Nel 1915 la California era uno stato americano pieno zeppo di gente che voleva fare il cinema e gente che attorno al cinema ci faceva una marea di soldi sfruttando i lavoratori che producevano tutta la ricchezza che poi veniva capitalizzata e monopolizzata da pochi oligarchi con un mento decadente quanto la Roma tardo repubblicana.
In questa putrida vallata sterile come il grembo di tua madre, il cascatore cinematografico Roy Walker vive il suo piccolo dramma di giovane uomo mollato dalla sciampista di turno per il belloccio valentiniano alto un cazzo e un barattolo tanto ricco da poterla rifornire di anfetamine e coca come non ci fosse un domani e, ricoverato in ospedale per una caduta rovinosa durante una ripresa, medita e rimuggina sull’insensatezza della vita e come porvi velocemente fine.
A tirarlo fuori, forse, ci sarà una giovane bambina rumena che si è fratturata un braccio cadendo dalla scala sulla quale era salita per cogliere le famose arance californiane, stracolme di vitamina C e disuguaglianza sociale.
Remake, come dicono i miei amici anglofoni, di Yo ho ho, un film bulgaro del 1981 che mi riprometto di vedere e linkarne QUI la recensione, e grande sfoggio di cinematografia semi-pura.
Questo perché non siamo ai livelli della trilogia Koyaanisqatsi per ricerca dell’assoluto visivo a discapito della storia e anzi, di un’anima narrativa, seppur scarna, troviamo numerose tracce: il lavoro minorile, la solitudine degli ultimi, il dolore dell’uomo nel capitalismo, la moltitudine cultural-razziale del mondo nuovo.
Di materiale ce n’è e le interpretazioni, ironicamente naturalistiche per un film così artificioso, fanno il resto.
Consigliato.
VOTO:
3 bulgari
Titolo portoghese: Um Sonho Encantado
Regia: Tarsem Singh
Durata: 1 ora e 57 minuti
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