggio, se uno veramente esiste.
E sì perché se prendiamo la scena finale, col confronto a suon di metaforica mitraglia in pieno cuore tra i due protagonisti di questa appassionante vicenda, con quel brevissimo sguardo di intesa subito reciso dalla forza del tempo ritmico che tutto calpesta e tutto distrugge, un coito interrotto di amore-odio tra l’altro reiterato per tutto il corso della pellicola e rappresentativo dell’ambigua non-presa di posizione registica la quale si è forse furbescamente rifugiata nella fortezza emozionale del self-made man, vero e proprio paradigma di tutta la società americana che perciò si è quindi facilmente rispecchiata in questa storia di forza bruta e perseveranza alla Rocky Balboa ricoprendo di premi e soldi questa pellicola, allora non si può in buona fede continuare a farla passare liscia a questi fascisti mascherati da progressisti hipster che parlano di jazz e impegno militaresco quando non hanno idea di quante piste di cocaina su prostitute in sovrappeso si è fatto Charles Mingus durante la sua travagliata vita.
Perché va bene dire che senza impegno è difficile andare avanti nella vita, ma da qui a trasformare la musica e la genialità umana in un percorso a ostacoli degno dei berretti verdi ce ne corre.
Ma io mi domando e dico: che senso ha cercare di tirare fuori il genio dentro un ragazzo di belle speranze a suon di seggiolate in bocca se poi questo finisce appeso con una cinta all’asta dell’armadio a muro prima di compiere 30 anni?
VOTO:
5 berretti verdi
Titolo originale: Whiplash
Regia: Damien Chazelle
Anno: 2014
Durata: 107 minuti
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