Pete è un orfano di 6 anni che è stato comprato da una famiglia di burinotti schiavisti del Maine; riuscito a fuggire grazie all’aiuto di un drago invisibile di nome Elliot, Pete fa vita da vagabondo alla Huckleberry Finn mentre cerca difficilmente di rifarsi una vita.
Arrivato in una piccola cittadina costiera di semplicioni ubriaconi festaioli vagamente e stranamente rimembrante l’Antonio Bay di The Fog (forse per il faro), Pete viene preso in simpatia dalla figlia vedova del guardiano del faro di cui prima la quale lo adotterà come figlio suo, probabilmente soggiogata dal capello rosso e dalle doti canore non indifferenti.
Tra una canzone strappalacrime e una danza sfrenata su barili di birra, questi cittadini un po’ diffidenti dei nuovo venuti impareranno ad accettare il diverso quando il diverso si rivela utile.
Come ogni buon schiavista deve saper fare.
Musical anni ’70 un po’ dimenticato, Pete’s Dragon ricalca in gran parte la solita storia di infanzia negata in un mondo crudele tanto cara alla Disney.
Combinando riprese dal vivo ed animazione (per la verità, bene poca), il film procede noiosamente tra una dimenticabile canzone e l’altra per le sue due estenuanti ore fino a giungere ad una conclusione catartica ma con l’amaro in bocca.
Perché la Disney, prima d’essere la dispensatrice di MDMA che è oggi, ha attraversato fasi alterne di creatività, producendo film un po’ sconclusionati e disomogenei tipo questo, nonostante il regista sia lo stesso del bellissimo Gli Argonauti.
VOTO:
3 pasticche d’MDMA
Titolo originale: Pete’s Dragon
Regia: Don Chaffey
Anno: 1977
Durata: 128 minuti
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Dove si trova l’MD della Disney?
E’ bona?